del Prof. Marco Gasparotti Specialista in Chirurgia Plastica Estetica – Roma
La ricerca esplora originali utilizzi delle cellule staminali che attirano l’interesse dei più attenti chirurghi plastici per innovativi interventi correttivi.
Negli ultimi anni la ricerca si è molto occupata delle cellule staminali e delle loro innumerevoli possibili applicazioni. Come è noto, queste cellule primordiali indifferenziate, sono presenti soprattutto nell’embrione e nei tessuti fetali, ma, in base a recenti studi, anche in alcuni tessuti adulti umani considerati, fino a pochi anni fa, completamente privi di staminali, come il cuore, il cervello e il tessuto adiposo. Le potenzialità terapeutiche nell’ambito delle patologie umane sono praticamente illimitate, vista la possibilità delle cellule staminali stesse di differenziarsi in moltissimi tipi diversi di cellule, che vanno da quelle altamente specializzate come le cellule vascolari, nervose e cardiache a quelle meno specializzate, come le cellule del tessuto connettivo.
Una delle maggiori difficoltà della terapia cellulare nell’uomo è stato finora il reperimento di un campione di tessuto umano facilmente accessibile, da cui isolare un sufficiente numero di staminali. Il midollo osseo è una sorgente ricchissima di cellule staminali, ma non è purtroppo un tessuto facilmente ottenibile, mentre il sangue del cordone ombelicale prelevato alla nascita di un bambino è una fonte più abbondante ma non è altrettanto ricco di cellule staminali. Una recente novità messa alla luce da importanti e recenti studi scientifici è legata alla scoperta che il tessuto adiposo umano adulto è una importantissima sorgente di cellule staminali mesenchimali che, con opportune tecniche di bioingegneria, possono essere indirizzate a produrre non solo tessuto adiposo ma anche vasi sanguigni, cartilagine, osso, tessuto nervoso, insomma molti tipi di cellule diverse del nostro organismo. Da queste ricerche sappiamo che quanto più le cellule sono prelevate da un organismo giovane, tanto più sono ricche di cellule staminali attive e quindi utilizzabili. Come evidente, inoltre, il tessuto adiposo, oltre ad essere ricco di staminali, è facilmente accessibile potendolo prelevare nel sottograsso del donatore, sia a livello di pancia che di ginocchia, in anestesia locale, con una microsiringa.
Questa semplice operazione, che richiede pochi minuti, mette a disposizione del ricercatore una sufficiente quantità di tessuto necessario per l’isolamento di cellule staminali, cosa che rende attualmente il tessuto adiposo la sorgente principale di cellule staminali adulte umane.
Dal campione di grasso prelevato le cellule staminali estratte possono essere moltiplicate in vitro e conservate in appositi congelatori che ne possono mantenere l’integrità biologica per tutto l’arco di vita del donatore. Essendo inoltre abbastanza facile ottenere queste cellule in coltura, negli Stati Uniti, ma ormai anche in Europa, stanno nascendo delle vere e proprie Banche di cellule staminali che saranno a disposizione del donatore per poter poi essere utilizzate, al bisogno, per ricostruire osso o muscoli in caso di incidenti o tumori, cartilagine nei casi di gravi artrosi dell’anca, vasi sanguigni nei casi di infarto del miocardio o ischemie, tessuto adiposo, e forse anche per la rigenerazione dei nervi.
Recentemente, nel corso del 57° Congresso Nazionale di Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica si è molto discusso sul possibile utilizzo di cellule staminali in Chirurgia Plastica sia nei casi di ricostruzione del seno in seguito a mastectomia per tumore della mammella che per l’aumento del seno a fini estetici. Insieme al prof. Giulio Alessandri (Istituto Neurologico C. Besta di Milano) ricercatore ed esperto internazionale nel campo delle cellule staminali mesechimali e vascolari, e al prof. Antonio Crovace, (Istituto di Veterinaria dell’Università di Bari) stiamo cercando di mettere a punto dei possibili protocolli e siamo in molti a ritenere che in un prossimo futuro – si pensa entro i prossimi 3/4 anni – l’impianto di cellule staminali potrebbe completamente sostituire l’uso delle protesi.
La ricerca sulle cellule staminali in Chirurgia Plastica si sta anche interessando alla progettazione di uno ‘scaffold’, ossia una struttura molto simile a una protesi, fatta di sostanze naturali come acido ialuronico o arginato, che potrà essere riempita di cellule staminali e inserita sotto pelle come se fosse una protesi. Secondo i ricercatori, questo materiale verrà lentamente riassorbito, ma permetterà alle cellule staminali di formare tessuto grasso e vasi sanguigni. Sostituendosi completamente allo scaffold, il nuovo tessuto, nel caso della mammella, servirà a ingrandire oppure ricostruire il nuovo seno
Cellule staminali e ringiovanimento cutaneo
Fibroblasti coltivati in vitro la nuova frontiera dell’antiaging: una innovativa tecnica per il ringiovanimento cutaneo, mutuata dall’ingegneria dei tessuti, è stata presentata al 57.mo Congresso Nazionale di Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica. Messa a punto da Bioscience Institute, in collaborazione con importanti centri di ricerca universitari italiani, consiste nel crioconservare le cellule della propria pelle, quando sono ancora giovani e attive, per poterle utilizzare alla comparsa dei primi segni di invecchiamento. Lo studio clinico,
condotto dal gruppo di ricerca del dermatologo Roberta Lovreglio di Bari, ha confermato istologicamente l’effettivo ringiovanimento cutaneo. Si tratta di una metodologia che utilizza la naturale capacità dei fibroblasti a produrre collagene ed elastina che si riduce a causa dell’invecchiamento, con il risultato che la pelle appare più sottile e meno tonica. Coltivare in vitro i fibroblasti estratti da un piccolo campione di cute prelevato dal paziente, permette di disporre in poco tempo di un elevato numero di cellule attive e vitali. Congelando i fibroblasti se ne blocca l’età biologica, al momento in cui viene effettuato il prelievo di cute. ”Conservare cellule sane prelevate in un’età antecedente a quella in cui verranno impiegate, permette di disporre di fibroblasti con caratteristiche di vitalità e capacità riproduttiva più elevate rispetto all’età biologica del pazientè’, ha dichiarato Nicolò Scuderi, direttore del dipartimento di chirurgia plastica e ricostruttiva dell’Università La Sapienza di Roma. La procedura è semplice e sicura: il medico, in ambulatorio, effettua un piccolissimo prelievo di cute (3mm2) da dietro l’orecchio e lo invia presso i laboratori del Bioscience Institute a San Marino dove vengono estratti i fibroblasti e conservati in azoto liquido a – 198° C per numerosi anni. Per i successivi interventi di ringiovanimento cutaneo, i fibroblasti, una volta arricchiti di vitamine, aminoacidi, minerali, acidi nucleici e coenzimi, saranno pronti per essere iniettati nelle zone cutanee da trattare. I test di sterilità, effettuati prima dell’impianto, evitano ogni rischio di infezione e l’utilizzo di aghi di solo 2 mm di lunghezza limita notevolmente la formazione di ecchimosi ed eritemi. Infine non va dimenticata la possibilità di adoperare queste cellule anche per fini terapeutici, ad esempio in caso di ulcere cutanee e ustioni.