di Francesco Trapani
Andare dal parrucchiere è spesso uno dei pochi momenti che le donne dedicano a se stesse per farsi belle e rilassarsi.
Ma cosa vuol dire “andare dal parrucchiere” per le italiane?
Certo è che il parrucchiere non è, e forse non è mai stato, semplicemente un luogo ove recarsi per tagliare e acconciare i capelli. Inserirlo asetticamente tra gli ordinari comportamenti d’acquisto, può essere estremamente riduttivo, perché di fatto, per le donne questo rappresenta un “happy moment”, momento di cura di sè, quel volersi bene cui spesso per motivi diversi si deve rinunciare, ma probabilmente una delle ultime voci che la donna ’italiana sarebbe disposta a depennare dalla sua lista della “spesa per sè”. Facciamo riferimento ai dati raccolti da Astra/Demoskopea per conto dell’azienda Wella. La ricerca in profondità condotta dapprima nel 2000 e quindi nel novembre del 2003 su un campione rappresentativo della popolazione femminile italiana tra i 14 e i 79 anni, ci offre tanti spunti per riflettere sulle tendenze nei comportamenti e nelle opinioni di 24.4 milioni di donne nel nostro Paese. Oltre due terzi di queste, dicono i dati, vanno dal parrucchiere. Se vogliamo scandagliare la realtà italiana, vediamo che la frequentazione dei saloni è superiore alla media nel nord-ovest, interessando in maniera significativamente maggiore le laureate, le studentesse, impiegate e insegnanti, e in particolar modo le giovani 14-24enni e le 35-44enni.
Ma cosa si cerca realmente in un salone? Beh, una sola risposta non c’è, e direi per fortuna; se la realtà non è mai semplice e mono-determinata, figuriamoci la ricerca della bellezza e del benessere, in cui si intersecano motivazioni differenti, che investono la sfera psicologica almeno tanto quanto quella meramente estetica. Per capirne la ragioni, analizziamo la terminologia corrente che già in sè racchiude gran parte delle aspettative di chi la utilizza: il “salone” non è un negozio qualunque, sottintende un clima e un’atmosfera relazionale particolare. Per di più, il salone si “visita”, la visita è innanzitutto un piacere, una scelta personale, un’esperienza gratificante per sè stessi. Nella visita c’è il gusto della scoperta, quell’immateriale attesa di un qualcosa che stupisca piacevolmente, dal quale si esca quasi a malincuore, ma comunque positivamente diversi. Si, diversi da come si era, e possibilmente più simili a come ci si sente realmente, come ci si vuole vedere, a come si intende e si affronta la vita, perché in fondo ognuno ha un proprio stile personale che parte dal comportamento ma in un certo qual modo lo si può leggere anche nei capelli.
E’ cogliendo questi significati che si capisce il perché, nonostante la realtà attuale ci mostri donne spesso alle prese col problema di limitare le spese familiari così come quelle personali, tra i tagli esse cerchino comunque sempre di dimenticare quello dei capelli, per non abbattersi, concedendosi ancora qualche gratificazione personale, magari un look migliore mentre ci si sente coccolati, scambiando quattro chiacchiere.
Per soddisfare tale aspettativa, certo non da poco, è indispensabile, oltre alla competenza dell’acconciatore e l’efficacia dei prodotti e delle macchine utilizzate, anche una cura nello stile relazionale, nell’atmosfera e nell’ambiente…fattori indispensabili alla creazione di un’esperienza che ha nel taglio “su misura” un elemento centrale, ma non unico. Leggendo i dati però si nota che negli ultimi tre anni, si registra una leggera contrazione di questo mercato: circa 700.000 donne in meno si recano dal parrucchiere, in percentuale parliamo di un 67% contro il precedente 70%. Mai come in questo caso, le cifre parlano chiaro solo se le si sa leggere, infatti questa flessione riguarda solo le clienti marginali (che si recano in salone meno di una volta al mese), mentre al contrario le assidue – che hanno una frequenza superiore alle 3 volte mensili – crescono del 3,3%.
