di Giorgio Bartolomucci
L’uso di ultrasuoni a bassa frequenza può determinare un complesso fenomeno che è alla base di nuovi sistemi utilizzati in chirurgia e medicina estetica.
La Cavitazione, una metodica basata sull’uso di Ultrasuoni a bassa frequenza che, per alcuni aspetti di originalità, sta assumendo una grande importanza pratica nell’ambito della Medicina Estetica. Iniziamo con alcune premesse elementari sugli Ultrasuoni, che speriamo non annoino chi conosce a fondo la materia. Il suono è la sensazione data dalla vibrazione di un corpo la cui oscillazione si propaga nell’aria o in un altro mezzo elastico, con una certa frequenza, raggiungendo l’orecchio. Il numero di oscillazioni (variazioni di pressione) al secondo viene chiamato frequenza del suono misurabile in cicli al secondo ovvero Hertz (Hz). Il campo uditivo dell’uomo va da 20 Hz fino a 20.000 Hz. La lunghezza d’onda rappresenta lo spazio percorso dall’onda sonora in un periodo completo di oscillazione. Gli ultrasuoni sono delle onde meccaniche sonore, le cui frequenze sono superiori a quelle mediamente udibili da un orecchio umano e il termine ultrasuono indica chiaramente ciò che è al di là del suono.
Come ogni altro fenomeno ondulatorio gli ultrasuoni sono soggetti a fenomeni di riflessione, rifrazione e diffrazione e possono essere definiti mediante la frequenza, la lunghezza d’onda, la velocità di propagazione, l’intensità (misurata in decibel), l’attenuazione (dovuta all’impedenza acustica del mezzo attraversato). Da anni le onde meccaniche degli ultrasuoni, appositamente generate per mezzo di materiali piezoelettrici, sono utilizzati in diversi settori dell’industria, soprattutto per la saldatura di materiali plastici, e per il controllo delle saldature fra metalli. In questo secondo caso, gli ultrasuoni si propagano nel metallo e ogni volta che nella saldatura in questione è presente un’imperfezione (bolla d’aria, accumulo di impurezze, ecc.) la densità cambia rispetto al resto e parte degli ultrasuoni vengono riflessi, come un eco, aiutando l’operatore a individuare la posizione del difetto. Lo studio della propagazione delle onde degli ultrasuoni nell’uomo, ha invece permesso di costruire strumentazioni mediche eco-diagnostiche da tempo utilizzate in ginecologia, gastroenterologia, angiologia e cardiologia, le quali, sfruttano l’eco di ritorno derivante da un fascio ultrasonico che si propaga all’interno del corpo umano e viene rallentato in maniera difforme dalle diverse strutture anatomiche attraversate. Ma la ricerca ha anche messo in evidenza che proprio a causa della differente impedenza acustica dei vari tessuti, in quest’ultimi vengono a determinarsi diversi effetti biologici, fra cui, il primo e forse più conosciuto, è l’Effetto Termico che ha determinato l’originale ricorso agli ultrasuoni con funzione antidolorifica in ortopedia, fisiatria e medicina dello sport e, in campo estetico in particolare per il trattamento delle adiposità localizzate e della cellulite. La spiegazione di come si viene a determinare l’aumento di calore nei tessuti è abbastanza semplice: penetrando nei tessuti biologici, le onde perdono energia, cedendola al sistema che attraversano. L’energia ceduta si converte in calore con un significativo innalzamento della temperatura locale, specialmente a livello dell’interfaccia tra tessuti a differente impedenza acustica (es. osso/tessuti molli), e un aumento della microcircolazione. Una parte di calore viene comunque dissipata proprio grazie al maggior flusso sanguigno.
Passiamo ora a esaminare gli Effetti Non Termici, legati alla propagazione delle onde ultrasoniche. Si tratta di due fenomeni ben distinti. Il primo gruppo comprende diversi effetti biochimici e biologici, oltre a effetti meccanici dovuti alla forza esercitata dalle onde sonore sulle cellule che così subiscono microspostamenti verso zone a minor pressione, vanno incontro a fenomeni di torsione e rotazione, con la formazione di piccoli vortici nei liquidi interstiziali (streaming). Queste variazioni di pressione generano possibili alterazioni della permeabilità delle membrane cellulari e, ove si tratti di cellule adipose la liberazione di molecole complesse quali i grassi in essi contenuti, che vengono poi immessi nel sistema circolatorio e, in gran parte, smaltiti attraverso il sistema linfatico e il microcircolo. Altro fenomeno non termico è quello della Cavitazione.
