L’impossibilità di valutare l’aspetto psicologico in epoca neonatale è molto limitante nella scelta della corretta assegnazione del sesso in casi di anomala differenziazione dei genitali. Se ne parlerà a Roma in un importante congresso internazionale.
dei dott.ri Giacinto Marrocco, Paola Grammatico, Silvia Majore, Salvatore Scommegna,
Anna Maria Rapone – Gruppo di studio per la diagnosi e la terapia delle anomalie della differenziazione sessuale
Azienda Ospedaliera S.Camillo-Forlanini – Roma
Sviluppo sessuale e facoltà di procreare sono frutto di un lungo processo che inizia nella vita fetale con la differenziazione gonadica, lo sviluppo embriologico delle strutture genitali, la differenziazione dei genitali esterni. L’individuo raggiunge, però, la completa maturità sessuale solo dopo la pubertà. Le patologie da anomala differenziazione dei genitali possono, quindi, schematicamente essere suddivise in due capitoli: anomalie della differenziazione sessuale e dello sviluppo puberale. Le prime si riferiscono ad anomalie della determinazione del sesso genetico, della differenziazione gonadica e del tratto genitale. Derivano da anomalie di natura genetica, malformativa, infettiva e tumorale, manifestandosi nel periodo fetale, infantile o in quello puberale. La multidisciplinarietà è pertanto essenziale per affrontarle, perché accanto a competenze internistiche, chirurgiche, biochimiche, genetiche ed endocrinologiche sono necessarie anche quelle psicologiche e medico-legali.
Determinazione del sesso
La determinazione e la differenziazione sessuale sono i risultati di complessi processi sequenziali che coinvolgono:
• Sesso cromosomico e genetico: determinato al momento della fecondazione dalla presenza dei 2 cromosomi sessuali (gonosomi): XX nella femmina, XY nel maschio. Il cromosoma Y, di origine paterna, induce nel maschio la differenziazione della gonade primordiale indifferenziata in testicolo, mentre la sua assenza comporta la differenziazione sessuale femminile.
• Sesso gonadico: dipende dal sesso cromosomico e genetico e quindi normalmente concorda con esso. Nel maschio verso la VI settimana di gestazione, sotto l’influenza del gene SRY, la gonade comincia a differenziarsi in testicolo; si formano le cellule del Sertoli che producono l’ormone inibente lo sviluppo delle strutture femminili mulleriane (AMH o Anti-Mullerian Hormone).
Dalla VIII settimana di gestazione le cellule di Leydig iniziano a produrre testosterone, ormone necessario per lo sviluppo nei genitali interni (deferente, vescicole seminali, dotti eiaculatori, epididimo) ed esterni (pene, borse scrotali). Alla pubertà, il sensibile aumento della produzione di testosterone è responsabile dello sviluppo delle masse muscolari e della spermatogenesi. Nella femmina, la presenza di 2 cromosomi X e l’assenza del gene SRY, inducono la gonade primordiale a differenziarsi in ovaio. I genitali esterni si sviluppano in senso femminile con la comparsa delle grandi e delle piccole labbra, mentre il tubercolo genitale darà luogo alla formazione del clitoride. Nel maschio dal tubercolo genitale prendono origine i corpi cavernosi e il glande; dalle pieghe uretrali l’uretra cavernosa e dalla fusione delle tumefazioni labioscrotali lo scroto. La crescita in lunghezza del seno urogenitale corrisponde alla formazione dell’uretra prostatica e perineale. Mentre il testosterone è direttamente responsabile della formazione dei genitali interni maschili, sugli altri tessuti androgeno-dipendenti, cioè seno urogenitale e genitali esterni, esso deve essere trasformato in diidrotestosterone (DHT) dall’enzima 5-a reduttasi. Il rilevante aumento nella secrezione di testosterone e, parallelamente la sua conversione in DHT, alla pubertà sarà responsabile dello sviluppo dei caratteri sessuali secondari (pene, prostata e peli androgeno-dipendenti). Nella femmina non sono necessari ormoni perché la differenziazione dei genitali esterni si realizzi in maniera completa.
