di Irene Capuani
Rifiutare di mangiare fino a morire in nome di una bellezza che si basa su falsi valori come quello dell’essere magri e su standard estetici impossibili da raggiungere.
Di anoressia nervosa si parla sempre di più. E quante volte vi sarà capitato di leggere navigando in rete, magari sul blog di qualche ragazza, oppure tra le lettere inviate dalle lettrici di qualche rivista femminile, frasi del tipo: Per tirare avanti bisogna piacersi. Dio mio, che persona orribile che sono. Oppure: Sono io che controllo l’alimentazione, ma del resto è l’unica sfera che posso controllare nella vita… Impressioni, pensieri, concetti che hanno una caratteristica in comune, quella di essere grida di aiuto di chi avverte di avere un problema ma cerca disperatamente di dare delle giustificazioni al proprio comportamento, per andare avanti. Ma l’anoressia nervosa, perché questa è la grave malattia che di solito si cela dietro le frasi stereotipate che abbiamo citate prima, non è un semplice disturbo passeggero che si può dimenticare o trascurare, magari nascondendosi dietro a una vita professionale particolarmente ricca e caotica.
Perchè, si tratta di una patologia psichica con gravi ripercussioni fisiche, destinata a segnare profondamente il corpo e a lasciare le sue profonde tracce nell’anima di chi ne è affetta. Chi ne viene colpita, finisce col far male non solo a sè stessa ma anche a chi impotente le sta attorno. Questo disturbo del comportamento alimentare ha origini nosografiche molto antiche. La prima descrizione clinica della malattia risale infatti al 1689, quando, a opera del medico britannico R. Morton, viene pubblicato un primo resoconto di due pazienti che rifiutavano di alimentarsi in assenza di cause organiche.
Ad approfondire il nucleo psicopatologico del disturbo fu Lasegue ma, la svolta importante si verificò nel 1914 quando cioè, il fisiologo Morris suggerì l’ipotesi fisiopatologia. Tra gli autori moderni, colui che si è maggiormente distinto per le ricerche e le acquisizioni è Garner; è da attribuire a lui il recente modello cognitivo comportamentale. Che il 90% dei casi diagnosticati siano poi di sesso femminile risponde a quelle problematiche di genere purtroppo spesso messe a tacere. Le cause che portano allo sviluppo della malattia sono molteplici: predisposizioni di natura biologica, sociale psicopatologica; tra i fattori scatenanti il più noto è quello di sottoporsi a diete ferree.
L’anoressia, così come altri disturbi quali la bulimia, sono in rapida crescita nei paesi occidentali; guardando le ultime stime, circa l’1% degli adolescenti soffrirebbe di anoressia, il 5% di bulimia, il 15% di disturbi alimentari e comportamenti a rischio. La terapia a cui si ricorre dipende dalla gravità dei sintomi posti in evidenza; stando agli studi di medicina basata sulle evidenze attualmente disponibili, non esistono a oggi dei farmaci che abbiano un’indicazione specifica per l’anoressia.
Nel dibattito circa l’impiego nelle sfilate di moda di ragazzine magrissime, il ministro Melandri si scaglia fortemente soprattutto contro una moda italiana e inglese altamente severa; ecco perché ultima è stata la richiesta, da parte del Ministero della Salute di rispettare la responsabilità di far sfilare in passerella soltanto modelli sani; ma il problema è ben più radicato: culturale ed educativo.
Ovviamente la televisione e l’immagine pubblicitaria, commerciale avrà molta responsabilità in questo processo educativo. Una problematica molto eterogenea, quindi, che investe ragazze, donne dal basso all’alto grado sociale. La stilista Donatella Versace, ha raccontato con un comunicato stampa che la figlia ventenne Allegra è stata ricoverata per anoressia a New York chiedendo il rispetto per la privacy. Diverse le modelle bellissime, specie brasiliane, morte giovanissime a causa delle conseguenze dell’anoressia: ultima solo in ordine di tempo, Carolina Reston che ”si sentiva grassa e aveva deciso di smettere di mangiare”.
Ma a sorpresa è giunta la rivelazione dell’attore Dannis Quaid che ha dichiarato di essere affetto dal 1994 di ”manorexia” il corrispettivo maschile dell’anoressia nervosa femminile, invitando gli uomini ad affidarsi agli esperti del disturbo alimentare all’esordio della malattia. Solo colpa dello star system? Non proprio se a Como ogni giorno si registra almeno una richiesta di aiuto per casi di anoressia, e gli esperti denunciano in tutta Italia un costante aumento che colpisce soprattutto le ragazze in età adolescenziale, anche se, da qualche tempo il problema sembra toccare anche le donne di mezza età che, purtroppo, non apprezzando il proprio corpo tendono a distruggerlo.
” Cammino perché voglio camminare, fino a che ne avrò la forza e mi permetterò di volerlo; solo prego di continuare a volere. Prego con la fede che ha solo chi non crede. Sono guarita? Il mio corpo mostra di si. Non sono guarita. Forse camminerò fino alla fine dei miei giorni e allora avrò fatto di meglio che guarire poichè avrò dato un senso a questa vita”.
Non è un saggio, nè un testamento poetico-narrativo ma un modo, per chi voglia conoscere meglio da vicino, senza paura, nè pregiudizi, l’anoressia. E magari guarirne. Una opera unica, nel suo genere autobiografico, tratta una malattia sociale nascosta ma spaventosamente frequente. Non bisogna trincerarsi in luoghi comuni ribadisce Nicoletta Tangheri autrice attrice dell’opera ”Il rumore dei miei passi”. Lei, una ragazza come tante, con i suoi sogni, i contrasti della comune quotidianità che possono apparire insormontabili quando un male come l’anoressia divora la propria esistenza. Il sogno di fare l’attrice, l’abbandono della casa e della città natale, il trasferimento e un lavoro da commessa con i sogni di gloria ripiegati nel cassetto accanto al reggiseno da vendere. Un rapporto con la figura materna carico di rancori e ritrosie ma, anche di affetto. Un racconto vissuto e sofferto, nel quale purtroppo possono riconoscersi molte giovani. L’importante è scoprire però quanto l’amore e i sogni salvano e curano.