di Giorgio Maggiore
Sono migliaia le specie animali che ogni anno vengono scoperte. Ma chi è che decide il loro nome e quali sono i passi da compiere affinché esso venga accettato? Recentemente è stata identificata in Australia un nuovo tipo di mosca dalle ali dorate, cui è stato dato il nome Scaptia beyoncea, in onore della cantante Beyonce Knowles. Sempre da quelle parti, una piccola medusa che si credeva rappresentasse la fase giovanile di una specie ben nota ai ricercatori, è stata riconosciuta come una specie a sé stante e pertanto è stata ribattezzata Bazinga, un termine usato in una situation comedy intitolata Big Bang Theory dedicata alle avventure di 4 geni che con difficoltà cercano di condurre un’esistenza normale tra persone dal quoziente intellettivo inferiore, per mettere in guardia da possibili scherzi della natura. L’attribuzione dei nomi nell’ambito delle scienze naturali è un processo complesso e gli esempi di nomi particolarmente strani potrebbero essere decine. Tutto nasce dal fatto che nel nostro universo esistono oltre un milione e mezzo di specie animali conosciute cui è stato dato un preciso nome, ma ne rimangono da sei a otto milioni ancora da identificare e ogni anno bisogna trovare almeno 16mila nuovi nomi per altrettante forme viventi appena scoperte. Un lavoro enorme, che non si può compiere se non ricorrendo spesso alla fantasia. Ma chi è che attribuisce il nome con cui verranno battezzate per l’eternità queste nuove specie animali e vegetali? Il processo non è facile come sembra. Per prima cosa colui che ritiene di aver identificato una nuova forma di vita deve dimostrarne la unicità attraverso una accurata descrizione comparativa e tramite un profilo genetico che ne attesti le differenze con specie similari. Il lavoro scientifico è sottoposto a una revisione accademica pressoché identica a quella attuata dalle riviste scientifiche prima di una pubblicazione. Solo successivamente viene proposto dallo scopritore un nome, tipicamente latino o greco, e la definizione come abbiamo detto può essere la più fantasiosa possibile. È il caso di un verme identificato all’interno di un fossile marino vecchio di 420 milioni di anni, dalle mandiboli più grandi del normale, che il suo scopritore ha voluto dedicare a un cantante heavy metal danese che si chiama King Diamond, oppure di un piccolissimo insetto della famiglia dei bryozoans, scoperto sulla grande barriera corallina del Pacifico, che il dott. Kevin Tilbrook ha dedicato a sua madre coniando il nome Parantropora Penelope. La proposta del nuovo termine scientifico deve però passare al vaglio della International Commission on Zoological Nomenclature (ICZN) che da circa 70 anni è l’arbitro unico in grado di dire l’ultima parola, giudicando anche eventuali controversie. L’organizzazione è composta da 27 gruppi di lavoro ognuno dei quali è diretto, su base volontaria, da scienziati di fama mondiale provenienti da tutte le parti del mondo. Pubblica una rivista che viene stampata in appena 150 copie che costituiscono la bibbia per il mondo della biologia, della zoologia e della botanica. A sostenere economicamente il lavoro svolto era finora una fondazione britannica che aveva creato un apposito fondo nel 1947, che con il tempo era cresciuto attraverso grants e donazioni, ma ultimamente a causa della crisi economica è quasi esaurito mettendo a rischio la sopravvivenza della stessa Commissione. A salvarla è arrivata però la National University di Singapore (NUS) che ha deciso di sostenerla almeno per i prossimi tre anni. Il motivo di tale interesse risiede nel fatto che Singapore e il suo pur ristretto territorio sono immensamente ricchi di biodiversità e nel corso degli ultimi tre anni qui sono state identificate almeno cento nuove specie, il che ha fatto crescere la consapevolezza di come sia importante per un piccolo Stato puntare sulla propria capacità di tutelare ogni forma di vita, anche alla luce dei cambiamenti climatici e di uno sviluppo il più possibile ecosostenibile. Si sta inoltre pensando di dedicare proprio alla biodiversità un museo che si affiancherà a quello che già oggi espone il maggior numero di piante e fiori al mondo e che è diventato una delle attrazioni più visitate della città. Sempre a Singapore si svolgeranno anche le sessioni dedicate al riconoscimento delle nuove specie e alle eventuali dispute insorte fra scienziati o laboratori. Circa 50 processi all’anno, che porteranno l’attenzione della comunità scientifica su questo piccolo ma ricchissimo Stato posto all’estremità della penisola malese, ma che ancora gode di una particolare relazione con la Gran Bretagna. E le sentenze saranno inappellabili e porteranno con sé una serie di consequenze spesso positive ma talvolta inimmaginabili dal punto di vista commerciali. Come nel caso di un gamberone gigante allevato in acqua dolce che da decenni veniva chiamato Macrobrachium rosembergii, e che tutti ritenevano uguale a quello pescato in mare. La commissione, dopo anni di studi, si è accorta che i due gamberi erano solo parenti e le aziende che lo allevavano in acquacoltura abusavano del nome a fini commerciali, producendo un volume di affari pari a circa un miliardo di dollari.
Di altra natura la disputa relativa al nome scientifico di una tartaruga presente nell’Oceano Indiano, in particolare nelle acque delle isole Seychelles, comunemente nota come Testudo gigantea. Nell’area e in altre zone del mondo l’animale era identificato con nomi diversi e questo dava luogo a una serie di equivoci e abusi che non ne permettevono la difesa come specie protetta. Ora che tutti saranno costretti a chiamare la tartaruga con lo stesso nome scientifico, la sua classificazione certa permetterà l’inserimento nella speciale lista degli animali che non possono essere pescati ma vanno difesi ovunque essi vivano o si trasferiscano naturalmente. Un’altra questione che è stata recentemente discussa e chiarita dalla International Commission on Zoological Nomenclature è relativa al moscerino della frutta, la Drosophila melanogaster, un insetto molto popolare nei laboratori di ricerca, utilizzato in particolare in studi genetici. Nel 2010 la tassonomia di questo animale era stata rivista e considerata differente da quella della specie di mosca di riferimento, la Drosophila funebris, e perciò è stato proposto un nuovo nome Sophophora melanogaster. Un nome che nonostante il severo giudizio della commissione, non ha però fatto breccia nella comunità scientifica che ancora continua a chiamare il moscerino con il suo vecchio e apprezzato nome di Drosophila.