La tigna del cuoio capelluto

di Andrea Marliani, Presidente SITRI (Società Italiana di Tricologia)

Tigna e capelli: il caso della tigna favosa

Sono diversi i tipi di tigna che colpiscono il cuoio capelluto. Tra le più rare vi è sicuramente la cosiddetta Tigna Favosa, una patologia ormai rara. Con il termine tigna si intende l’aggressione del capello (o del pelo) da parte di un micete. La tigna del cuoio capelluto (tìnea càpitis) si presenta con una o più chiazze eritematose, desquamanti, nelle quali i capelli sono spezzati e di aspetto impolverato (spore del fungo). A seconda del tipo di micete in causa le chiazze potranno essere singole o poco numerose, a limiti netti, rotondeggianti, di diametro fino a 5 cm, con capelli troncati 2-3 mm sopra l’emergenza dal cuoio capelluto (tigna microsporica), oppure più numerose, a limiti indistinti, di disegno irregolare e larghezza non superiore a 1 – 2 cm, con capelli troncati all’emergenza (punti neri) associati ad altri “superstiti” all’interno della chiazza (tigna tricofitica). Il contagio può derivare dal contatto con animali domestici (Micròsporum canis), animali da stalla (Tricòphyton mentagrophytes, Tricòphyton verrucosum), suolo (Micròsporum gypseum), altri esseri umani (Micròsporum audouinii, Tricòphyton tonsurans, Tricòphyton violaceum). Esistono diversi tipi di tigna che colpiscono i capelli e risulta piuttosto interessante cercare di indicare le peculiarità e le differenze.

Tigna del cuoio capellutoNella tigna microsporica, da noi più frequente, l’esame microscopico “a fresco” del capello ammalato e delle squame mostrerà spore e filamenti, specialmente piccole spore attorno al capello, tipo ectotrix, o anche filamenti all’interno del capello, tipo endotrix, e/o filamenti ed artrospore nelle squame. Nella tigna tricofitica il capello mostra al suo interno numerose artrospore in catene parallele e filamenti con il tipico aspetto endotrix (capello a sacchetto di noci) mentre poche spore sono visibili all’esterno in posizione ectotrix. La tigna, se ben curata, guarisce definitivamente in 4-6 settimane. Nel Kèrion alcuni dermatofiti, e in particolare i tricofiti zoofili sopra ricordati, determinano perifollicoliti e follicoliti profonde e suppuranti che successivamente si fondono dando origine a chiazze rilevate fortemente eritematose, sormontate da formazioni papulo-nodulari e pustolose dalle quali fuoriesce pus in quantità abbondante in seguito a pressione anche modesta. I capelli che si trovano all’interno delle chiazze vengono inizialmente troncati dal micete e successivamente eliminati definitivamente dal processo suppurativo cicatriziale. La tigna favosa, conosciuta anche col semplice appellativo di Favo, è una micosi del cuoio capelluto determinata di solito dal Tricòphyton schonleinii, antropofilo, e, più raramente, dai Tricòphyton quinckeaneum e gallinae (in questo caso si parla di tigna favosa dei polli). Piuttosto diffusa fino a qualche anno fa nelle campagne, oggi è decisamente rara e la sua presenza è limitata a sole poche regioni in italia. Essa si presenta con chiazze eritemato-squamose perifollicolari centrate da una pustola (abbastanza grande) che successivamente si apre lasciando una patognomonica depressione giallastra a scodellina (scùtulo), di 5-7 mm di diametro, dallo sgradevole odore di “urina di topo”, costituita da ammassi di filamenti miceliali, spore e lamelle cornee disposte in modo concentrico attorno al follicolo.

Tigna favosaL’esame alla luce di Wood evidenzia una fluorescenza giallo-verdastra. Gli scutuli possono estendersi in modo centrifugo raggiungendo i 2-3 cm di diametro e confluire poi in ampie masse crostose giallo-verdastre, stratificate e friabili, all’interno delle quali si possono trovare dei capelli assottigliati, opachi, decolorati, “impolverati” e facilmente asportabili. La terapia è prolungata e, se non effettuata correttamente e precocemente, può non impedire l’evoluzione finale in alopecia cicatriziale (caratteristicamente all’interno delle chiazze permangono ciuffi di capelli superstiti). La prima misura da adottare, quando ci si trova davanti a un caso di contagio è l’isolamento del malato. Vengono poi puliti attentamente gli scutuli e le croste con un’accurata rasatura e si eliminano i peli più vicini alla lesione. A questo punto si procede con l’applicazione di pomate e lozioni ad azione fungicida come zolfo e iodio. La resistenza alla terapia, che si incontrava un tempo, è oggi eliminata dall’azione della griseofulvina che va somministrata anche per 2 mesi. La malattia ha andamento cronico e quando è circoscritta non dà luogo a disturbi generali. Nei rari casi in cui è largamente diffusa può determinare grave deperimento e cachessia. In alcuni casi è stata dimostrata la presenza del parassita nel sangue e la possibilità di eruzioni generali (favidi) dovute a funghi o a tossine circolanti.