In alcuni campi d’applicazione industriale degli ultrasuoni la cavitazione è considerata un fenomeno indesiderato e fonte di problemi. Essa si verifica a seguito dell’applicazione di ultrasuoni in un liquido contenente del gas disciolto, poiché l’abbassamento locale di pressione a un valore inferiore alla tensione di vapore del liquido stesso, determina un cambiamento di fase a gas e la formazione di numerosissime micro-bolle contenenti vapore o gas. La cavitazione nei liquidi può essere stabile, quando il diametro della microbolla subisce oscillazioni cicliche in rapporto alle variazioni pressorie dell’onda acustica ma, ciò nonostante, la microbolla tende a non rompersi perché la pressione interna del vapore eguaglia la pressione del liquido circostante. Oppure si parla di una cavitazione instabile quando la bolla resiste solo finché non esce dalla zona di bassa pressione idrostatica: appena ritorna in una zona del fluido in quiete, la pressione di vapore non è sufficiente a contrastare la pressione del liquido esterno e le successive onde ultrasoniche, in maniera repentina, ne determinano la contrazione e la rapida rottura. La liberazione violenta di energia cinetica, sotto forma di onde di shock, determina variazioni di pressione meccanica e scambi di calore che possono attaccare qualunque materiale solido si trovi a contatto, arrivando perfino a creare dei fori. Per esempio, in dispositivi come pompe idrauliche ed eliche delle navi, il fenomeno della cavitazione può provocare una perdita di efficienza che può arrivare fino al 3% del totale, oltre a gravi danneggiamenti dei componenti. In più la cavitazione è causa di attrito e turbolenza nel liquido, il che comporta un ulteriore calo di efficienza. La temperatura ha una notevole influenza sulla cavitazione, poichè altera la tensione di vapore: se la temperatura aumenta, la maggiore tensione di vapore facilita la cavitazione.
I fattori che invece riducono la possibilità di una cavitazione sono la forza di coesione e l’addensamento delle cellule attorno alla bolla perché limitano la diffusione gassosa e si oppongono così alla sua crescita. Gli effetti biologici correlati alla Cavitazione Numerosi studi sono stati condotti per controllare gli effetti biologici indotti dall’applicazione di ultrasuoni, e dalla conseguente trasmissione di energia ai tessuti e ai liquidi del corpo umano. Si è così visto che a seconda della frequenza, intensità e impatto delle onde sonore, l’energia assorbita può determinare modificazioni tissutali secondarie sia all’innalzamento termico, sia all’azione biochimica e meccanica, che allo sviluppo di fenomeni di cavitazione. L’indice termico (IT) e l’indice meccanico (IM) rappresentano due indicatori per la valutazione dei potenziali effetti biofisici degli ultrasuoni, mentre si ritiene che l’ampiezza della frequenza fondamentale dell’onda ultrasonica possa essere presa a indicatore della possibilità del verificarsi della cavitazione nei tessuti biologici. Al fine di fornire parametri di riferimento per l’energia emessa dal fascio ultrasonoro e sui suoi possibili rischi biologici l’American Institute of Ultrasound in Medicine ha introdotto degli indici di sicurezza (termico e meccanico o di cavitazione) e la Food and Drug Administration (FDA) ha approvato l’utilizzo di questi indici, sottolineando che essi non tengono però comunque conto della durata dell’esposizione o della temperatura corporea. Dato il diffuso ricorso alla diagnostica ecografica nelle fasi precoci della gravidanza, quando il feto è in generale più suscettibile all’azione di forze di qualsiasi genere, molte ricerche sono state condotte per valutare i rischi legati alla cavitazione acustica incontrollata e si è giunti alla conclusione che non sono attualmente dimostrati effetti dannosi correlati all’esposizione agli Ultrasuoni, nè a lungo termine nè a carico dello sviluppo neuro-psico-motorio del feto.