Ciò non fa altro che avvalorare l’osservazione precedente: a questo momento di gratificazione personale necessario per rigenerarsi e ricaricarsi, si rinuncia molto a fatica. Circa 800.000 persone in più quest’anno collocano tale esperienza tra “i piccoli piaceri della vita”, in particolare le 35-44enni oberate di impegni, così come le laureate, lavoratrici autonome e pensionate.
E chi non va in salone? Una donna su sette pur non recandosi in salone, non rinuncia a questa cura, anzi, riceve in casa propria la parrucchiera. Di chi stiamo parlando? Per lo più facciamo riferimento a una donna del sud, oltre i 50anni, poco scolarizzata, casalinga o pensionata, che così riceve in casa una persona che comunque conosce bene e che avendo costi d’esercizio limitati, le permette di risparmiare; ma non solo. Fotografiamo anche una realtà diametralmente diversa: parliamo anche di donne dirigenti o imprenditrici il cui problema è legato sempre a una indisponibilità, ma non economica, quanto piuttosto di tempo, e così la domenica si concedono in casa il meritato lusso di avere un pò di tempo per sè.
Ed il sesto delle italiane che non vanno dal parrucchiere? Beh, non lo fanno solo per risparmiare, ma pensano piuttosto di essere in grado di fare benissimo da sè. Questo chiaramente ribadisce una cosa importante: il denaro, parlando di capelli, non è il fattore determinante. Il rapporto qualità/prezzo è decisamente più influente: non importa tanto che sia economico, raramente lo è, ma se costa, che sia giustificato da un trattamento altrettanto buono. Si accetta di pagare un prezzo giusto, dunque, rispetto ai risultati, al trattamento e alla qualità del tempo trascorso nel salone. Tutto questo in una realtà sociale in cui si è “costretti” a tagliare sulla spesa settimanale per fare i conti col denaro che esce sempre più velocemente, non è cosa di poco conto, tutt’altro. E parlando di qualità, oltre alla capacità di interpretare le esigenze della cliente, valorizzandola il più possibile, l’altro fattore determinante è quello del tempo necessario per completare il lavoro.
Nel caso del tempo, molto più che del denaro, risparmiare diventa essenziale: flessibilità negli appuntamenti e negli orari di apertura sono condizioni imprescindibili nella scelta del proprio salone; inoltre questo tempo deve essere ben speso, perché realmente deve dare il senso del rilassamento come gratificazione. Considerando il giudizio di soddisfazione espresso mediamente dalle italiane: un voto pari a 8, sembra che di fatto l’ambiente che esse scelgono per ritagliarsi preziosi momenti felici, in generale, sembra, riuscire a soddisfare in buona misura le loro aspettative. Un giudizio positivo, ma che in realtà è comunque inferiore rispetto all’8,2 fatto registrare nel 2000, e questo dato deve far riflettere, spronare gli addetti al settore a fare di meglio.
La conclusione cui indirizza lo studio che abbiamo raccontato, fa pensare che la realtà e il futuro del mercato professionale della cura dei capelli è senza dubbio incoraggiante: infatti risente del momento economico che il nostro Paese sta attraversando in maniera meno incisiva rispetto a moltissimi altri settori, anche se messo a confronto con quelli considerati primari, primo tra tutti quello alimentare. Ciò a testimonianza di una forte valenza emotiva che il servizio offerto all’interno del salone riesce a rivestire, un servizio quindi pesante, che però deve comunque essere qualitativamente curato, sia dal punto di vista della preparazione e innovazione di personale e strumenti, che dalla capacità di creazione di un’ ambiente accogliente, un’isola felice, una scatola di decompressione dalla routine, dagli impegni, dai mille rumori che fuori investono e che dentro devono affievolirsi, scemare nel silenzio, nell’ascolto di una conversazione non sempre impegnativa e spesso ricca di mille pettegolezzi ….