Alopecia areata e trisomia 21

Dott. Daniele Campo, Istituto Ortodermico Italiano – Roma Dott.ssa Xhilda Bisholla Istituto Ortodermico Italiano – Roma

La patogenesi di alcune forme di alopecia areata è di tipo autoimmune e spesso questo problema si manifesta in persone affette da Sindrome di Down.

Ormai è ben noto che la maggior parte delle caratteristiche che differenziano gli esseri umani l’uno dall’altro sono frutto della codificazione degli innumerevoli geni che ne compongono il genoma, influenzati dall’ambiente e da altre condizioni variabili che ci circondano. E in questo contesto anche i capelli sono regolati da una serie di espressioni genetiche che controllano la loro vita. Negli ultimi anni sono stati individuati alcuni meccanismi genetici coinvolti nell’ereditarietà di una delle forme più comuni in patologia tricologica l’alopecia areata (AA) che è ormai considerata come malattia autoimmune. Si ritiene, infatti, che essa sia una espressione patologica che si manifesta in soggetti predisposti a malattie autoimmuni, per l’intervento delle stesse cause patogene che in soggetti normali, non predisposti, provocano solo un telogen effluvio acuto.

È stato inoltre dimostrato che l’AA, come tante malattie autoimmuni, ha certamente una componente di trasmissione genetica complessa, che non segue le regole della ereditarietà mendeliana, e che si presume abbia un carattere poligenico che si esprime a livello individuale con differenti fenotipi. La trasmissione genetica sembra essere dimostrata anche dalla comparsa dell’alta frequenza della patologia in gemelli omozigoti o in numerose persone e per più generazioni della stessa famiglia. Un’associazione tra l’AA e la Trisomia 21 (Sindrome Down – SD) è stata dimostrata in uno studio condotto su 1000 soggetti affetti da questa alterazione genetica con 60 casi conclamati, contro un solo caso nel gruppo di controllo di 1000 soggetti sani. Le persone affette dalla sindrome Down presentano una elevata suscettibilità alle infezioni, alle malattie autoimmuni e ad alterazioni del sistema antiossidante. È stato inoltre riscontrato un diminuito sviluppo del timo, cui consegue una ridotta funzionalità della ghiandola deputata alla produzione di linfociti T. Nei soggetti con Sindrome di Down sono ridotte, sia per numero che per capacità di azione, le due popolazioni linfocitarie T e NK (natural killer) che regolano le difese contro le infezioni, specie virali, e alcune molecole implicate nei processi infiammatori, tipo le citochine.

È noto che il deficit immunitario cellulare o deficit dei linfociti T (con alterazioni qualitative e quantitative), può predisporre allo sviluppo di malattie autoimmuni, quali tiroidite, celiachia, diabete, periodontopatia, alopecia areata. L’importanza che oggi viene attribuita al sistema immunitario nella patogenesi dell’alopecia areata deriva da numerose osservazioni cliniche e sperimentali, quali la frequente associazione con patologie autoimmuni (tiroidite di Hashimoto, morbo celiaco, vitiligine, diabete mellito di tipo I, gastrite cronica atrofica), l’espressione marcata di antigeni di istocompatibiltà di I classe a livello delle cellule della matrice, la presenza di molecole di adesione da parte delle cellule endoteliali, il riscontro di un infiltrato peribulbare e perivascolare nelle fasi di progressione della malattia.

Attualmente si ritiene che i fattori precedentemente elencati intervengano variabilmente fra di loro nella patogenesi dell’AA, alcuni svolgendo un ruolo di primaria importanza (fattori genetici e immunologici), altri comportandosi come concause determinando il manifestarsi e la persistenza della patologia. Nei soggetti Down sono comuni i disordini del sistema immunitario con formazione di autoanticorpi e patologie autoimmuni con essi correlati, che divengono più frequenti con l’aumentare dell’età. I reperti istologici mostrano un infiltrato infiammatorio linfocitario con aspetto ”aggressivo” verso i follicoli affetti dalla malattia. Ci sono inoltre variazioni sia del numero totale dei T linfociti che delle sotto popolazioni linfocitarie nel sangue periferico. L’infiltrato peribulbare è costituito quasi esclusivamente da T linfociti con un aumento del rapporto T4/T8 (T helper / T suppressor).

Il rapporto è particolarmente elevato nelle fasi di attività della malattia e si modifica nel momento in cui le chiazze rispondono alla terapia o comunque non sono più in fase di attività. È plausibile che i linfociti attivati possano aggredire i cheratinociti della matrice del bulbo innescando o mantenendo la malattia, rilasciando linfochine come l’interferone g, il fattore a di necrosi tumorale, il Trasforming Growth Factor b. Queste linfochine che inibiscono la proliferazione dei cheratinociti in vitro, potrebbero in vivo agire sulle cellule della matrice arrestando le mitosi. Recentemente, in uno studio condotto su 165 pazienti adulti con alopecia areata (non tutti con SD) e 510 soggetti di controllo, è stato identificato un gene localizzato sul cromosoma 21, MX1 che sembrerebbe implicato nella patogenesi dell’AA nel paziente down. Gli autori ipotizzano che per sviluppare l’AA, una persona debba avere due coppie della variante di questo gene e che essa possa determinare l’AA con un meccanismo di tipo ”recessivò’. Nella SD ci sono tre cromosomi 21, che danno una possibilità in più di avere due varianti dei geni, ciò spiegherebbe perché l’alopecia areata sia più comune nelle persone con sindrome di Down che nella popolazione in generale. Inoltre, si è evidenziata un’associazione tra un aumento di severità dell’AA e la presenza di un polimorfismo nel gene del recettore dell’interleuchina 1 (IL-1).

In conclusione molte ricerche indicano la possibilità che l’alopecia areata sia una malattia poligenica con alcuni geni in correlazione con la predisposizione alla malattia e altri alla sua severità.