Quando si è costretti a risparmiare sulla salute

del Dott. Alberto Volponi

Povertà e salute: gli italiani, sempre più poveri, cominciano a risparmiare anche sulla salute… e la soluzione non appare essere dietro l’angolo.

Volponi AlbertoIl 73,34% degli italiani, ci informa l’Eurispes nel suo annuale rapporto Italia, ha dovuto prendere atto di una diminuzione del proprio potere di acquisto. Nel corso del 2013 l’89,9% ha ridotto le spese per i regali, l’84,8 per viaggi e vacanze, l’83,5 per il tempo libero e grosso modo la stessa percentuale, 83,1, ha ridotto le spese per profumeria, estetista, parrucchiere. Addirittura l’84,8% ha cambiato marca di prodotti alimentari se più convenienti e il 72,6% si è preoccupato di andare alla ricerca di punti vendita più economici per acquistare alimenti, altri di andare a caccia, sistematicamente, di offerte speciali. Le uscite a cena fuori con la famiglia o con gli amici cominciano a diventare oggetto di vicendevoli ricordi. Insomma si fanno sacrifici, dando fondo alla ben nota arte dell’arrangiarsi tanto efficacemente praticata, in tempi di magra, dagli italiani. Ma sono in gran parte rinunce possibili, forse in qualche caso ci aiutano a migliorare la nostra capacità di spesa, a essere più attenti, scrupolosi, oculati. Un dato fornito dall’Istat però ci deve preoccupare: l’11% degli italiani rinuncia alle cure! Quanto emerge dall’indagine “Condizione di salute e ricorso ai servizi sanitari” non può non allarmarci anche perché il motivo di tale rinuncia è nell’85,5% dei casi economico. Netta è la rinuncia alle cure odontoiatriche, ben il 23%; il 9% a visite dietologiche, e qui si potrebbe fare della facile ironia a proposito di stringere la cinghia; il 47% a visite specialistiche, il 2,5% a trattamenti riabilitativi. Anche per il ricorso ai farmaci c’è un dato allarmante: il 4,1% dei cittadini è costretto a rinunciarvi non essendo in grado, nel 25% dei casi, di pagare nemmeno il ticket! Del resto si contano ormai un milione e settecentomila famiglie in condizione di povertà assoluta ovvero quasi cinque milioni di persone che vivono al di sotto di standard accettabili. E anche in tema di povertà lo squilibrio fra nord e sud è netto: il 6,2 contro il 26,2%. Ugualmente sperequata è la già misera spesa dei Comuni per i servizi socio-assistenziali: nella provincia di Trento si spendono 304 euro pro capite, in Calabria 26 euro! Senza interventi correttivi energici, incisivi, il quadro non potrà che peggiorare anche per il ben avviato processo di invecchiamento della popolazione: i vecchi si ammalano di più, tanto da farci concludere “non è un paese per vecchi (ma i fratelli Coen non c’entrano) ma di vecchi”. è per questo sorprendente la scarsa attenzione per il sistema Welfare del nuovo governo Renzi, in cui tuttavia siamo costretti, per altri versi, ad aggrapparci speranzosi. Non vi è, infatti, nel diluvio di parole e proposte che ci inondano quotidianamente, un impegno a una riforma globale del Welfare in tutti i suoi capisaldi: lavoro, sanità, assistenza che oggi hanno come decisori rispettivamente lo Stato centrale, le Regioni, i Comuni. La sensazione è che si proceda ancora per capitoli, senza un’analisi complessiva e quindi una risposta organica e unitaria. Risposta che si impone non solo per motivi economici ma per il superamento di modelli così ingiusti e iniqui che il Presidente Napolitano bollò come “degenerazione parassitaria del Welfare all’italiana”. Non è semplice, tutt’altro, anche perché bisogna ripartire dalle fondamenta, mattone per mattone. L’imperversare negli ultimi decenni di una ideologia del successo fondato sull’egoismo e sull’individualismo ha comportato una deformazione antropologica della nostra società con l’esaltazione dell’homo oeconomicus oscurando tutti gli altri valori, in primis la solidarietà, il senso di appartenenza a una comunità, le ragioni dello stare insieme. Bisogna ripartire da qui. Per ora sentiamo riecheggiare le note della tromba di Louis Armstrong e le parole di Ella Fitzgerald della struggente Stormy Weather: “i tempi sono bui, il mio uomo mi ha abbandonato e fuori continua a piovere”. Vorremmo che fosse solo nostalgia della nostra gioventù e non un perenne stato d’animo.