Applicazioni della Cavitazione
Nonostante in molti campi la cavitazione sia considerata un evento da evitare, ce ne sono altri in cui essa, procurata in maniera controllata, può essere sfruttata. Ciò avviene, per esempio, in ambito militare dove esistono siluri a supercavitazione che possono viaggiare a velocità molto elevate, oppure nei sistemi di lavaggio a ultrasuoni, per la pulizia di gioielli, parti di orologi e altri piccoli oggetti, dove le implosioni delle bolle agiscono pulendo anche le superfici più delicate e irraggiungibili. In campo medico, oltre che per la diagnosi anche in campo dermatologico, si ricorre a frequenze di onde sonore comprese fra 1 e 16 MHz sia per l’effetto termico antalgico che riescono a produrre, sia da oltre un decennio per una cavitazione controllata da usare per rimuovere i calcoli renali (litotrissia) che vengono frantumati proprio attraverso la formazione di microbolle che implodendo erodono le formazioni solide all’interno dei reni. Inoltre la cavitazione viene impiegata anche in medicina estetica per eliminare o ridurre le adiposità, una tecnica che ha preso il nome di liposuzione non chirurgica o intralipoclasica non cruenta…
La Cavitazione e la Medicina Estetica
In campo estetico si ricorre da molti anni all’applicazione di ultrasuoni a 3 MHz. Il principio su cui si è basata questa scelta è stata la consapevolezza di poter trasmettere tramite onde meccaniche una quantità di energia ben misurabile, in modo che essa fosse parzialmente assorbita dai tessuti e dai liquidi nel passaggio attraverso i tessuti del corpo umano. Agendo sulle frequenze, l’intensità e impatto delle onde sonore, si è così giunti alla certezza che l’energia assorbita possa determinare modificazioni tissutali secondarie rilevanti nella lotta a inestetismi cutanei quali le adiposità e la cellulite. Una migliore conoscenza di questa metodica e le rassicurazioni sulla sua bassissima rischiosità provenienti da studi di medicina e biologia in campi quali la ginecologia e la cardiologia, hanno portato le aziende a interrogarsi sulla possibilità di sfruttare gli ultrasuoni in campo estetico anche attraverso il loro effetto meccanico e di cavitazione. Ricordiamo che il primo è conseguente al passaggio dell’onda sonora che determina l’oscillazione delle particelle che compongono il tessuto alla stessa accelerazione e velocità del fascio ultrasonico. Le variazioni di pressione così prodotte generano, come già ricordato, effetti meccanici con alterazioni della permeabilità delle membrane cellulari e scissione di molecole complesse, per esempio i grassi e le fibre connettivali sclerotizzate. Potendo indurre attraverso onde ultrasoniche a bassa frequenza un effetto di cavitazione controllata si potrebbe riuscire, invece, a determinare la formazione di microbolle gassose nei liquidi contenuti nelle aree corporee trattate, generando alte pressioni che provocano la mobilitazione del tessuto adiposo e delle trame fibrose che compongono la cellulite.
Oggi si sa che la possibilità di dare origine a questo processo dipende dalle caratteristiche del tessuto e dalla presenza al suo interno di liquidi contenenti gas disciolti, dall’ampiezza della zona esposta, dalla pulsatività o la continuità degli ultrasuoni, dalla loro focalizzazione e pressione, dal tempo di esposizione e, in modo inversamente proporzionale, dalla frequenza ultrasonica. I dati provenienti dalla letteratura sono però ancora incompleti. Quello che si sa per certo è che, se teoricamente si applicasse, per esempio, una frequenza di 1 MHz e una intensità del fascio ultrasonoro su un solo punto, maggiore di 30 W/cm2 (potenza eccessiva perché le normative attuali fissano come limite di applicazione 3 W/cm2) si verificherebbe la crescita rapida di innumerevoli microbolle che nell’arco di pochi microsecondi collasserebbero determinando una violenta implosione: ne conseguirebbe un imponente rialzo termico e pressorio su una superficie inferiore a 1 mm2, con il disgregamento di cellule e tessuti circostanti.
Altro dato sicuro è che la soglia della cavitazione stabile in acqua è all’incirca 100 mW/cm2, mentre quella per la cavitazione instabile in acqua sarebbe pari a 1 W/cm2. Quest’ultima soglia è direttamente proporzionale alla dispersione di gas nel liquido insonato, alla temperatura e alla viscosità del liquido stesso (ciò significa che bisogna aumentare relativamente la potenza quando si trattano in vivo tessuti e liquidi biologici). Chiariamo questo concetto con un esempio. Quando si compie un esame ecografico in gravidanza, considerato il feto come immerso nel liquido amniotico, la potenza deve rimanere al disotto di 100 mW/cm2 proprio per evitare l’effetto di cavitazione, che invece può essere volontariamente ottenuto, in trattamenti estetici, ricorrendo a una potenza superiore alla già ricordata soglia (1 W/cm2) e a una bassa frequenza che parta dai 0,02 – 0,03 MHz, rimanendo però sempre al di sotto dei 3 MHz, un livello che è stato proposto come limite convenzionale d’applicazione degli ultrasuoni in campo estetico. A conclusione, solo l’anatomia umana è in grado di dare una visione completa della posizione di arterie e vene, ghiandole e organi interni, i quali potrebbero essere involontariamente raggiunti dagli ultrasuoni a bassa frequenza. Importante è anche la localizzazione e la profondità di cellulite e accumuli adiposi, aspetti fondamentali che determinano la scelta d’intensità di potenza e frequenza da applicare nel trattamento. Potenza e frequenza costituiscono, infatti, come regola generale, anche i criteri con cui si può iniziare a valutare i sistemi presenti sul mercato, non dimenticando però di tener presente la tipologia e la dimensione del manipolo singolo o multiplo, le caratteristiche degli ultrasuoni emessi, l’eventuale presenza di una fonte di raffreddamento locale che può influenzare l’effetto termico degli ultrasuoni.