Una metodica che sfrutta acido ialuronico e filler per biorivitalizzare e ripristinare naturalmente i volumi con irsultati di lunga durata
Trovare una definizione univoca per definire che cosa sia la medicina estetica può sembrare complesso in quanto i suoi ambiti di azione, specie negli ultimi anni, si sono ampliati così tanto da renderne i contorni spesso sfuggenti. Quando mi viene fatta questa domanda, io sono solito rispondere che la medicina estetica in primis si occupa della cura dei pazienti e che, attraverso l’attuazione di protocolli personalizzati, mette in opera una vera prevenzione nei confronti di tutti quei processi che ossidano e invecchiano la pelle. Proviamo allora, una volta per tutte, a fare chiarezza su un concetto che viene troppo spesso dimenticato, probabilmente a causa dei mostruosi danni provocati da medici inesperti che erroneamente gonfiano e stravolgono l’armonia e la naturalezza dei visi delle loro pazienti. Esiti dismorfici orrendi che nulla hanno a che fare con quello che deve essere il lavoro di un medico estetico preparato. Se il vero il significato di medicina (salute) estetica (bellezza) è mantenere una pelle sana perché appaia più bella, ne consegue che i nostri ambulatori devono essere luoghi di prevenzione e cura, al cui interno si deve far comprendere al paziente che non effettuiamo interventi “di pronto soccorso” ma che l’obbiettivo della nostra professione è quello di ottenere risultati estetici naturali e sostenibili. Noi medici siamo i depositari e i responsabili dei risultati estetici ottenuti, e quindi bisogna saper dire anche di no dinanzi a richieste eccessive. Queste mie opinioni, che spero siano largamente condivise, giustificano la crescente importanza che attribuisco alla metodica della biostimolazione, basata su terapie e sostanze che realmente hanno un effetto stimolante e di attivazione dei fibroblasti e che, nel contempo, forniscono i substrati essenziali per la neoformazione di collagene, elastina e acido ialuronico. Fra le molecole oggi a disposizione, sicuramente l’acido ialuronico è la mia prima scelta. Ho una lunga esperienza con le “forme libere”, con diversi pesi molecolari che ne caratterizzano la funzione, e in forma di filler “cross-linkati” dove la molecola di acido ialuronico, grazie a legami covalenti, crea reticoli e forma molecole più grandi non solubili in acqua e con un peso molecolare maggiore. Il tutto per determinare più stabilità, protezione dalla degradazione enzimatica e una durata d’azione maggiore e più lunga. Sceglievo il primo per la sua azione di stimolazione e d’idratazione, mentre il secondo, non per un’azione di modulazione, ma soltanto di volumizzazione. In altre parole, dovevo scegliere se l’intervento dovesse essere di stimolazione o di ripristino dei volumi. Come conseguenza, di volta in volta, dovevo ricorrere a sostanze diverse e attuare protocolli separati secondo il risultato che volevo ottenere. Oggi, invece, le cose sono cambiate e ho avuto la possibilità di sperimentare e adottare una nuova metodica che prevede la combinazione tra sostanze biostimolanti e filler in una unica soluzione e quindi miscelati insieme e applicati con tecniche combinate. Nella stessa seduta, quindi, un solo protocollo (BFC – Biofill Care), permette di biostimolare e modulare i processi che possono rallentare le cause dell’invecchiamento cutaneo, e ove necessario, di ridare volume e quindi sostegno al viso del paziente. L’intuizione alla base della metodica è che una sostanza viscosa e reticolata come il filler, se miscelata con una più liquida, come un biostimolante (acido ialuronico in frammenti, aminoacidi ed eventualmente antiossidanti), può in qualche modo inglobarla e rilasciarla in modalità retard, una volta infiltrata nella pelle, generando in tal modo una stimolazione di maggior durata, proprio grazie al rilascio rallentato del biostimolante e degli aminoacidi in esso presenti. Tutto questo, a mio parere, garantisce dei vantaggi sia in termini di stimolazione e di volumizzazione naturale, che in termini di tempo. Prima di tutto perché viene inoculato più biostimolante, il quale può effettivamente portare a una stimolazione maggiore. Sappiamo benissimo, infatti, che solo una parte delle sostanze immesse nella pelle viene realmente utilizzata mentre il resto è regolarmente drenato via. Una sostanza rilasciata in maniera graduale, al contrario, si rende biodisponibile in modo più efficace. In secondo luogo, parlando di ripristino dei volumi, si ottiene un risultato naturale evidente grazie alla sinergia delle due metodiche: la biostimolazione, per quanto in maniera più lenta, grazie all’idratazione, alla stimolazione fibroblastica che porta a nuova sintesi di elastina e collagene e non solo, aumenta nel tempo in maniera più naturale i volumi; il filler, che anche se sicuramente più veloce nel risultato non potrà mai raggiungere gli stessi risultati armonici che una pelle sana può ottenere autonomamente, ma è innegabile che può completare l’effetto iniziale indotto dalla biostimolazione. Per quanto riguarda il terzo parametro da me preso in considerazione, ossia quello temporale, già nei giorni successivi alla prima seduta, le pazienti notano un miglioramento di tutti i parametri, e quindi idratazione, elasticità e turgore. Risultati che, ho constatato direttamente, diventano più stabili intorno alla terza seduta quando è anche apprezzabile appieno il già ricordato ripristino di volumi, provocato sia dal biostimolante che dal filler (che tra l’altro una volta miscelato diventa morbido e facilmente malleabile). Infine, parlando dal punto di vista applicativo, ho due considerazioni da fare. La prima è che cambiando i dosaggi dei diversi componenti è possibile ottenere ogni volta il mix più adatto al singolo paziente per una terapia ad personam realmente efficace, oltre che adattarsi facilmente al percorso di cura diradando anche le diverse sedute a seconda degli esiti raggiunti. La seconda è che la procedura è stata pensata per sfruttare a pieno i punti di forza sia della tecnica con ago che di quella cannulare. Ciò rende possibile, tanto per fare un esempio, di infiltrare più in profondità e attuare quindi dei punti di trazione in zone specifiche del volto grazie all’ago; mentre con la cannula, certamente meno traumatica, abbiamo la possibilità sia di provocare uno scollamento, sia di poter applicare il prodotto nella maniera più omogenea possibile. Per tutte le ragioni elencate, per la sua natura di biostimolazione retard e la presenza del filler, la metodica da me descritta si colloca, a mio parere, come elemento base per protocolli non solo di cura, ma anche e soprattutto di prevenzione e mantenimento di un aspetto naturale.