La funzione del coordinatore assume una particolare rilevanza in quanto gravata da una posizione di controllo cui si ricollega una particolare responsabilità di garanzia
Continua il nostro approfondimento su temi che hanno a che fare con la valutazione penale della colpa professionale del medico. Un fenomeno relativamente antico, che non dipende da nuove norme incriminatrici né da un inasprimento delle pene, ma soprattutto dall’interpretazione data dalla giurisprudenza, negli anni divenuta di gran lunga prevalente, delle norme già esistenti. Nei due precedenti numeri abbiamo scritto della colpa medica e della responsabilità del medico, e in particolare della cooperazione e della corresponsabilità, del principio giuridico di responsabilità comune come fondamento generale della responsabilità collettiva per tutti i sanitari che operino in collaborazione. In questo articolo prenderemo in considerazione un’altra ipotesi di somma di responsabilità, quella che può venirsi a determinare negli interventi medico chirurgici coordinati da un responsabile di team medico, che la giurisprudenza ritiene che rivesta una posizione di controllo cui si ricollega una particolare responsabilità di garanzia nei riguardi del paziente. Secondo la Sentenza n. 12781 della Sez 4, della Cassazione Pen. del 7.12.2000, “l’individuazione della titolarità di una posizione di garanzia da parte di un medico nei confronti di un paziente non è subordinata alla presenza di rapporti con la struttura sanitaria ma all’effettivo esercizio dell’attività svolta, anche per un atto di volontaria determinazione, che comporti conseguentemente l’assunzione degli obblighi connessi a quella posizione, direttamente scaturenti dalle funzioni di fatto esercitate. In applicazione di tale principio è stata ritenuta irrilevante l’assenza di un rapporto di lavoro tra un medico esterno e la clinica dove era stata operata una donna.” Ma vediamo come tale situazione si viene più frequentemente a realizzare: a) in sala operatoria per esempio quando più chirurghi sono chiamati a eseguire fasi successive dell’intervento o a operare su organi diversi, o ancora nei rapporti fra chirurgo, anestesista e altri operatori di sala. Nella Sentenza n. 3456 della Sez 4, della Cassazione Pen. del 9.04.1993, “il chirurgo capo equipe, fatta salva l’autonomia professionale dei singoli operatori, ha il dovere di portare a conoscenza di questi ultimi tutto ciò che è venuto a sapere sulle patologie del paziente e che, se comunicato, potrebbe incidere sull’orientamento degli altri.” La fattispecie presa in considerazione era quella di una ipotesi di omicidio colposo di cui era stato ritenuto responsabile, insieme con l’anestetista, il chirurgo per non essersi egli premurato di informare l’anestetista stesso delle condizioni cardiologiche del paziente. Una precedente sentenza del 1989 n. 790 (Cass. Pen. Sez.4 del 23. 01. 1989), specifica “Il chirurgo capo equipe, una volta concluso l’atto operatorio in senso stretto, qualora si manifestino circostante denunzianti possibili complicanze, tali da escludere l’assoluta normalità del decorso post-operatorio, non può disinteressarsene, abbandonando il paziente alle sole cure dei suoi collaboratori, ma ha l’obbligo di non allontanarsi dal luogo di cura, onde prevenire tali complicanze e tempestivamente avvertirle, attuare quelle cure e quegli interventi che un’attenta diagnosi consigliano e, altresì, vigilare sull’operato dei collaboratori. Ne consegue che il chirurgo predetto che non abbia tenuto tale condotta doverosa, qualora, per complicanze insorte nel periodo post-operatorio e per carenze di tempestive, adeguate, producenti cure da parte dei suoi collaboratori, un paziente venga a morte, in forza alla regola di cui al capoverso dell’articolo 40 del codice penale, risponde, a titolo di colpa (e in concorso con detti collaboratori), della morte dello stesso. b) delega di funzioni proprie: ai sensi dell’art. 1228 c.c. colui il quale si avvale di terzi nell’adempimento dell’opera risponde ordinariamente anche dei loro fatti dolosi o colposi“. Il medico che esegue una trasfusione, può delegare ad altri il compito di verificare la corrispondenza del gruppo del sangue da trasfondere con quello del paziente solo in presenza di esplicita normativa ospedaliera che in modo chiaro e motivato autorizzi tale delega. c) attività dello specializzando: il concreto e personale espletamento di attività operatoria da parte dello specializzando comporta pur sempre l’assunzione diretta anche da parte sua della posizione di garanzia nei confronti del paziente, condivisa con quella che fa capo a chi impartisce le direttive. Non lo esime da responsabilità la passiva acquiescenza alla direttiva ove non si appalesi appropriata, avendo egli al contrario l’obbligo di astenersi dal direttamente operare. d) lavoro in equipe: ciascun componente è tenuto a eseguire col massimo scrupolo le funzioni proprie della specializzazione di appartenenza. Se per esempio, per la sostituzione di un precedente flacone di sangue esauritosi con un altro pieno, si avvale di un collaboratore ausiliario, permane per l’anestesista l’obbligo di assicurarsi che la tipologia di sangue sia quella giusta per il paziente. Per concludere questo complesso e articolato viaggio all’interno del tema della colpa e della responsabilità del medico, nel prossimo numero esamineremo le azioni che possono avere rilevanza nell’esenzione di corresponsabilità medica.
Pagina collegata: Consenso informato