Trattamenti contro la dei caduta capelli: spiegare ogni tecnica per evitare delusioni
di Pietro Lorenzetti , Specialista in Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica e neo Presidente ISHR
Tanti sono i prodotti in commercio per arrestare la caduta dei capelli, così come metodiche proposte dal chirurgo che possono dare buoni risultati. Gli italiani vorrebbero mettersi le mani nei capelli: c’è la crisi, la disoccupazione e sono persino usciti dal mondiale, eppure, ironia della sorte, anche i capelli scarseggiano. Colpa dello stress e delle preoccupazioni, oltre alle note cause genetiche e ormonali che rendono le chiome dei connazionali sempre meno folte. E quando decidono di risolvere il problema e ricorrere a un trattamento professionale si trovano in una terra di nessuno in cui i pazienti vengono attratti da false speranze, ossia interventi light a basso costo. Ne abbiamo parlano al recente Congresso dell’ISHR a Siracusa che ha riunito dermatologi e chirurghi plastici. L’approccio multidisciplinare è fondamentale, così come la conoscenza delle patologie cutanee che possono essere causa di calvizie. In alcuni casi, infatti, la caduta è transitoria e reversibile. E anche se la caduta dei capelli non è una vera malattia ma un fenomeno para-fisiologico, chi perde i capelli sviluppa un disturbo nell’immagine di sé, bassa autostima e sofferenza che devono essere prese in considerazione poiché la fragilità nell’immagine porta a dubitare di sé anche in altri ambiti. La constatazione del problema spesso non passa attraverso la valutazione di uno specialista. In molti casi si cerca una soluzione fai da te, dando fiducia ai claim pubblicitari. Si tratta di un percorso costellato di illusioni e delusioni e non di rado a spese non indifferenti senza arrivare alla soluzione del problema.
Le persone cercano informazioni in Rete e sono attratte da tecnologie vendute come innovative che magari non hanno alle spalle ricerche scientifiche serie che ne certifichino la validità. è una strada piena di ostacoli che parte dalla lozione (poco utile in caso di alopecia androgenetica), passa attraverso la stimolazione con dispositivi acquistati su internet che emettono una luce che dovrebbe rivitalizzare il follicolo pilifero e arriva molto tardi ai metodi che funzionano davvero: dai farmaci, che devono essere somministrati e monitorati dal medico anche per controllare l’aderenza alla terapia e gestire eventuali effetti collaterali alla chirurgia plastica con l’autotrapianto. Oggi inoltre è proposto anche per la calvizie un intervento poco invasivo di medicina rigenerativa che si basa sul prelievo di una fiala di sangue dal paziente che viene separata dagli altri elementi e del quale viene utilizzato il plasma da impiantare sul cuoio capelluto. La PRP, questo il suo nome, è già utilizzata nella medicina estetica del volto come trattamento biorivitalizzante e può rappresentare un trattamento adiuvante il trapianto e migliorarne l’esito e l’outcome in quanto stimola la produzione di fattori trofici cutanei. Il diradamento, che si evidenzia come iniziale segno premonitore di una Alopecia di tipo ormonale (AGA), non sempre è conseguente a una riduzione del numero dei capelli ma spesso deriva da un loro progressivo assottigliamento. I follicoli interessati producono un pelo corto, chiaro e sottile, indice di un processo di miniaturizzazione che interessa la regione colpita e che si mescola a capelli di vario spessore, colore e lunghezza corrispondenti a varie fasi del processo di miniaturizzazione. Nell’AGA questo processo interessa solo i follicoli androgeno-dipendenti che sono presenti nelle regioni fronto-temporali e nel vertice.
Vengono tipicamente risparmiate le regioni parietali laterali e la regione nucale dove i follicoli mantengono la loro insensibilità agli androgeni anche quando sono capelli trapiantati nelle zone affette da calvizie (principio della dominanza del donatore). I tipi di AGA descritti da Hamilton per l’uomo si osservano anche nella donna. In questa, la calvizie si presenta più comunemente come un diradamento di capelli della regione coronale con preservazione della linea di attaccatura frontale. Questo tipo di calvizie è stata descritta per la prima volta da Ludwig. secondo questa classificazione: al I grado corrisponde l’assottigliamento dei capelli nella regione coronale. La progressione al II grado determina un’altra rarefazione a livello coronale con preservazione della frangia. L’ultimo grado, il III, si presenta come una calvizie pressoché completa della regione coronale. Negli stadi iniziali dell’AGA in una donna la perdita di capelli può essere diffusa. In questi casi sarà opportuno raccogliere un’anamnesi farmacologica, prescrivere i test di funzionalità tiroidea, consigliare un’ecografia ovarica, verificare la concentrazione sierica di ferritina, per escludere altre cause di alopecia diffusa. Al momento attuale l’unica soluzione alla calvizie è l’autotrapianto di capelli che si esegue con due tecniche: la FUE e la FUT e che in alcuni casi possono essere combinate tra loro. Per FUE (Follicular Unit Extraction) si intende l’estrazione di singole unità follicolari mediante l’utilizzo di un punch (bisturi circolare). Tale metodica è una rivisitazione dell’estrazione di capelli mediante punch del calibro di 3-4 mm (trapianto ad “isole”) che veniva utilizzata negli anni ’60-‘90, tuttavia l’area di prelievo risultava deturpata da aree circolari cicatriziali. Il primo momento operatorio prevede l’incisione delle singole unità follicolari con punch tagliente del diametro di 1 mm o minore spinto alla profondità di circa 1.3-1.5 mm nell’area donatrice del paziente affetto da calvizie.
La direzione e l’angolo tra le unità follicolari e la superficie del cuoio capelluto non sempre coincidono con quelle del fusto del capello, di conseguenza il punch potrebbe ledere i follicoli piliferi. Per questo motivo si utilizza un punch smusso spinto alla profondità di circa 4-5 mm che separa il follicolo dai tessuti circostanti permettendone l’estrazione con rispetto della sua integrità. La tecnica FUT (Follicolar Unit Transplantation) invece è una tecnica di autotrapianto di capelli che consiste nel prelievo di una striscia di cuoio capelluto (chiamata strip) di circa 1 mm di altezza dall’area donatrice che viene suturata. Una volta ottenuta la STRIP sotto diretto controllo visivo saranno estratte le unità follicolari con microscopi o idonei occhialini ingranditori. La scelta di una o l’altra tecnica dipende dal tipo di calvizie, dalle sue cause, dal tipo di capello e molte altre valutazioni da fare in sede di consultazione. è importante che al paziente sia spiegato quello che può ottenere in modo da non incorrere in delusioni, così come va detto che la maggior parte dei capelli trapiantati è destinata a cadere nelle sei settimane successive e che questo è un fenomeno normale. I nuovi capelli, sani e forti, cresceranno nelle settimane successive al ritmo di 0.50-1 cm al mese.