di Matilde Marinai
Il più grande timore per chi si sottopone a trattamenti estetici è la comparsa di recidive e ciò spinge la ricerca a individuare soluzioni sempre più efficaci
Provate a chiedere alle vostre pazienti cosa temono di più quando si parla di terapie convenzionali per la cura di patologie del volto come discromie cutanee e rughe. Rimarrete sorprese che, qualunque sia la metodica disponibile in questo momento sul mercato cui si siano sottoposte, prima ancora che l’invasività o il dolore, la risposta più frequente sia: la comparsa di recidive. Ovvero, constatare che l’intervento si sia dimostrato il più delle volte, a medio e lungo termine, quasi del tutto inefficace. Tutti sappiamo che, nonostante le tecniche si siano notevolmente raffinate, la medicina non è infallibile ed esiste quindi sempre il rischio dell’insuccesso. Anche nel caso delle discromie cutanee, dove è ormai assodato che una delle più efficaci strategie d’intervento si basi sull’utilizzo simultaneo di più sostanze ad azione schiarente e depigmentante che vanno ad agire riducendo la formazione di nuova melanina, favorendo anche la rimozione di quella già depositata sullo strato più esterno della cute. Oppure quando, per contrastare le rughe si ricorre all’impiego di laser ablativi, filler botulinici-ialuronici e peeling chimici. Ne consegue che, per ridurre al minimo, la possibile insoddisfazione dei pazienti, non ci si accontenta quasi mai e c’è un continuo investimento sullo sviluppo di nuove tecnologie per il trattamento degli inestetismi e delle patologie estetiche. Certamente sempre più orientate verso la non invasività e il più indolore possibili, ma che siano allo stesso tempo economicamente sostenibili e ottimamente performanti. In questa continua ricerca di protocolli terapeutici ottimali per il trattamento di varie patologie estetiche, recentemente, sono stati compiuti degli studi dal Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche, UOC di Dermatologia dell’Università “La Sapienza” e dall’Università Cattolica del Sacro Cuore Roma, che hanno comprovato scientificamente l’efficacia di una nuova metodologia chiamata Endosit Joule (WinForm) un dispositivo capace di controllare, gestire e quantificare l’energia applicata al corpo umano. Descrivere il macchinario nella sua tecnologia non è facile, ma in parole semplici si può dire che si tratta di un generatore di corrente multi-onda a tensione variabile che associa un modulo di tecar-terapia capacitivo/superficiale-resistivo/profondo a un modulo di erogazione contemporanea in doppia frequenza per veicolazione. Grazie a questo abbinamento esso permette di veicolare fitocomposti di origine vegetale creati ad hoc dai laboratori WinForm. Ma vediamo in quali indicazioni sembra avere risultati sorprendenti. Come si è detto, il melasma è una patologia estetica che interessa principalmente le donne, per la quale solo in Italia negli ultimi anni sono stati spesi circa 15 milioni di euro in prodotti depigmentanti[1]. Si manifesta prevalentemente sul viso sotto forma di macchie irregolari di colore bruno o marrone ed è dovuta a una sovrapproduzione di melanina che si accumula in specifiche aree del volto (guance e fronte). Lo studio condotto dall’Università “La Sapienza” è stato eseguito su 25 donne di età compresa tra i 24 e i 63 anni affette da melasma al volto, sia superficiale che profondo (a seconda dei tipi di melasma sono state effettuate dalle 8 alle 10 sedute, con cadenza settimanale) veicolando un fitocomposto a base di uva ursina e acido kojico, sostanze note per le loro proprietà inibitrici della melanogenesi. Da sottolineare il fatto che in tutte le pazienti, già dalla seconda seduta, si è ottenuta una notevole riduzione o addirittura una completa scomparsa delle macchie. Inoltre, il trattamento è stato ben tollerato e non si sono verificati effetti collaterali di alcun genere. Il controllo delle pazienti è stato condotto a 1, 6 e 12 mesi, ma ciò che emerge in maniera importante è che grazie all’utilizzo di Endosit Joule si sono mantenuti in tutte le pazienti risultati ottenuti e non si sono sviluppate di recidive[2]. Uno studio analogo è stato condotto su un altro problema estremamente importante che affligge le donne a partire da una certa età: le rughe. Negli ultimi anni sul mercato italiano sono stati spesi circa 590 milioni di euro in prodotti antietà e antirughe. Il tasso di crescita del consumo di questi prodotti vede un incremento annuo del 3%, poiché l’età media in cui sono usati per la prima volta per le donne si aggira attorno ai 24-25 anni. Ma anche nel consumo da parte degli uomini il segmento è in forte crescita[3]. Come è noto le rughe sono solchi, pieghe cutanee che si formano sul viso con l’età o con determinate espressioni facciali. Endosit Joule, sfrutta l’effetto biostimolante indotto, mostrando la propria capacità di ossigenare i tessuti e quindi di ridurre il processo d’invecchiamento della pelle, andando a stimolare le proteine fondamentali per il mantenimento dell’elasticità e della tonicità dei tessuti. Per lo studio scientifico sono state arruolate 20 donne di età compresa tra i 30 e i 64 anni che presentavano sul volto rughe di I, II, III e IV grado secondo la scala di Glogau (il ciclo di trattamenti per tutte le pazienti è stato di 10 sedute, con cadenza bisettimanale) durante il quale è stato veicolato un fitocomplesso a base di sostanze in grado di idratare la cute, aumentare la produzione del collagene e il firming cutaneo, e infine di indurre un’azione antiossidante ed elasticizzante. I risultati mostrano un progressivo e costante miglioramento con riduzione dell’ampiezza e della profondità delle singole rughe, soprattutto per le cosiddette “zampe di gallina”. Al termine del ciclo di trattamenti il miglioramento è stato ben visibile e il controllo al 5° mese ha evidenziato il mantenimento dei risultati ottenuti in tutte le pazienti[4].
BIBLIOGRAFIA
[1] Rapporto UNIPRO 2011
[2] Fortuna et al. Università “La Sapienza” di Roma, Dipartimento di Malattie Cutanee-Veneree e Chirurgia Plastica-Ricostruttiva, UOC di Dermatologia; Nr. 2/2010 Hi.Tech Dermo, Alta Tecnologia in Dermatologia ricostruttiva.
[3] Rapporto UNIPRO 2010-2011
[4] Fortuna et al. Università “La Sapienza” di Roma, Dipartimento di Malattie Cutanee-Veneree e Chirurgia Plastica-Ricostruttiva, UOC di Dermatologia; Nr. 6/2010 Hi.Tech Dermo, Alta Tecnologia in Dermatologia ricostruttiva.