del Dr. Massimo Milani, Servizio Medico ISDIN Italia
Alcune considerazioni sugli obiettivi della ricerca farmacologica e cosmetica alla luce delle più recenti scoperte in ambito di aging cutaneo e danno cellulare.
L’esposizione ai raggi solari è causa ormai ben conosciuta e dimostrata, di un danno alla pelle sia in “acuto” (scottature) sia soprattutto a seguito di esposizione cronica. Ciò che la ricerca dermatologica ha però recentemente messo in luce, è che uno dei meccanismi principali alla base del photoaging, è il potenziale ruolo sinergico della esposizione cronica ai raggi UV e il grado di smog presente nell’aria. Lo smog fotochimico è un particolare inquinamento dell’aria che si produce nelle giornate caratterizzate da condizioni meteorologiche di stabilità e di forte insolazione. Gli ossidi di azoto (NOx) e i composti organici volatili (VOC), emessi nell’atmosfera da molti processi naturali o antropogenici, vanno incontro a un complesso sistema di reazioni fotochimiche indotte dalla luce ultravioletta presente nei raggi del sole; il tutto porta alla formazione di ozono (O3), perossiacetil nitrato (PAN), perossibenzoil nitrato (PBN), aldeidi e centinaia di altre sostanze che costituiscono la componente principale dello smog che affligge molte città ed aree industrializzate. Raggi UV e smog sembrano agire in modo complementare nell’aumentare lo stress ossidativo e il danno alle varie strutture cellulari come la membrana, i mitocondri ed il DNA dei cheratinociti.
Una ridotta funzione dei mitocondri, strutture cellulari fondamentali per la produzione di energia, ed un danno progressivo del DNA sono infatti i due meccanismi biologici maggiormente responsabili dei processi del photoaging. Inoltre il danno diretto degli UV nei confronti delle cellule della pelle, tramite le alterazioni mitocondriali e del DNA del nucleo, causano una aumentata produzione di mediatori intracellulari che stimolano la produzione di particolari enzimi, in genere appartenenti alla famiglia delle metallo-proteinasi (MMP), che causano la degradazione delle strutture che compongono la matrice del derma come collagene, elastina e fibronectina. Questo meccanismo spiega da un punto di vista tessutale uno dei processi cruciali dell’invecchiamento cutaneo quello legato cioè alla perdita di elasticità, di tono del derma e atrofia cutanea. Abbiamo già ricordato che gli effetti dei raggi UVB e UVA sulla pelle, accumulati nel tempo, sono responsabili di modifiche genetiche che portano spesso alla apoptosi (morte cellulare programmata) dei cheratinociti ma oggi è accertato che possono causare alterazioni più complesse, responsabili di trasformazione tumorale. La cheratosi attinica ed neoplasie come il basalioma e il carcinoma squamocellulare sono tumori cutanei a partenza dalle cellule dell’epidermide che vedono come fattore causante principale proprio la esposizione cronica e senza protezione ai raggi UV. Considerazioni e conoscenze che, forse, andrebbero meglio spiegate al grande pubblico degli amanti dell’abbronzatura totale e selvaggia. Cui certamente non basta avere come deterrente il fatto che il “danno” alla pelle da parte dell’esposizione solare è un documentabile “invecchiamento” precoce della cute, responsabile delle modifiche caratteristiche di un “aging” accelerato: rughe, perdita dello spessore dermico, comparsa di macchie, ridotta idratazione e perdita del normale tono cutaneo. Ciò accentua la sfida che coinvolge la ricerca dermatologica nello studio di prodotti cosmeceutici in grado di offrire una fotoprotezione la più ampia ed elevata possibile, che garantisca anche una ottima accettabilità “cosmetica” e possa aiutare un utilizzo efficace soprattutto nel lungo periodo (Kullavanijaya JAAD 2005). Studi clinici controllati (Hughes, Ann Internal Medicine 2013) hanno recentemente dimostrato come l’utilizzo quotidiano e corretto di una efficiente fotoprotezione sia infatti in grado di rallentare nel tempo il processo di photoaging. è stato tuttavia più volte dimostrato (Bech-Thomsen Photodermatol Photoimmunol Photomed 1992; Wulf HC Photodermatol Photoimmunol Photomed 1997; Azurdia Br J Dermatol 1999) che la fotoprotezione tramite le creme solari viene nella pratica eseguita in modo fondamentalmente non corretto sia in termini di giusta dose di crema da applicare sia in termini di frequenza di applicazione. Le dosi dovrebbero infatti essere “generose” (almeno 2 mg/cm2 di pelle) e applicate almeno ogni 2 ore quando si è esposti al sole. Nella realtà, si arriva solo a un 25-50% della quantità ottimale per una adeguata protezione.
Esperienze cliniche hanno poi dimostrato che il fattore principale che caratterizza l’efficienza di protezione delle creme solari è legato all’appropriatezza delle modalità di applicazione sulla pelle, in termini di uniformità e, aspetto di grande importanza pratica, di accettabilità cosmetica in maniera di migliorare l’aderenza” a un corretto ed efficace protocollo. Utile non solo per contrastare i processi e gli eventi legati al photoaging, ma anche perché può spesso rappresentare una vera strategia terapeutica in determinate categorie di soggetti e pazienti per i quali la protezione dai raggi UV si deve inserire in un piano di prevenzione secondaria del danno attinico. I soggetti affetti da melasma, quelli con gravi fotodermatosi o in trattamento con farmaci fotosensibilizzanti sono evidentemente categorie che necessitano di una fotoprotezione molto elevata e che deve essere condotta, preferibilmente, in modo continuo per tutto l’anno. Per questo scopo, dopo anni di studio e sperimentazione, recentemente è stata messa a punto nei laboratori ISDIN, una nuova tecnologia chiamata Fusion Fluid che ha permesso la formulazione di una texture utilizzata per una innovativa gamma di prodotti per la fotoprotezione. In questo modo si è in grado di offrire un prodotto non grasso, grazie all’utilizzo di una fase oleosa a base siliconica, e dalle peculiari caratteristiche di tissotropismo: ovvero la capacità di modificare la propria viscosità e fluidità quando viene utilizzato, permettendo una distribuzione più uniforme e omogenea sulla pelle. La componente degli oli siliconici riduce inoltre la tensione superficiale della formulazione per cui il fotoprotettore si applica più facilmente potendo coprire le pieghe e le irregolarità cutanee. Per queste caratteristiche la innovativa tecnologia Fusion fluid garantisce livelli di fotoprotezione molto alti pur rimanendo una texture leggera dalla elevata accettabilità cosmetica. Un aspetto non indifferente se si vuole sperare che una crema solare riesca realmente a fornire l’elevata protezione UVB e UVA che ogni dermatologo auspica e che ognuno vorrebbe avere per la propria sicurezza .