Prevenire l’invecchiamento e la senescenza? Per la ricerca la chiave risiede nel mitocondrio

Secondo una recente ipotesi, l’invecchiamento sarebbe il risultato di un’azione di difesa cellulare che ogni giorno avviene nel nostro organismo. Vi sarebbero dei particolari geni nel nostro DNA, infatti, che uccidono le cellule, ogni volta che queste risultano alterate. Le cellule madri rimaste, quindi, si dividerebbero continuamente per sopperire a quelle eliminate ma con il passare degli anni si verificherebbe un loro progressivo assottigliamento e una carenza nelle funzioni da esse espletate. L’invecchiamento sarebbe insomma un “infortunio”, un effetto secondario di un processo di salvaguardia del nostro benessere. C’è ancora molta strada da fare prima che tale fenomeno venga “utilizzato” per realizzare strategie anti-invecchiamento. Più percorribile, a tal fine, sembra l’utilizzo delle nostre conoscenze sui mitocondri, per quanto anch’essi, negli ultimi anni, sembrino riservarci sorprese. Come è noto, i mitocondri sono organuli contenuti all’interno delle cellule che costituiscono la centrale energetica dei fisiologici processi metabolici e sono responsabili delle attività di respirazione cellulare. I genetisti sono sempre stati concordi nel ritenere che l’individuo li ereditasse solo dalla madre. Certezza che implicava la possibilità che tutti gli esseri umani avessero una linea di discendenza femminile derivante da una donna che i ricercatori hanno chiamato “Eva mitocondriale”. Tale assunto, però, si scontra con una scoperta del 2018 effettuata da un genetista del Cincinnati Children’s Hospital Medical Center che, analizzando un bambino di 4 anni, ha identificato in lui due diversi set di DNA mitocondriale: uno preso dalla madre e uno dal padre. Ulteriori studi hanno verificato come in altri 17 individui fosse presente l’anomalia. Che derivino da madre o padre, comunque, sappiamo che i mitocondri svolgono anche la funzione, indiretta, di protezione dei lipidi cutanei, elastina e collagene. Il loro decadimento comporta un danno di tipo ossidativo (sviluppo eccessivo di radicali liberi ROS) ma anche, si suppone, del loro DNA (mtDNA). La validità di queste teorie è stata analizzata all’interno del progetto OLDMITO (Oxidation, lipids, DNA and mitochondria), finanziato dall’UE. I ricercatori hanno utilizzato due pesci: il pesce zebra caratterizzato da una vita piuttosto breve, e la trota arcobaleno, più longeva (oltre 7 anni), dei quali hanno studiato il contenuto lipidico della membrana mitocondriale e il danno all’mtDNA. I risultati hanno dimostrato che le modifiche nel contenuto mitocondriale di fosfolipidi (PL) potrebbero essere associate all’invecchiamento causando malfunzionamento e aumentando l’apoptosi come conseguenza dell’OS (Oxidative Stress). Preservare la longevità e il funzionamento dei mitocondri, allora, può essere la chiave di volta per una più razionale metodica antinvecchiamento.