Quanti enzimi sulla pelle!

L’identificazione di una ampia lista di enzimi che agiscono a livello dello strato corneo apre la strada a una diversa interpretazione etiopatogenetica di molte patologie cutanee. E alla possibilità di nuovi trattamenti.

La dermatologia è una disciplina matura. Frequentandone i congressi, nazionali e internazionali, ci si accorge che le vere novità arrivano quasi esclusivamente da discipline e campi di studio diversi, in particolare dalla biologia molecolare, dalla genetica, dall’oncologia e dalla farmacologia clinica. Certamente un limite ma anche uno stimolo per quei dermatologi che non si accontentano di confinare la loro conoscenza alla sintomatologia e al relativo prontuario terapeutico, ma vogliono invece approfondire lo studio dell’eziologia e della patogenesi di molte condizioni, nei cui riguardi la clinica sembra già aver detto tutto. Nell’ultimo Congresso della European Academy of Dermatology and Venereology, tenutosi lo scorso mese a Londra, c’era l’opportunità, per chi ha saputo coglierla nell’ambito di un nutrito programma scientifico, di sentir parlare del problema della pelle sensibile da un punto di partenza estremamente originale: l’attività e le alterazioni degli enzimi dello strato corneo.

“Da alcuni anni, infatti – a detta del Prof. Antony Vincent Rawlings, coordinatore del seminario satellite su “Enzyme protection for activation of skin’s own defence” – lo studio della biologia dello strato corneo ha messo in evidenza, oltre la struttura, la composizione, la formazione e la funzione del corneo, anche l’esistenza di un ampio catalogo di enzimi la cui complessità non è ancora del tutto chiarita. I ricercatori stanno ancora mettendo a punto un modello molecolare che illustri le interazioni fra ceramici, colesterolo e acidi grassi, e tanti altri enzimi (proteasi, filaggrinasi, Tgasi, lipasi, glycosidasi, beta glucocerebrosidasi, ecc.) che contribuiscono all’attività del Natural Mosturizing Factor (NMF) e alla ottimale funzione barriera dello strato corneo”. Secondo il dott. Andreas Schepky, che per alcuni suoi studi sugli enzimi cutanei, a gennaio 2005 ha ricevuto un prestigioso premio dalla Society of Cosmetic Scientists, “la condizione nota come sensibilità cutanea sarebbe dovuta a uno squilibrio fra gli stimoli aggressivi esterni e i fattori protettivi endogeni, gli enzimi cutanei, in particolare l’enzima triptico (SCTE) che porta alla proteolisi dei corneodesmosomi, importante passo nei processi di desquamazione e irritazione cutanea”.

La particolarità della struttura biochimica della barriera cutanea, e il suo processo di maturazione che è mediato da una transglutaminasi, si riconferma in molti studi che hanno dimostrato come nella cute umana sia identico il ruolo proteolitico svolto da enzimi endogeni simili alla catepsina epatica e alla chimotripsina pancreatica, la cui azione è condizionata direttamente dalla presenza di un pH acido. Il rapporto fra pH dello strato corneo e funzione di barriera è oggi ben conosciuto, però, si è in grado di dire che questa relazione è influenzata da più meccanismi che dipendono direttamente dall’attività di enzimi endogeni responsabili della formazione di aminoacidi, acidi grassi, e della diffusione di protoni (H-). In altre ricerche la misurazione dei livelli di corneodesmosina, desmoglein 1, e placoglobina ha dimostrato che questi enzimi sono significativamente più alti in una pelle xerotica, in confronto a una cute normale. Un capitolo a parte è quello delle ceramidi di cui è stato accertato un ruolo nella regolazione sia dell’apoptosi, che della differenziazione, trasformazione e proliferazione cellulare.
Questi sono solo alcuni dei dati presentati a Londra, ma la ricerca sugli enzimi cutanei sembra far prevedere uno scenario in cui a ogni patologia si potrà, probabilmente, collegare l’alterazione enzimatica sottostante. La maggiore conoscenza del ruolo degli enzimi, infine, permetterà di identificare in maniera più specifica, il tipo di danno provocato da tante sostanze e da particolari surfactant normalmente presenti in cosmetici e detersivi.
L’uso nei cosmetici di sostanze destinate alla protezione degli enzimi dello strato corneo che svolgono importanti ruoli per l’ottimale funzionamento della barriera cutanea oggi appare, infatti, una strategia estremamente interessante. Disturbi nella composizione della componente lipidica, in particolare del livello dei ceramidi e delle fitosfingosine che li contengono, sono spesso dovuti proprio ad alterazioni enzimatiche e conducono a stati visibili di pelle irritata, secca e sensibile. Nei laboratori della azienda tedesca BDF Beiesdorf, da diversi anni, si studia l’effetto protettivo di un composto a pH acido, contenente una miscela di Glicerina, Dexpanthenol e Citrate Buffer (pH 5).

In un recente studio a doppio cieco che si è avvalso dell’utilizzo di un sistema di controllo basato sulla tripsina, in grado di valutare gli effetti di vari surfactant sugli enzimi cutanei, si è visto che il prodotto, al giusto livello di pH, proteggeva significativamente l’attività enzimatica, con evidenti vantaggi clinici. Lo stesso tipo di valutazione può essere applicato nella scelta delle formulazioni di altri prodotti, e in particolare degli shampoo, che spesso si basano su molecole complesse che nel processo di pulitura del capello rischiano di influenzare e alterare la naturale azione fisiologica degli enzimi, favorendo involontariamente, l’istaurarsi di condizioni di maggiore sensibilità e finanche di irritazione del cuoio capelluto. Secondo i partecipanti al Seminario Satellite dell’EADV, con lo studio degli enzimi cutanei e la messa a punto di un sistema di valutazione e di interpretazione della condizione di pelle sensibile, c’è la speranza che si possa andare oltre l’attuale concetto di sensibilità, variabile e di difficile oggettivazione. L’argomento non è ne facile ne di dimensioni limitate, ma chi pensava che nella dermatologia fosse già stato detto tutto, questa volta sarà costretto definitivamente a ricredersi. (G.B.)