Al nostro sito internet giungono molte lettere che chiedono consigli su come comportarsi in vacanza con i bambini affetti da patologie cutanee. Ecco alcune indicazioni utili.
Di G. Maggiore
Arriva l’estate e si comincia a risentire il classico quesito che affligge le famiglie italiane. Meglio il mare o la montagna? Affittiamo un appartamento sulla costa o prenotiamo due settimane sulle dolomiti? Questione di gusti, si dirà, ma non sempre è così. La scelta infatti può prescindere dal gradimento e talvolta deve basarsi su considerazioni più serie, attinenti allo stato di salute di alcuni membri della famiglia. Così, se per un cardiopatico sarà meglio evitare l’alta montagna e per un asmatico è consigliabile la collina, ai bambini può essere di grande aiuto l’ambiente marino. Ma quali sono i luoghi di villeggiatura più adatti a quelli affetti dalle più comuni patologie cutanee? La domanda è molto frequente negli ambulatori medici e è fra quelle che più compare nella corrispondenza che la nostra rivista riceve in questi giorni direttamente o via e-mail. Molti genitori vivono con ansia qualsiasi cambiamento che possa scatenare una crisi della malattia e arrivano a pensare che il posto migliore per i propri figli sia la propria casa, e per questo spesso rinunciano a portare i figli in vacanza.
Vista la complessità dell’argomento, cerchiamo di dare una serie di indicazioni che possano servire a meglio consigliare le famiglie. I fattori che vanno presi in considerazione sono almeno tre: temperatura, umidità e esposizione ai raggi del sole. Ci sono delle condizioni dermatologiche che in generale migliorano con la stagione estiva, la psoriasi, l’ittiosi volgare, la dermatite asteatosica da contatto, altre che non subiscono variazioni, per esempio la ittiosi X-linked, alcune infine che a causa del caldo, dell’umidità e del sudore peggiorano: morbo di Darier, disidrosi, dermatite da pannolino, dermatite atopica. Per questo motivo vanno sempre evitate brusche variazioni climatiche e, nel caso di trasferimenti in auto o in treno, favorite quei mezzi in cui c’è una temperatura climatizzata e non troppo umida. Molto più diretto è invece il rapporto fra l’esposizione ai raggi solari e l’andamento della patologia. Molte malattie dermatologiche peggiorano con l’esposizione al sole: herpes simplex, lupus eritematoso, rosacea, vitiligine, altre possono essere addirittura scatenate dai raggi solari. Tra le fotodermatiti tre forme sono specifiche dei bambini: l’orticaria solare che è provocata da UVA, UVB e luce visibile, il prurito attinico che evidenzia una sensibilità agli UVA e più raramente agli UVB, e l’hydroa vacciniforme di Bazzin, più nei maschietti che nelle bambine, che solo sperimentalmente è stata imputata alla somministrazione continua e ripetitiva di UVA a basso dosaggio. Paradossalmente invece, la forma più frequente di dermatite polimorfa alla luce, che colpisce intorno ai 20 anni e è causata soprattutto dagli UVA, nel corso dell’estate si attenua per un fenomeno ancora non ben chiaro dovuto a una maggiore fotoprotezione naturale. Naturalmente ciò non vuol dire che questi malati possano esporsi liberamente al sole senza ricorrere a un ottimo protettore solare.
Abbiamo già accennato al fatto che la psoriasi migliora con il mare e il sole. Anche se non ci si reca sul Mar Morto un bagno nell’acqua di mare favorisce l’allontanamento delle squame e subito dopo i raggi solari costituiscono uno dei migliori mezzi topici di tipo fisico.
Occorre però esporsi gradualmente per evitare che il sole provochi un fototraumatismo e si verifichi un effetto di Kobner con estensione della patologia. Inoltre, non va dimenticato che esiste un particolare quadro di psoriasi che si aggrava o si slatentizza e compare in seguito a esposizione al sole, in maniera del tutto scollegata al fototipo del malato. Questa evenienza di psoriasi fotosensibile si riscontra in una percentuale compresa fra i 5-24% di tutti gli psoriasici e diventa una palese controindicazione all’uso dei raggi solari come terapia. Lo stesso dicasi per l’acne. Molti adolescenti associano al sole un miglioramento. Probabilmente l’abbronzatura determina una minore visibilità delle lesioni acneiche normalmente arrossate. Scientificamente, però, non si può affermare che i raggi UV migliorino sempre le condizioni cliniche dell’acne. In alcuni studi, si è visto che l’esposizione al sole determinando un ispessimento dello strato corneo può provocare la chiusura dei pori e un peggioramento delle lesioni. Inoltre caldo, umidità e sole potrebbero contribuire all’esplosione dell’acne stessa. È per questi motivi che, pur non arrivando a vietare il mare agli acneici, molti dermatologi americani sconsigliano di considerare il sole, e più in generale i raggi UV, come un trattamento per l’acne e suggeriscono di fare gran uso di forti protettori solari non comedogenici, specialmente se è in corso un trattamento con retinoidi che possono dar luogo a gravi reazioni fototossiche e fotoallergiche.
Altre condizioni in cui la pelle malata va protetta con filtro solare sono le porfirie, diverse patologie autoimmuni e, naturalmente la dermatite atopica in fase acuta. Secondo il Prof. Giuseppe Monfrecola, della Clinica Dermatologica della Università Federico II di Napoli, il rapporto con i raggi UV può essere duplice: talvolta l’esposizione può esacerbare le lesioni, altre volte, al contrario, sole o UV artificiali possono migliorare i sintomi della dermatite. Il bambino atopico dovrebbe passare le sue vacanze in una località di alta collina o montagna, fresca e non umida, e la sera andrebbe coperto con indumenti di cotone o lino non ruvido. Vanno infatti evitate tutte quelle situazioni che determinano un aumento della sudorazione. La mattina presto, fino alle 10 o dopo le 16, dopo averlo coperto con un protettore solare, gli fa bene esporsi gradualmente ai raggi UV, e se ci si trova al mare e non sono in corso lesioni acute di tipo essudative, è possibile bagnarlo nell’acqua salata e subito dopo, lavarlo con acqua dolce e spalmargli sulla cute creme idratanti. Non dimenticate che la sua barriera cutanea è altamente compromessa e se il sudore può essere il principale fattore scatenante del fastidioso prurito che caratterizza questa patologia, gli UV se non filtrati possono determinare danni e processi ossidativi a livello della cute altamente pericolosi.