
Alcuni anni fa, uno dei quiz proposti nel test di ammissione alla facoltà di medicina era il seguente: qual è lo stato metabolico comune a queste condizioni: osteoporosi e aumento radicali liberi, invecchiamento precoce; stanchezza e calo del rendimento psicofisico; cattiva assimilazione dei nutrienti; invecchiamento precoce? La domanda non era semplice e in molti non risposero o sbagliarono. La risposta esatta sarebbe stata: acidosi metabolica. Come è ben noto, l’attività fisica e il normale metabolismo, soprattutto dei lipidi e dei carboidrati, generano ogni giorno enormi quantità di acidi volatili che in parte vengono eliminati con la respirazione, mentre quelli cellulari si trasferiscono nel sangue e sono eliminati dal rene. Sappiamo che il sangue umano in condizioni normali ha un pH leggermente alcalino, compreso tra 7,35 e 7,45. Il mantenimento di quello che viene comunemente chiamato equilibrio acido-base ematico e tissutale, è strettamente legato al metabolismo dei fluidi e al bilancio idrico, e dipende dal rapporto tra la produzione di sostanze acide e, in minor misura basiche, e la loro eliminazione, cui partecipano soprattutto i polmoni e i reni. Aumentando la ventilazione polmonare, tramite la frequenza respiratoria e la profondità del respiro, l’organismo aumenta l’escrezione di acido carbonico sotto forma di anidride carbonica, e ciò innalza il pH del sangue. I reni, invece, per mantenere l’equilibrio acido-base attivano un importante lavoro di filtro, diluizione delle sostanze acide, tamponamento ed eliminazione degli ioni H+ in quantità equivalente a quella prodotta, mentre riassorbono gli anioni bicarbonato (HCO3–) che sono basici. Altri meccanismi omeostatici biologici capaci di neutralizzare efficacemente gran parte degli acidi che vengono generati dal metabolismo delle singole cellule sono i cosiddetti sistemi tampone, intracellulari ed extracellulari (il più importante è il sistema HCO3−/CO2) e soprattutto l’osso assume una grande importanza rilasciando bicarbonato di sodio (NaHCO3) e bicarbonato di calcio (Ca(HCO3)2) in cambio di H+, tant’è che un’acidosi prolungata può contribuire alla perdita di sali minerali e all’osteoporosi. L’acidosi metabolica grave (pH inferiore a 7,35) è un evento straordinario, che si verifica a seguito di patologie, per esempio, di un collasso cardiocircolatorio e della conseguente anareobiosi che origina quantità di acido lattico molto elevate, oppure in corso di una grave chetosi provocata da un eccessivo catabolismo dei lipidi e di alcuni amminoacidi, come avviene nel diabete mellito scompensato o di un digiuno prolungato. Anche un’intensa attività sportiva, può determinare un’acidosi, più o meno intensa, i cui sintomi più comuni sono: crampi muscolari, stiramenti e dolori che aumentano anche il rischio di traumi e di infiammazioni a carico della la muscolatura e dell’apparato osteo-articolare. Durante l’attività sportiva, per la maggior richiesta di ossigeno, aumentano anche la produzione di radicali liberi ossigenati e le reazioni di ossidoriduzione potenzialmente dannose per le cellule, che invecchiano precocemente con un significativo abbassamento della funzionalità del sistema immunitario e genesi di varie malattie degenerative. Sappiamo che lo stress ossidativo causa ipossia e ciò favorisce l’infiammazione a livello della matrice extra cellulare con conseguente aumento dell’acidosi che, quando i sistemi omeostatici del nostro organismo non sono più in grado di contrastare, tende a divenire persistente nel tempo e – come si diceva all’inizio dell’articolo – può rappresentare una concausa, dell’invecchiamento precoce. Anche la stanchezza e il calo del rendimento psicofisico trovano una spiegazione: i processi vitali dell’organismo necessitano di un pH stabile e lievemente alcalino, altrimenti le scorie metaboliche acide si concentrano nella matrice extracellulare provocando un danno nei tessuti, la degradazione delle membrane cellulari, la riduzione degli scambi metabolici, l’abbassamento delle difese immunitarie e processi infiammatori, oltre all’iperstimolazione del sistema simpatico. L’acidosi, inoltre, riduce la sensibilità insulinica e aumenta la secrezione di cortisolo, richiama acqua nei tessuti per cercare di diluire il pH favorendo la ritenzione idrica, affatica i reni e può favorire l’ipertensione e la già ricordata demineralizzazione ossea. Abbiamo già detto che più c’è acidità e più l’organismo sottrae calcio e fosfati, e la perdita di calcio riduce la normale funzione muscolare, inducendo irritabilità e insonnia. Dopo il sodio, il calcio è il minerale più alcalinizzante, mentre altri minerali basici sono il magnesio, lo zinco, il potassio e il rame, di cui son ben conosciute anche le potenzialità protettive delle cellule cutanee nei riguardi dello stress ossidativo. I dermatologi, infatti, raccomandano l’integrazione della dieta con questi minerali alcalinizzanti perché il ripristino dell’equilibrio acido base può essere di grande aiuto per la pelle sia per ridurre la tendenza verso eczemi, orticarie, allergie e altri fenomeni irritativi e infiammatori a livello dermico, che per ridurre l’eccesso di acidità del sudore. L’alcalinizzazione della matrice extracellulare, ottenibile con la dieta e con gli integratori, provoca la scomparsa o la diminuzione dei sintomi. Molte forme allergiche sono accentuate dall’acidosi metabolica. L’omeostasi acido-base regolarizza, inoltre, l’azione delle ghiandole sudoripare e di quelle sebacee riducendo la predisposizione a brufoli e acne, con il risultato di una pelle più luminosa. A beneficiarne è anche la salute dei capelli e del cuoio capelluto perché il sebo secreto dalle ghiandole sebacee è meno acido e ciò non agevola i lieviti e i batteri, causa delle irritazioni e dei disturbi a carattere infiammatorio che scatenano prurito e desquamazione. Un miglioramento si registra anche sul microcircolo e sul trofismo perché l’acidosi tissutale localmente sottrae ossigeno e quindi i capelli si indeboliscono, si seccano, i bulbi piliferi soffrono e si assiste al diradamento o finanche alla perdita di intere ciocche. Secondo alcuni studi, un alterato equilibrio acido base può essere causa di pelle secca, soggetta a lesioni e screpolature e, quindi, più facilmente aggredibile dai virus. Esempi noti sono quello dell’Herpes che si sviluppa maggiormente su una pelle acida, delle Verruche che in caso di acidosi tissutale trovano meno contrasto in difese immunitarie inefficienti, ma lo stesso discorso vale anche per la Candida che si moltiplica più rapidamente in presenza di un’alterazione del pH vaginale in grado di modificare la composizione della flora batterica, in particolare riducendo i bacilli di Doderlein che proteggono le mucose del tratto vaginale, e ciò lascia spazio all’infezione da candida. Qualcuno imputa all’acidosi tissutale, per i conseguenti danni al microcircolo e ipossia, anche la fragilità, lo sfaldamento e l’alterata crescita ungueale, disturbi riferibili a un ridotto nutrimento delle cellule deputate alla crescita dell’unghia. A ciò si aggiungerebbero anche i problemi dovuti alla perdita di micronutrienti, in particolare di quei minerali che concorrono alla formazione della cheratina. Il ricorso a un’integrazione nutrizionale alcalinizzante mirata può quindi aiutare a diminuire il ricorso a trattamenti locali, che sicuramente servono a ridurre i sintomi, ma non ne eliminano l’origine.