Scenari di morte, distruzioni ed eroismo al femminile

del dott. Saverio Corasaniti Presidente TAR in pensione

Una riflesione sulla guerra in Ucraina e sul ruolo da protagoniste che le donne hanno avuto e stanno avendo durante

Quasi usciti dalla paura e insicurezza psicologica causata dall’emergenza pandemica, la situazione di criticità mondiale è ripresa per la sopravvenienza della guerra surreale in Ucraina. Un Paese, ebbro della sua indipendenza e pulsante di vita e di cultura, che ”l’operazione speciale” di Putin (che sembra il tedesco con i baffetti) ha da quasi tre mesi martoriato e continua ad annientare con un permanente tsumani di missili e colpi di mortai. L’esercito di Putin ha già distrutto non solo aeroporti, postazioni militari, ponti e ferrovie ma anche palazzi, ospedali, orfanotrofi, scuole e asili in varie città, ha ucciso migliaia di cittadini inermi, centinaia di bambini, ha stuprato donne con successivo generale occultamento in fosse comuni. Tante scene di morte sono entrate nelle nostre case attraverso crude immagini che hanno determinato una pressione emotiva talmente intensa da farci dimenticare la surriferita situazione di generale malessere e smarrimento provocata dal Covid-19. Quei corpi a Bucha con le mani legate dietro la schiena e le donne (alcune incinte) disperate con bambini e vecchi nei cunicoli sotterranei delle città bombardate restano scenari indimenticabili. La predetta esecuzione di massa ha provocato inoltre circa sei milioni di profughi con vitale bisogno di essere aiutati: le famiglie e gli Stati Europei non si sono girati dall’altra parte. Trattasi di una nera pagina di storia del terzo millennio scritta da un criminale nostalgico degli imperi nazionalistici: evidenti strappi planetari, descritti e fotografati da decine di giornalisti, non ricucibili stante le atrocità e gli scempi sotto gli occhi di tutte le popolazioni occidentali. Di fronte alla predetta inaccettabile e ripugnante barbarie come potevano i Governi degli stessi cittadini “liberi” far finta di niente e non sentirsi in dovere di schierarsi a supportare il popolo ucraino invaso che, non rinunciando alla terra dei padri, continua eroicamente a difenderla? In mancanza di una informazione indipendente i cittadini russi, ai quali è stato cancellato l’esercizio dei diritti civili e politici, non possono invero conoscere e giudicare la reale crudeltà imposta dal totalitario e sanguinario Putin contro i confratelli ucraini: in una siffatta situazione di castrazione della libera stampa e di una inesistente democrazia era scontato che il fascino del potere e la guerra anche mediatica prendessero il posto della verità. I non pochi dissidenti politici e cittadini liberi in lotta per una Russia democratica e per i diritti umani, dopo essere stati etichettati come “terroristi” o “nemici del popolo”, sono scomparsi o sono stati incarcerati rendendoli muti. Nonostante l’emotività per le atrocità e la dovuta alta ammirazione per la resistenza dei militari e volontari aggrediti, la cosa che mi ha colpito di più è la forza dimostrata dalle coraggiose donne ucraine, una virtù che è riemersa allorquando la stupidità di un uomo ha mostrato, tolta la maschera, il suo volto tirannico e spietato. Moltissime di queste donne, dopo notti drammatiche nei rifuggi sotterranei con figli e qualche vecchio genitore sopravvissuti ai bombardamenti, sono fuggite per salvare gli stessi, lasciando i loro mariti decisamente determinati a combattere in difesa della patria e della loro libertà considerata un valore irrinunciabile ed incomparabile. Gestire il difficile e pericoloso esodo (molti sono stati assassinati durante la fuga) senza fermarsi e prendere fiato comportava necessariamente oltre che un pesante impegno fisico anche uno stressante carico mentale costituito, tra l’altro e soprattutto, dal permanente pensiero su cosa fare per proteggere i propri cari e dal dare agli stessi, specie ai bambini, messaggi di tranquillità e serenità: qualche pianto di sfogo avveniva con i bambini addormentati. Altre donne, soprattutto nubili, cosi come molti privati cittadini, hanno preso per la prima volta in mano i fucili decisi a combattere per la loro terra a fianco dei militari di leva. Esse non si sono tirate indietro e hanno dimostrato e stanno dando prova di essere battagliere e fortissime: qualità e capacità di reazione che il prepotente aggressore aveva sottostimato. Sia le donne profughe di necessità che quelle in armi viventi hanno testimoniato e manifestano tuttora il loro carattere “tosto” che più non si può. Tutte in definitiva meritano il più profondo rispetto e stima sostanziale per la loro tenuta fisica e mentale finalizzata alla protezione della libertà, quale dono a loro e a noi arrivato dai bisnonni e da coloro che hanno combattuto e anche perso la vita per difenderla.