La Pitaya ovvero Dragon Fruit

di Ivano Marocchi

È noto in gran parte dell’America del Sud come “frutto della pulizia” per via delle sue proprietà nutrizionali e benefiche. Nella medicina tradizionale, più che l’evidenze scientifiche sembrano contare gli aneddoti, le storie umane. A questa regola non poteva sfuggire un frutto originario dell’America Centrale e del Sud, diffuso in Thailandia, Malesia, Taiwan: la Pitaya, meglio nota come Frutto del drago. Sembrerebbe che quattro anni fa, una certa signora Dacuycuy, alla ricerca di medicine alternative per curare problemi metabolici di sua figlia, affetta da paralisi celebrale, cominciò a sperimentarne l’utilizzo in campo medico, con risultati talmente convincenti che ella diventò la proprietaria della più grande azienda agricola di pitaya di tutte le Filippine. La pianta grassa della Pitaya, appartenente alla famiglia delle cactacee, è un arbusto dal portamento ricadente provvisto di grandi e bellissimi fiori bianchi che si aprono solo di notte e la cui durata è di solo un giorno. Vive molto bene in tutte le zone in cui vengono coltivati gli agrumi e resiste fino a 3 gradi sotto zero, ma predilige i climi caldi. Il Dragon Fruit è riconoscibile per la sua buccia rosso intenso tendente al fucsia, o giallo acceso, la polpa morbida dal sapore leggermente dolce che può essere bianca o rosa, minuscoli semini neri commestibili. È un frutto ricco di sali minerali, ma di contenuto calorico molto basso: 100 g corrispondono solo a 36 Kcal. Il sapore della sua polpa si accompagna perfettamente sia al dolce che al salato, e lo ha reso protagonista di numerose ricette. dragon-fruitIn malesia polpa e i fiori vengono cucinati come verdura, utilizzati come contorno a pesce o carne in ricette come lo Sinigang (zuppa agrodolce fermentata) e il Bulalo (bollito di gamba di manzo). L’aspetto più interessante della pitaya, e sicuramente quello più apprezzato rimane quello delle sue proprietà benefiche. In America Latina il frutto del dragone si è guadagnato il nome di “frutto della pulizia”, infatti le fibre dei suoi minuscoli semini, se ingeriti con molta acqua, rappresentano il miglior rimedio naturale a problemi di stitichezza. La polpa è poi ricca di vitamina C, specie quella rossa che, a quanto risulta, è anche la più ricca di calcio. La varietà dalla pelle gialla si caratterizza invece per un maggior contenuto di fosforo. Entrambe comunque sono ricche di fibre e sali minerali. Uno studio pubblicato nel 2010 sulla rivista accademica Food Chemistry, stabilisce che la polpa del frutto del dragone contiene enormi quantitativi di betacarotene e vari antiossidanti ma è anche una buona fonte di probiotici utili a mantenere la flora batterica del nostro intestino viva e attiva. Essa è poi anche ricca di licopene, fitoalbumina e vitamina E. I semi invece sono carichi di acidi grassi polinsaturi a fronte di un contenuto ridotto di acidi grassi saturi. Proprio l’alto contenuto di fibra già ricordato, rende il frutto ottimale per attivare la motilità intestinale e moderare l’assorbimento dei grassi, nonché per raggiungere un senso di sazietà: per questi motivi esso è spesso incluso in diete e regimi alimentari finalizzati alla perdita di peso. Nella medicina tradizionale di molti paesi si ricorre alla sua polpa che è considerata efficace nella regolazione naturale della pressione sanguigna e per diminuire il rischio di malattie cardiovascolari. L’alto contenuto in vitamina C in essa contenuta, sostiene il sistema immunitario e favorisce la produzione di collagene, mentre il betacarotene protegge la pelle dai raggi UV e contrasta, insieme alla vitamina E, la degenerazione maculare senile.