Il successo di un libro di un noto conduttore radiofonico è l’occasione per riaffrontare il tema dell’autismo e delle difficoltà vissute dalle famiglie
della dott.ssa Gabriella La Rovere
Conosco Gianluca Nicoletti da sempre. Le sue trasmissioni radiofoniche hanno scandito il mio quotidiano: alle nove, dopo aver accompagnato mia figlia Benedetta all’asilo o a scuola, accendevo la radio e mi estasiavo della sua abilità affabulatoria, con quella capacità unica di creare neologismi e di esplorare nuovi orizzonti comunicativi. Per un certo periodo ne avevo perso le tracce finché, casualmente, non l’ho ritrovato in altra emittente con un programma dal titolo ossimoro del precedente. Il periodo era quello di facebook, ancora in inglese. Ne aveva parlato in una puntata e immediatamente mi ero iscritta, non senza una certa difficoltà. Non so come, durante una trasmissione, provai a intervenire usando proprio la grande piazza virtuale di facebook. Si parlava di bellezza ed io, valigie alla porta, ero in procinto di partire per Roma per l’annuale Congresso di medicina estetica. Gianluca, attento osservatore dei costumi e delle tendenze, non aveva la più vaga idea di cosa fosse la medicina estetica e che bailamme ne rappresentasse il congresso. Venne come me all’Hilton e quella giornata rimase la più divertente che abbia mai trascorso. Al termine mi regalò la maglietta che era diventata un cult (quella con la scritta in russo la passione si sente) e per la quale la gente veramente avrebbe fatto follie. La indossai con orgoglio tutta l’estate godendo dell’invidia di quelli che la riconoscevano.
Mai una parola sui nostri figli, come una sorta di pudore pensando forse che l’altro non avrebbe capito, ma anche non desiderando
Un’amicizia che non aveva bisogno di tanti contatti, l’immane appiccicume che per molti è la condizione sine qua non per definirla tale. essere compatiti.
Tre anni fa la sorpresa. Gianluca era in Umbria con la famiglia e aveva voglia di rivedermi per trascorrere insieme il giorno del suo compleanno. Non era facile per me poter accettare l’invito. Benedetta era in uno dei suoi periodi di nervosismo e gli confessai il mio segreto. Ci scoprimmo vicini in questa situazione e da allora la nostra amicizia ha acquistato tutt’altro sapore.
Entrambi abbiano scoperto chi capisce la nostra sofferenza: il voler fare ma essere costantemente legati all’ineluttabilità del quotidiano, il non poter aspirare subito a realizzare progetti se non passando attraverso le forche caudine dei doveri verso i nostri figli. Il libro di Gianluca, dal titolo più che mai azzeccato, è l’unico che racconta cosa è e com’è vivere con una persona autistica.
Pochi sentimentalismi, la cruda realtà viene ad essere descritta senza per questo sentirsi meno padre. Parlare di autismo non è facile senza cadere nel pietismo o, peggio, senza descriversi per quelli che non si è. Come ha scritto Kim Stagliano, madre di ben tre figlie autistiche, “non si è Madre Teresa di Calcutta!”. Da pochi anni il mercato editoriale si sta rivolgendo a storie difficili di persone disabili o a stretto contatto con la disabilità. Il rischio è sempre quello di doversi costruire una verginità rispetto a sentimenti che sono più che naturali: la disperazione, la rabbia, la rassegnazione; certo c’è anche la gioia ma è sempre al traino di periodi bui nei quali si darebbe non so che per vivere come gli altri, con leggerezza. Gianluca racconta la realtà e toglie il velo di ipocrisia su tanti tabù, primo tra tutti la sessualità. Un ragazzo autistico ha pulsioni come qualsiasi altro della sua età. Negare il problema o soffocarlo con farmaci è terribile. L’argomento è affrontato con intelligenza e ironia. Il successo del libro, al di là della popolarità di Gianluca, deriva proprio dalla sua veridicità, dal sentirsi tutti vicini allo stesso dramma. L’apertura di un blog e lo spazio riservato all’interno del programma radiofonico ha messo in movimento una rete di contatti e di condivisione di informazioni. Mai come dall’uscita del libro c’è stato uno scambio di notizie sull’autismo, su progetti educativi all’avanguardia, su strutture adibite a centri vacanze per autistici, su progetti relativi al dopo-di-noi. Cosa succederà a questi nostri figli quando non ci saremo più? A differenza di tanti altri genitori, Gianluca già ci pensa e grazie a tutte le sue conoscenze è in grado di poter progettare uno spazio, un luogo che sia vicino al loro sentire: l’Insettopia raccontata nel film “Zeta la formica”, terra promessa degli insetti che altro non è che una piccola discarica all’interno del gigantesco Central Park. Il successo porta con sé anche l’invidia più bieca, una cosa che non avrebbe mai immaginato di sperimentare e per la quale si è dovuto immunizzare. È normale per un personaggio pubblico, ma è inimmaginabile se questa è secondaria all’uscita di un libro sul figlio autistico, soprattutto se viene da altri genitori di ragazzi con uguali problemi. Così va il mondo e quello della disabilità ne raccoglie i peggiori scarti. Solo chi è intelligente è in grado di capire quanto sia importante questo libro per tutto quello che ne potrà derivare e per i benefici per i nostri figli ma la madre dei cretini, purtroppo, non va mai in menopausa.
L’autrice dell’articolo con Gianluca Nicoletti