Capelli bianchi

di Cristina D’Onorio

Il colore dei capelli nell’uomo non ha un’apparente funzione biologica. La perdita del pigmento è legata principalmente ai propri geni, ma può dipendere anche da cause metaboliche, iatrogene e nutrizionali.

Quando gli uomini e le donne scoprono il loro primo capello bianco si fermano a pensare e la cosa non gli risulta quasi mai indifferente. Si tratta di un’esperienza individuale, che difficilmente viene vissuta in maniera analoga perché dipende da molti fattori e in primo luogo dall’età in cui si verifica. Il meccanismo biologico per cui il capello perde il proprio colore naturale può essere di natura fisiologica, legato più o meno all’invecchiamento cronologico, o essere dovuto a condizioni parafisiologiche e patologiche. In ciascuno di questi casi il vissuto di questo fenomeno non dovrebbe essere trascurato perché può costituire motivo di disagio o di aggravamento di particolare condizioni in cui l’autostima del paziente è già bassa o in preoccupante declino. Studi epidemiologici ben controllati dimostrano che non si può fissare un’età cronologica a cui legare l’inizio dell’ingrigimento della chioma. Mediamente i primi capelli bianchi compaiono sia nei maschi che nelle femmine intorno ai 40 anni, ma si parla di canizie prematura solo quando il processo inizia prima dei 20-25 anni.

Il ciclo di produzione del pigmento melaninico segue quello del capello così che il centinaio di melanociti, che sono riscontrabili in ogni follicolo da cui origina un pelo terminale, sono molto attivi durante la fase di anagen mentre sono quasi inattivi durante il periodo telogen. La loro secrezione è geneticamente definita per quanto riguarda il tipo di pigmento, rispettivamente la eumelanina, per lo spettro di colori che va dal castano al nero, e la feomelanina per le sfumature dal biondo al fulvo.

Ma non sono solo le persone con i capelli scuri quelli in cui il capello diventa bianco, perché anche nei biondi e nei rossi il follicolo pilifero va incontro alla scomparsa dei melanociti dell’unità pilare e alla conseguente depigmentazione del fusto del capello. La differenza consiste però nel fatto che la percezione del colore bianco è evidentemente più facile nell’ambito di una capigliatura scura rispetto a quanto può apparire in una chioma più chiara. Due ulteriori acquisizioni della ricerca tricologica assumono una particolare importanza per la comprensione della canizie.

Primo: nel capello il numero dei melanociti non si riduce progressivamente e il colore non si perde in relazione al passare degli anni, ma al contrario la loro scomparsa all’interno di ogni unità pilare è relativamente rapida. Volendo ancora una volta collegare il ciclo del capello a quello della produzione del pigmento, si può dire che nel tempo necessario a una crescita di circa 1 – 1,5 cm di capello il colore cambia passando prima al grigio e poi al bianco. Ma perché i melanociti muoiono così all’improvviso? Per il momento esistono soltanto alcune ipotesi che però possono servire a spiegare non solo la scomparsa dei melanociti stessi ma anche lo stretto legame della canizie con le diverse condizioni in cui essa si manifesta. Nel caso di un incanutimento fisiologico, in età regolare, si può immaginare che nel codice genetico di ognuno di noi ci sia scritta l’età a cui il fenomeno deve iniziare. Così pare che, intorno ai 50 anni, oltre la metà della popolazione in buona salute abbia almeno il 50% di capelli bianchi. Alcuni studi dimostrano che con l’invecchiamento il segnale proveniente da più geni determinerebbe una graduale riduzione dell’attività tirosinasica nei melanociti del bulbo, con un conseguente accumulo endocellulare di metaboliti intermedi tossici, composti Fenolici e Catecolici, DOPA e Tirosina, capaci di provocare la morte dei melanociti stessi. La conferma di una ipotesi strettamente genetica, indipendente però dall’invecchiamento cronologico, si riscontra in patologie rare quali la sindrome di Lisom, la distrofia miotonica e la Neurofibromatosi di Recklingausen. Nei casi di canizie che si manifestano in corso di malattie, anemia perniciosa o di malassorbimento la spiegazione avanzata è invece che la fine delle cellule melaninocitarie sarebbe provocata da una riduzione dell’apporto nutrizionale, lo stesso che può verificarsi parzialmente con l’invecchiamento. L’osservazione che la canizie si accompagna spesso alla vitiligine e all’alopecia areata tempo addietro aveva fatto pensare che a provocare la morte dei menociti ci fossero meccanismi autoimmuni, una teoria che però non ha trovato le necessarie conferme.

Per certo invece si sa che a provocare il blocco dell’attività tirosinasica, con successiva autointossicazione dei melanociti, possono essere diversi farmaci come la clorochina e l’idrossiclorochina, se somministrati per lunghi periodi, altre molecole che interferiscono con i processi di cheratinizzazione, la radioterapia e sovraddosaggi di zinco. Per la canizie, inoltre, si conoscono anche cause metaboliche come la fenilchetonuria (deficit a cascata di fenilanalina, tirosina e melanina) e la omocistinuria in cui i capelli diventano grigi per una mancanza dell’enzima cistationina sintetasi mentre in letteratura sono riferiti casi di decolorazione chimica accidentale. Molto si è discusso sull’incanutimento da stress, successivo a un episodio di febbre altissima, da grande spavento o dispiacere, che si verificherebbero nell’arco di poche ore, in particolare di una notte.

Molti raccontano di avervi assistito ma per lo più i dermatologi tendono a considerarli aneddoti o episodi di difficile spiegazione scientifica. Parlare di terapia della canizie potrebbe sembrare assurdo a quelle persone che non tengono in conto la componente psicologica di questo processo, fisiologico o patologico che sia. Eppure, così come vanno ricercate eventuali cause eziologiche da rimuovere, se si ritiene necessario, suggerire un colorante temporaneo o permanente può far parte di una presa in carico del paziente che pur non riuscendo a garantire la soluzione del problema originario, potrebbe almeno contribuire a ridurre la componente del disturbo estetico che, come si sa, talvolta assume una particolare e inaspettata importanza nella vita dell’individuo. Per finire, alla domanda se è possibile prevenire o ritardare l’ingrigimento dei capelli è difficile dare una risposta esaustiva. Stante all’analisi appena conclusa delle cause genetiche, metaboliche iatrogene e nutritive che possono provocare prematuramente il fenomeno qualcosa si può certamente fare e una grande opportunità può venire da un miglioramento della dieta o dal ricorso a farmaci ad attività antiradicali liberi. Attenti poi a sottovalutare l’aiuto psicologico che il counseling medico può assicurare al soggetto, nel facilitargli l’accettazione delle modifiche che inevitabilmente si accompagnano al passare degli anni e alle trasformazioni del proprio corpo e della propria immagine.