Sono tante le cose che mi possono irritare

Quando ero bambino guardavo a mia nonna come la depositaria di tanta saggezza. Se qualcuno della famiglia stava male era a lei che ci si rivolgeva per un consiglio o un rimedio naturale. Ricordo una volta che un muratore che stava lavorando dentro casa le domandò cosa fare per la pelle delle sue mani, molto secca, ispessita e costantemente screpolata. Lei si alzo e prese una crema da un cassetto, a noi inaccessibile, un piccolo barattolo dove teneva della cera d’api che gli suggerì di applicare più volte al giorno sulla cute irritata. Sono passati molti anni e oggi mi è chiaro che, empiricamente, mia nonna stava utilizzando la forte presenza di lipidi idrorepellenti contenuti nella cera per coprire la pelle e proteggerla dalle sostanze esterne, mantenendola, allo stesso tempo, ben idratata. Certamente non sapeva che si trovava di fronte a una dermatite da contatto irritativa (DIC), probabilmente cronica, provocata dal cromo e/o dal cobalto presente nel cemento. A seguito di una maggiore attenzione nei riguardi della salute dei lavoratori oggi sappiamo che questa infiammazione della pelle, scatenata dall’interazione con sostanze irritanti, è molto diffusa in ambito lavorativo ma si riscontra frequentemente anche al di fuori del contesto professionale, potendo arrivare a colpire fino al 15-20% dell’intera popolazione. La forma più nota è la cosiddetta dermatite da pannolino dove a scatenare l’irritazione sono le urine e le feci, cui si aggiungono la frizione e l’azione occlusiva esercitata dal pannolino stesso. In generale, il dermatologo esperto diagnostica una dermatite irritativa da contatto in base alle lesioni cutanee e a un’anamnesi positiva. Le domande vertono sul lavoro del paziente, sui suoi hobby, la partecipazione ai lavori domestici, il tipo di indumenti indossati, l’uso di farmaci topici o di cosmetici. Queste informazioni lo aiutano a capire a quali sostanze egli sia stato esposto, in maniera acuta o cronica, ove l’agente sia a basso potenziale irritante. Per una diagnosi differenziale con la dermatite allergica da contatto (DAC), che come è noto ha una sua patogenesi immunologica, va ricordato che la forma irritativa ammonta all’80% di tutte le dermatite da contatto e che, in quest’ultime il sistema immunitario non è attivato (patch test negativo). Importante anche tener presente la localizzazione delle lesioni: la dermatite irritativa è generalmente limitata all’area di contatto con la sostanza, mentre la forma allergica da contatto può estendersi ad altre zone, anche distanti dal focolaio primario. Inoltre, la dermatite da contatto irritativa è caratterizzata più dal dolore che dal prurito, sintomo prevalente invece nella forma allergica. I segni dell’irritazione variano da una lieve reazione eritematosa, talvolta sanguinamento, croste, erosioni, pustole, bolle ed edema. Da ricordare che la dermatite da contatto irritativa si manifesta con più frequenza tra i soggetti affetti da dermatite atopica, nei quali può anche dare inizio a una sensibilizzazione immunologica, che può scatenare poi una dermatite da contatto allergica. Ai fini della prevenzione ci si è concentrati molto su quali fattori possano aumentare la suscettibilità cutanea allo sviluppo di una dermatite irritativa da contatto: in primo luogo alla resistenza cutanea individuale che è più debole nei bambini e negli anziani. La presenza di alterazioni della barriera cutanea che facilitano la penetrazione di sostanze irritanti, tipica di eczema e della ricordata dermatite atopica, è sicuramente un altro fattore predisponente. Allo stesso modo, il passare molto tempo in ambienti caratterizzati da aria secca, umidità e temperatura elevata, che possono favorire la screpolatura della pelle. Non vanno infine trascurate quelle attività, sportive, ludiche o professionali che espongono a traumatismi cutanei, piccole ferite, abrasioni ed escoriazioni. Un punto altrettanto importante è la consapevolezza che ci sono sostanze che più che altre, per le loro proprietà chimico-fisiche, per la concentrazione dei fattori irritanti al loro interno, e per la durata e la frequenza di esposizione, sono da considerarsi potenziali agenti responsabili (sostanze chimiche: acidi, alcali, solventi, sali di metalli; oli minerali, gomme e resine, detergenti domestici o industriali, prodotti abrasivi, saponi; piante: pino, ginepro e conifere; fluidi corporei: urina, feci). La localizzazione dell’irritazione dipende essenzialmente dal tipo di esposizione, in caso di una dermatite professionale prevalgono le mani o il viso, ma può comparire su qualunque area cutanea esposta. La saliva, per esempio, può dar origine a una irritazione dell’area della bocca, mentre talvolta è il solco delle ciglia che può irritarsi a causa di un mascara non di qualità. Esistono forme, inoltre, con localizzazioni molto particolari, tipo la dermatite da contatto del condotto uditivo esterno, causata da esposizione a orecchini contenenti nickel, protesi auricolari o prodotti cosmetici (lacca, lozioni e tinture per capelli) da differenziare dalla dermatite auricolare eczematoide, che è un evento spontaneo e compare più frequentemente in soggetti atopici, con dermatite seborroica o psoriasi. Il polso è la sede privilegiata nel caso di contatto con braccialetti e orologi, ma talvolta è l’interno coscia, a causa delle monete e delle chiavi metalliche tenute in tasca. L’applicazione sulla pelle di profumi a base alcolica o di oli essenziali, ma anche il contatto con piante irritanti, o altri agenti che poi vengono attivati dai raggi UV del sole, possono dare origine a una variante della dermatite irritativa da contatto detta fototossica che si può riscontrare sulle gambe, sulle braccia e in ogni altra parte del corpo fotoesposta. La pelle dei piedi, quando entra in contatto con alcune resine o collanti impiegate dall’industria per la produzione di scarpe in cuoio e in gomma, può essere sede di dermatiti irritative da contatto, così come le ascelle, il torace o l’inguine che toccano e sfregano con indumenti fabbricati con fibre sintetiche o tinti con coloranti aggressivi a base acida o alcalina. Le categorie più colpite da forme irritative a origine professionale sono: i parrucchieri, gli artigiani, gli odontotecnici, i pittori, gli addetti all’agricoltura che maneggiano insetticidi. Anche le estetiste, e le loro clienti, sono a rischio perché le dita delle mani, e in particolare le unghie, possono essere sede di irritazioni provocate dai solventi o dai pigmenti degli smalti. Queste dermatiti possono venir trasferite alle palpebre per il semplice atto di strofinarsi gli occhi con la mano. I parrucchieri che non usano guanti, ma soprattutto i loro clienti, possono accusare una irritazione del cuoio capelluto a seguito di tinture a base di parafenilendiamina, shampoo o altri trattamenti per i capelli. Un discorso a parte merita la colofonia, una componente della resina oleosa del pino, più nota perché in grado di sensibilizzare e provocare una dermatite allergica da contatto, ma che si pensa possa causare anche dermatiti irritative. La colofonia è presente in tante referenze di uso comune (cerotti, nastri adesivi, colle, isolanti, carta) ma anche in prodotti per il make up (mascara, matite, stick per labbra) e cosmetici (cere depilatorie, maschere, saponi), nelle stoffe, nelle vernici, in detergenti, cere per pavimenti, antiruggine, nei preparati odontoiatrici, lucidi da scarpe, francobolli. Per le persone sensibili, il consiglio è uno solo: evitare il contatto diretto.