Dermatite seborroica e alopecia

Facciamo chiarezza sul complesso legame che esiste tra dermatite seborroica e alopecia androgenetica alla luce delle ultime ricerche

dott. Daniele Campo Dott. ssa Valeria D’Acunzo

La dermatite seborroica è spesso associata all’alopecia androgenetica e ne accelera il decorso. L’infiammazione che la caratterizza stimola la liberazione di citochine infiammatorie, come l’Interleuchina-1, che inducono il passaggio del follicolo alla fase telogen, ne provocano la sclerosi con progressiva miniaturizzazione. È una patologia infiammatoria caratterizzata dalla presenza sulla cute di squame giallastre e untuose, eritema e prurito al cuoio capelluto. Interessa il cuoio capelluto soprattutto all’inserzione frontale del capillizio, ma è riscontrabile anche in zona retro – auricolare, alle sopracciglia, a livello sternale e in tutte le zone ricche di follicoli pilo-sebacei. È una affezione cronica e recidivante, migliora in estate e peggiora nella stagione invernale, interessa soprattutto i maschi adolescenti di età compresa tra i 14 e i 18 anni. Nei neonati può comparire già nelle prime settimane di vita e si definisce con il nome di crosta lattea. È ormai noto che la causa della dermatite seborroica, più che nell’aumentata secrezione del sebo, sia da ricercarsi nell’alterazione della sua composizione. Il sebo, risultato della secrezione ghiandolare, composto da acidi grassi liberi, trigliceridi, colesterolo e squalene, si riversa sulla cute, si unisce agli altri lipidi epidermici e al sudore per formare il film idro-lipidico-aci­do. La sua funzione più conosciuta è quella di proteggere la cute e i capelli, conservando l’idratazione e agen­do con le sue proprietà antibatteriche e antimicotiche. La quantità e la qualità del sebo possono variare a causa di diversi fattori come stati emotivi, condizioni climatiche e stati fisiopatologici. La produzione viene per esempio favorita dagli androgeni ed inibita dagli estrogeni, da ciò si comprende la maggior frequenza di dermatite seborroica nell’uomo. Il meccanismo è noto: l’enzima 5a-reduttasi presente nelle ghiandole sebacee converte il testosterone in deidrotestosterone che a sua volta le stimola a produrre più sebo.
Pertanto, sia la maggiore disponibilità di testosterone che la più intensa attivita’ dell’enzima possono indurre la seborrea. Per un certo periodo ci si è posti il quesito se si dovesse parlare di seborrea solo quando la quantità di sebo è aumentata, ma alcuni hanno proposto di prendere in considerazione anche una sua composizione alterata con l’aumento degli acidi grassi liberi ad effetto pro-infiammatorio prodotti dagli enzimi lipolitici di un fungo lipofilo, il Pitirosporum ovalis, che costituisce, insieme allo Staphylococcus Epidermidis e al Propronibacterium Acnes, buona parte della flora microbica cutanea. Sarebbero queste alterazioni a determinare l’azione irritante e tossica sulla cute, con una conseguente infiammazione cronica e recidivante del cuoio capelluto e delle altre regioni seborroiche e distrofie a carico dei bulbi piliferi. La dermatite seborroica sarebbe quindi dovuta non solo a una iperproduzione, ma alla diversa composizione dei lipidi di origine sebacea e della componente sintetizzata dai cheratinociti. In particolare, alcune dermopatie e talune condizioni di insufficienza della funzione barriera sono correlati proprio a deficit di PUFA o a squilibri nella loro disponibilità, soprattutto per quanto concerne il rapporto tra omega-3 e omega-6. Questi acidi grassi polinsaturi non vengono sintetizzati dai mammiferi, ma devono essere necessariamente assimilati attraverso l’alimentazione.

 

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Nel determinismo di tale patologia Ferdinando Terranova suggerisce un deficit di PUFA nel plasma e nei fosfolipidi delle membrane biologiche, oltre a una riduzione dei livelli plasmatici di vitamina E e della attivita’ eritrocitaria della glutation-perossidasi. Lo stesso autore, inoltre, rileva che nella dermatite seborroica si verifica un deficit di acido linoleico (omega-6, polinsaturo) che viene sostituito da acido oleico (omega-9, polinsaturo), con conseguente imperfetta formazione delle lamelle del cemento intercorneocitario, con incremento della idrodispersione transepidermica e della desquamazione. In questa situazione verrebbero a determinarsi delle condizioni favorevoli alla proliferazione del Pityrosporum ovale, il quale svolgerebbe, quindi, un ruolo patogenetico secondario in quanto l’idrolisi dei trigliceridi prodotta da questo fungo può liberare, sulla superficie epidermica, un eccesso di FFA (cioè acidi grassi in forma libera) con effetto proinfiammatorio. La capacità del germe di formare dei perossidi dagli acidi grassi polinsaturi e dallo squalene, invece, concorrerebbe a produrre disfunzioni dei cheratinociti nel processo di desquamazione dei corneociti e nella melanogenesi. In maniera coerente la terapia consiste in un trattamento sistemico e/o locale con un antimicotico, rivelandosi quindi utile l’utilizzo periodico di uno shampoo medicato a base di ketoconazolo. Nel trattamento dell’alopecia androgenetica, proprio per quanto detto sopra a proposito del ruolo della dermatite seborroica nel determinare uno stato infiammatorio cronico del cuoio capelluto, si ritiene opportuno associare una terapia locale di cortisonici deboli, non alogenati.