Zafferano: una spezia per cui combattere

Ci sono pochi ingredienti cui la letteratura ha dedicato più lodi che per lo zafferano. A partire da Ovidio, Virgilio e prima di loro Sofocle e Omero. Tutti lo resero protagonista di alcuni dei loro versi poetici, esaltandone le virtù rinvigorenti, il colore unico e l’aroma intenso, mentre gli antichi indiani ne raccontavano le doti afrodisiache nei loro testi dedicati alla filosofia tantrica. Il motivo di ciò è che lo zafferano è una delle spezie più preziose e utilizzate nel mondo e nel tempo sono state numerose le doti terapeutiche che gli sono state attribuite. Basti pensare che già 2000 anni prima di Cristo, lo zafferano era considerato dagli egiziani un medicinale naturale dalle portentosi qualità curative e veniva spesso applicato sulle ferite di battaglia o per curare diverse patologie cutanee. Nel corso della storia la sua fama crebbe enormemente specie perché si riteneva, tra l’altro, che fosse un rimedio efficace contro la peste bubbonica. Ed è proprio durante una delle tante epidemie di Peste Nera che funestarono l’Europa nel corso del Medio Evo, e precisamente nel 14° secolo, che la spezia diventò protagonista di uno degli episodi più curiosi della storia. In quegli anni le merci provenienti dal Medio Oriente difficilmente riuscivano a raggiungere il vecchio continente, per via del blocco commerciale causato dalle varie guerre sante che contrapponevano musulmani e cristiani. I pochi commercianti che riuscivano a raggiungere le coste della Spagna, superando gli assalti dei pirati che trovavano nello zafferano una merce più facilmente smerciabile e remunerativa dell’oro, avevano finito così con l’acquisire sempre più potere, iniziando un processo di ridefinizione degli equilibri di forza nella società occidentale. Ebbene, fu proprio per un carico di 360 kg di zafferano destinato a Basilea ma sequestrato, pare dal barone di Bechburg, che scoppiò una guerra che vide contrapposta la città svizzera, o più prosaicamente, la classe emergente dei mercanti alla vecchia nobiltà europea, all’Austria. Quella che passerà alla storia come “La guerra dello Zafferano”, si svolse per 14 mesi tra il 1374 e il 1375 e si concluse, dopo un assedio di 14 giorni, con la conquista e la parziale distruzione del castello di Falkenstein e la piena vittoria di Basilea che così acquisì il ruolo di fulcro del commercio dello zafferano in Europa. Oggi tanto accanimento sarebbe inconcepibile, e non solo perché nel frattempo la spezia è stata reintrodotta anche nelle nostre coltivazioni (a parte durante l’impero romano, è stata coltivata raramente anche in occidente e con scarsi risultati) ma soprattutto perché è notizia di poco tempo fa, il Laboratorio di Biotecnologie ENEA, ha messo a punto un metodo per produrre in grandi quantità, a basso costo e con alti livelli di purezza, le molecole di colore giallo-rosso dei fiori di zafferano, quelle che contengono in pratica le qualità e le molecole più attive della spezia. Le cosiddette “crocine”, questo il loro nome, vantano infatti proprietà antiossidanti e svolgono una azione protettiva nei confronti di malattie degenerative della pelle, della retina e di alcune forme tumorali. Come spiegato dalla ricercatrice del Laboratorio Biotecnologie dell’ENEA, Olivia Costantina Demurtas, una delle autrici del brevetto: “la tecnica messa a punto, pubblicata tra l’altro sulla rivista Plant Physiology, consente di ottenere pigmenti a costi fino a 100 volte inferiori rispetto a quelli di origine naturale e con livelli di purezza tali da consentirne l’utilizzo anche in biomedicina”. In particolare in funzione antitumorale per la ricca presenza di crocine, safranal, crocetina e picrocrocina. Le prime, sono dei carotenoidi da anni oggetto di studio della ricerca medica e cosmetologica principalmente per la loro funzione anti-radicali liberi. Come è noto sono proprio i radicali liberi fra i maggiori responsabili dell’invecchiamento cellulare, altresì coinvolti nel meccanismo di insorgenza di numerose patologie. Alle crocine, si attribuisce una potenziale azione anticancerogena tramite meccanismi quali l’alterazione dell’espressione/attività dei geni e anche epigenetici. In tal modo si determinerebbe l’inibizione della proliferazione e/o l’induzione dell’apoptosi delle cellule tumorali (tramite l’inibizione della sintesi del DNA e di RNA, l’interazione con la topoisomerasi cellulare, la soppressione dell’attività della telomerasi, l’inversione della transizione epiteliale-mesenchimale e l’inibizione del formarsi delle metastasi). Le crocine, unitamente a un altro principio attivo contenuto nello zafferano, il safranal, svolgerebbero favorirebbero un effetto antinocicettivo per la capacità legante del recettore NMDA con un’azione antagonista del recettore N-methyl-D-aspartato, oltre a un’azione sul recettore responsabile del rilascio di Ca2+, della inibizione dei canali K+ voltaggio dipendenti, e sui recettori dei cannabinoidi CB1 e CB2 (tipo I e tipo II) implicati nella riduzione dell’infiammazione e nel meccanismo del prurito. Lo zafferano, e in particolare il Safranal, ha una capacità di modulare la reattività immunitaria con un effetto inibitorio sull’istamina (H1) e sui recettori muscarinici, oltre a effetti generali sulla pelle di cui migliora la texture. In studi sperimentali su cavie, formulazioni contenti il 3% di estratto concentrato di zafferano hanno significativamente aumentato la riepitelizzazione nelle ferite da ustione, spiegata con l’azione protettiva che il Safranal mostra verso l’epidermide e il derma tramite l’inibizione delle metalloproteasi (MMPs), che si contretizza in un miglioramento delle fibre elastiche, del collagene e dello ialuronico. Questa molecola ha anche un’azione fotoprotettiva verso i raggi ultravioletti ed è qundi inserita anche in formulazioni ad alto SPF. In conclusione, tutte queste qualità dello zafferano se oggi non potrebbero giustificare l’insorgenza di guerre, forse aiutano a spiegarne il prezzo che rimane ovunque molto alto.