In questo articolo approfondiamo il dibattito sull’uso topico degli estrogeni nel trattamento dell’alopecia androgenetica

In un recente articolo sul rapporto fra Estrogeni e capelli, pubblicato su questo giornale a firma della Prof. Antonella Tosti , si parla brevemente dell’uso topico di lozioni a base di estrogeni mettendo in evidenza che esiste un problema di dosaggio non controllabile. A tale proposito vorrei approfondire l’argomento dell’utilizzo di estrogeni per via topica che, a mio parere, ritengo essere potenzialmente molto utili nel trattamento della alopecia androgenetica. Per iniziare va detto che il loro impiego era stato per molto tempo escluso nell’uomo e che solo recentemente è stato accertato che l’utilizzo dell’isomero a del 17 estradiolo non produce effetti collaterali nel maschio e possiede un efficace ruolo terapeutico.
Come si sa, gli estrogeni sono degli ormoni naturali prodotti sia dall’uomo che dalla donna, ma nell’uomo il livello di produzione è molto basso. Gli estrogeni naturali più comuni sono l’estrone, l’estradiolo e estriolo. Dal punto di visto terapeutico quello più utilizzato è invece l’etinilestradiolo, che è molto più potente degli estrogeni naturali e lo troviamo come componente di quasi tutte le pillole contraccettive accoppiato a un progestinico. è lo stesso inoltre che viene anche utilizzato nella terapia sostitutiva nelle donne in menopausa. Da anni è accertato che gli ormoni estrogeni oltre ad avere un diretto e preciso effetto biologico hanno anche la capacità di deprimere la produzione degli ormoni maschili, gli androgeni, e in particolare del testosterone attraverso dei complessi meccanismi di feedback. In vivo gli estrogeni incrementano la produzione di SHBG, la globulina che nel sangue rende indisponibile il testosterone, il quale se legato alla SHBG non può essere convertito in DHT, l’ormone che promuove l’alopecia androgenetica. Tornando al campo tricologico è stato dimostrato che esistono nelle cellule del follicolo pilifero recettori degli estrogeni che possono avere una azione diretta nella stimolazione della crescita del capello. L’uomo, ovviamente, non può essere sottoposto a terapia medica con estrogeni tradizionali (isomeri b) senza correre un serio rischio di ginecomastia e perdita della libido, se non in terapie topiche, utilizzando estrogeni deboli e in concentrazioni limitate. Per le donne è un altro discorso, esse possono assumere con più tranquillita’ specialita’ ormonali estrogeniche senza significativi effetti collaterali, da ciò il ricordato uso in terapia sostitutiva in menopausa o come contraccettivi orali se in età fertile, e quindi se ne possono avvantaggiare nelle terapie tricologiche sia per via topica che per via generale e soprattutto utilizzarle come terapia sostitutiva in menopausa o come contraccettivi orali se in età fertile.
L’azione degli estrogeni a livello dei follicoli dei capelli è più che promettente, e le ultime segnalazioni sono sull’impiego di 17a estradiolo, un isomero ormonalmente inattivo del 17 b che, in quanto tale, può essere prescritto anche all’uomo. La storia tricologica di questa sostanza inizia nel 1980 con due ricercatori tedeschi, Orfanos e Vogels, i quali con uno studio controllato hanno dimostrato che una lozione contenente 17 a estradiolo, se applicata topicamente per lungo tempo, ha un effetto terapeutico riducendo l’alopecia androgenetica. La scuola tedesca in campo endocrinologico è sempre stata all’avanguardia, ma questa segnalazione dei due ricercatori è stata, purtroppo, per molti anni internazionalmente trascurata, tanto che, già da tempo, solo in Germania, sono in commercio specialita’ farmaceutiche che contengono estradiolo proprio sotto forma di isomero b, prescrivibile solo per il sesso femminile. In Italia, questi prodotti invece non sono ancora disponibili. Nel 2001 altri due ricercatori tedeschi, Happle e Hoffmann, hanno pubblicato un lavoro per definire l’azione del 17 a estradiolo come agente terapeutico nell’alopecia androgenetica. Le loro conclusioni sono state che il 17 a estradiolo è, in vitro, in grado di ridurre la formazione di DHT a partire da testosterone incubato in presenza di cellule follicolari prelevate da pazienti colpiti da alopecia androgenetica; ma l’attivita’ del 17 a estradiolo è, comunque, inferiore a quella dell’isomero b e molto inferiore rispetto a quella della finasteride.
Gli autori pero’ concludevano la propria relazione asserendo che probabilmente il ruolo del 17 a estradiolo non è meramente quello di inibire la 5 a reduttasi ma che si potevano ipotizzare altri modelli sperimentali come quello di una conversione del testosterone verso un altro ormone androgeno meno potente o magari verso la conversione in un estrogeno oppure provocando la diminuzione di testosterone disponibile alla conversione in DHT. Un anno dopo, lo stesso gruppo di ricerca dell’Istituto di Dermatologia dell’Università di Marburg, ci propone un ulteriore lavoro, proprio per rispondere ai quesiti rimasti insoluti precedentemente. Da questo emerge che, tra le diverse ipotesi, quella corretta è proprio quella più utile terapeuticamente, ovvero che il 17 a estradiolo non solo diminuisce la formazione di DHT ma che, attivando l’enzima aromatasi, trasforma una parte di testosterone in estradiolo ovvero in un ormone utile nel reprimere i geni della calvizie e nel favorire direttamente la ricrescita.
Queste acquisizioni sperimentali hanno aperto nuove prospettive sulla applicazione degli estrogeni per via topica e sono sempre più considerate e valutate con la giusta attenzione. Ancora in Germania è già entrata in vendita, in forma di lozione, la prima specialita’ farmaceutica a base di 17 a estradiolo, mentre, di nuovo in ritardo, in Italia viene prescritta da alcuni medici come preparato galenico in concentrazioni che vanno dallo 0.015% allo 0.1%.