dott. Paola Marrocco
La si potrebbe chiamare la malattia professionale degli scolari delle prime classi delle elementari. Immancabilmente nel corso dell’anno scolastico si sparge la voce che le mamme temono di più: ci sono i pidocchi. Silenziosi, come dal nulla, si diffondono nelle testoline dei bambini, senza distinzione di sesso, senza altro campanello d’allarme che un fastidioso prurito. Una inutile caccia alle streghe porta alla ricerca di quello “sporcaccione” il quale si è macchiato della grave colpa di aver introdotto gli indesiderati intrusi nella classe.
Criminalizzazione sbagliata perché contrariamente alla credenza popolare per cui i pidocchi si annidano fra i capelli più sporchi, essi quando possono preferiscono uno scalpo pulito, e si rischia perciò di umiliare in maniera profonda un bambino che ha la sola sfortuna di essere stato in contatto, senza saperlo, con qualcuno che a sua volta era già infestato.
Le pediculosi, dal nome latino Pediculus Humanus, sono affezioni abbastanza frequenti che possono essere curate e non lasciano nessun segno permanente ne sui capelli ne sulla cute dei malcapitati ospiti.
La loro causa è da ricercare in piccoli parassiti che crescono e proliferano a carico dell’organismo che li ospita. In maniera particolare tendono a localizzarsi sui capelli (variante capitis), ma negli adulti si diffondono anche ai peli del pube e delle ascelle, e sono perfettamente in grado di trasferirsi da un individuo ad un altro: da qui il contagio che è molto frequente negli ambienti chiusi e con forte densità di persone come le scuole, le caserme o le carceri. I pidocchi si nutrono del sangue dell’ospite, producono ogni giorno fra le sei e le otto uova (lendini) di colorito grigio-perlaceo che si fissano alla base del pelo o del capello. Quando l’uovo dopo una settimana si schiude il piccolo neonato, della grandezza di una testa di spillo, si annida sulla cute ed impiega a sua volta due settimane per maturare.
Il primo sintomo è un intenso prurito, localizzato, soprattutto in prossimità della nuca, che porta spesso ad un quadro clinico di tipo irritativo ed a lesioni che tendono ad infettarsi se ci si gratta con le mani sporche. In quest’ultimo caso, come conseguenza dell’infezione, le piccole linfoghiandole localizzate nella parte posteriore del collo possono ingrossarsi e dare fastidio.
La diagnosi di pediculosi si fa con certezza con la scoperta delle uova, la sede più frequente è quella dietro l’orecchio, mentre spazzolando con un pettine a denti stretti sopra un foglio di carta è possibile vedere cadere piccoli animaletti e uova ancora attaccate alla base dei capelli. Esistono in commercio, numerosi prodotti che attraverso 1-2 applicazioni risolvono completamente il problema.
Dopo il trattamento è sempre buona regola pettinare bene i capelli con pettini a denti stretti che permettono di rimuovere eventuali lendini rimaste aderenti ai capelli.
Evitare assolutamente il contatto fisico con altre persone utilizzando anche pettini, spazzole ed asciugamani personali. Le lenzuola e le federe vanno lavate accuratamente ad alte temperature. La lotta a questi piccoli sgraditi ospiti va fatta subito al primo segno di presenza e senza alcun indugio, la prevenzione invece è una pratica costante e si fonda sulla sorveglianza della pulizia dei capelli dei propri figli e sull’uso quotidiano del pettine e della spazzola.
Il pidocchio è un insetto che fa parte dell’ordine anopluri. Privo di ali, si nutre del sangue dei mammiferi e dell’uomo di cui è ospite. Depone da 100 a 300 uova (lendini) di colore grigio perlaceo, che si fissano gradualmente al capello tramite l’induito chitinoso che le avvolge. E proprio in questa fase in cui le uova non sono ancora saldamente fissate al capello dell’ospite che la pediculosi si trasmette più facilmente sa un soggetto all’altro. Le lendini a loro volta si schiudono in una settimana dando origine alle ninfe che impiegano circa due settimane per raggiungere lo stato di adulto. La durata media della vita di un parassita adulto varia da 30 a 46 giorni, a seconda della temperatura, della disponibilità del nutrimento, della specie del soggetto infestato. Questi insetti sono molto sensibili alle variazioni di temperatura, quella ottimale è all’incirca sui 30 gradi centigradi, variazioni al di sotto o la di sopra di questo valore determinano l’abbandono dell’ospite.