Una dieta a base di digiuno…o quasi

La dieta mima-digiuno è un regime terapeutico che tenta di coniugare gli effetti dimagranti del digiuno a quelli benefici di una alimentazione mirata

Se è vero che un’alimentazione corretta è riconosciuta come un elemento fondamentale per mantenere una buona salute, rimane un contesto dibattuto quello che riguarda il digiuno. A fronte del risultato oggettivo e incontestabile della perdita di peso garantita dallo smettere di mangiare per qualche giorno, si pongono una serie di quesiti relativi al benessere generale dell’organismo, perché l’effettivo impatto sul medio-lungo termine è tuttora oggetto di analisi. Secondo il dott. Valter Longo, ad esempio, il digiuno rappresenterebbe una pratica fondamentale per una vita più sana e soprattutto più lunga. Nel suo libro “La dieta della longevità”, l’autore descrive un regime alimentare ideato basandosi su 5 pilastri, ovvero: la ricerca di base e la Juentologia/biogerontologia; l’epidemiologia; gli studi clinici; lo studio dei centenari; lo studio dei sistemi complessi. Da questi studi e analisi ne deriva un elenco di raccomandazioni sulle scelte alimentari consigliate: adottare una dieta vegana/pescetariana; assumere poche proteine ma a sufficienza; ridurre al minimo gli zuccheri e i grassi cattivi e massimizzare l’assimilazione di quelli buoni e i carboidrati complessi; apportare tutti i nutrienti; mangiare selezionando i giusti ingredienti tra quelli che mangiavano i nostri antenati; fare due pasti al giorno più uno spuntino; ridurre le ore del giorno in cui si mangia; tenere sotto controllo il peso corporeo e la circonferenza addominale; e infine, appunto, praticare periodicamente un digiuno prolungato. Secondo il dott. Longo, un tale progetto alimentare garantirebbe un incremento dell’aspettativa di vita e, se adottato in concomitanza con terapie più classiche, addirittura un effetto positivo nella lotta a vari tipi di patologie tipicamente associate all’invecchiamento: dai tumori al diabete, dalle malattie cardiovascolari alle malattie neurodegenerative fino ad alcune patologie infiammatorie e autoimmuni. Ciò sarebbe reso possibile dal fatto che le regole da lui proposte si traducono, fondamentalmente, nell’adozione di uno stile di vita sano ed equilibrato, nel quale il digiuno rappresenta uno dei “boost” da adottare periodicamente per accelerare il processo di “purificazione dell’organismo”. In realtà, a ben vedere, quello proposto da Longo, non è un vero digiuno ma, come lui stesso lo definisce, una dieta “mima-digiuno”, concepita per ridurre al minimo i più noti effetti negativi della mancanza di cibo totale quali spossatezza e mal di testa. Entrando nello specifico, infatti, la dieta consiste nell’assunzione per 5 giorni consecutivi di un numero preciso di calorie (1.100 per il primo giorno, 800 per quelli successivi) attraverso una selezione pesata di nutrienti: calorie in carboidrati complessi, grassi sani, integratori, tè, proteine di origine vegetale, acqua a volontà. Gli ingredienti vengono suddivisi tra colazione, pranzo e cena. Per chi non avesse la possibilità di stare dietro a bilance e misurini, il Dott. Longo ha sviluppato un kit di alimenti già pronto a base di barrette, integratori e zuppe. Questa pratica innescherebbe i meccanismi benefici del digiuno senza che l’organismo venga completamente privato dell’alimentazione. L’apporto calorico è ridotto al minimo, ma gli effetti collaterali di una rinuncia totale al cibo sono mitigati dall’assunzione di nutrienti mirati. Obiettivo del regime alimentare proposto, secondo quanto affermato dal suo ideatore, è quello di favorire il rinnovamento cellulare stimolando l’organismo a liberarsi delle cellule inutili e potenzialmente dannose e a sostituirle con quelle nuove e sane. Il processo innescherebbe un miglioramento del benessere generale che si manifesterebbe, tra l’altro, in una maggiore capacità di concentrazione, nel miglioramento dell’assorbimento dei nutrienti e nella perdita di massa grassa. Del resto, l’efficacia del digiuno in generale sul benessere dell’organismo sembra essere supportato sia da numerose ricerche condotte negli ultimi anni sia da tradizioni con radici millenarie, legate spesso a riti religiosi: si pensi al Ramadan musulmano o al Yom Kippur ebraico. Il dibattito quindi verte principalmente sulla finalità dei vari programmi che adottano l’astensione dal mangiare: il cosiddetto “digiuno intermittente” per esempio ha come obiettivo il dimagrimento e può prevedere uno schema di 16 ore di digiuno e 8 di alimentazione oppure di 2 giorni di forte restrizione calorica e 5 di alimentazione normale così come il programma Eat-Stop-Eat, che prevede un digiuno di 24 ore un paio di volte alla settimana. La novità vera della “mima-digiuno” è che essa viene anche presentata come coadiuvante di trattamenti terapeutici. Le ricerche e la sperimentazione condotte dal suo ideatore offrono certamente un punto di partenza importante per approfondire il legame tra un’alimentazione e uno stile di vita sani e l’efficacia delle cure per patologie anche gravi. Nel libro si scrive che questo rapporto è ormai assodato anche se i dati presentati a supporto di questa affermazione sono ancora in fase di analisi. Per questo, prudentemente viene consigliato a più riprese di intraprendere cicli di dieta mima-digiuno solo in seguito alla valutazione e sotto la supervisione del proprio medico specialista e, nel caso, l’oncologo, onde prevenire la malnutrizione, fattore prognostico negativo nelle patologie acute e croniche. La principale critica scientifica, mossa invece e tra l’altro dall’Associazione Italiana Disturbi dell’Alimentazione e del Peso (AIDAP), riguarda la reale capacità della dieta di aumentare la durata di vita e il fatto che l’adozione di regimi alimentari fortemente ipocalorici possa incrementare l’ansia, la fame di cibo e il rischio di sviluppare episodi di alimentazione in eccesso e di abbuffate. In questo modo, paradossalmente, si favorirebbe l’aumento di peso a lungo termine negli individui normopeso e in quelli predisposti sarebbe un ulteriore fattore di rischio per lo sviluppo dei disturbi dell’alimentazione di gravità clinica. Inoltre, la riduzione dell’assunzione proteica nelle persone sopra i 65 anni di età potrebbe accentuare il processo di sarcopenia e le sue conseguenze negative.