Ad ogni stadio di questo complesso processo può verificarsi un’anomalia della differenziazione sessuale da cui consegue o una inadeguata mascolinizzazione del maschio oppure una inappropriata virilizzazione della femmina.
Nel maschio il sesso fenotipico è in accordo con il sesso gonadico e con il sesso cromosomico se gli ormoni androgeni esplicano una corretta e tempestiva azione sugli organi bersaglio; nella femmina è, al contrario, necessario che non si verifichino stimolazioni ormonali da parte di ormoni ad attività androgena.
Stati intersessuali
Gli stati intersessuali possono essere divisi in tre gruppi fondamentali:
1) Pseudoermafroditismo Femminile (virilizzazione di un soggetto geneticamente femmina)
Comprende il numero maggiore di casi di ambiguità dei genitali esterni, con individui femmine 46 XX. Per la maggior parte è dovuto alla iperincrezione di ormoni androgeni derivante dal blocco enzimatico nella biosintesi del cortisolo (sindrome adrenogenitale S.A.G.). La forma più frequente è legata a deficit di enzimi coinvolti nella sintesi del cortisolo a livello surrenalico: specie la 21-idrossilasi. I neonati affetti da S.A.G. presentano una virilizzazione variabile in relazione alla gravità del deficit enzimatico: le caratteristiche morfologiche più frequenti sono: ipertrofia del clitoride che può raggiungere le dimensioni di un fallo; presenza di un ostio vaginale e uretrale singolo (seno urogenitale); grandi labbra iperpigmentate, caratterizzate dalla rugosità tipica della cute scrotale. Nei casi non trattati si assiste a un rapido accrescimento somatico con ipertrofia delle masse muscolari. Gli organi pelvici sono completamente femminili. La diagnosi si basa sul dosaggio ematico di 17-idrossiprogesterone e 11-deossicortisolo. Il deficit di 11-b idrossilasi rappresenta soltanto il 10% dei casi di S.A.G. congenita. Un’altra possibilità, poco frequente, di pseudoermafroditismo femminile è da mettere in relazione alla assunzione materna di androgeni in gravidanza.
2) Pseudoermafroditismo Maschile (mascolinizzazione inadeguata di un soggetto geneticamente maschio)
Comprende tutte quelle sindromi legate a un deficit nella sintesi di testosterone o dell’effetto dell’ormone sulle cellule bersaglio. I pazienti sono maschi con corredo cromosomico 46 XY. è intorno alla VI settimana di gestazione che in risposta a un picco secretivo dell’LH ipofisario si ha un sensibile aumento della produzione del testosterone da parte del testicolo fetale, la cui concentrazione rimane elevata sino alla XIV settimana di gestazione. Dopo tale periodo la stimolazione gonadica è sostenuta principalmente dall’ormone luteinizzante placentare. La presenza di una adeguata concentrazione di testosterone nelle ultime settimane di gestazione è responsabile dell’ulteriore accrescimento del fallo e delle sue dimensioni alla nascita.
Esistono tre anomalie della stimolazione androgena nel corso della vita fetale: la più frequente è legata al deficit dell’enzima 17-KS-reduttasi nella sequenza biochimica che porta alla sintesi del testosterone. Il deficit enzimatico determina l’aumento della produzione ipofisaria di gonadotropine (FSH e LH) con conseguente aumentata sintesi dei precursori androgeni (DEAS, Androstenedione).
Un’altra condizione relativamente frequente è legata al deficit dell’enzima 5-a-reduttasi, responsabile della conversione del Testosterone in Di-idrotestosterone (DHT) oppure all’anomalo funzionamento della proteina carrier citosomiale che determina la mancata veicolazione del DHT all’interno del nucleo cellulare. L’effetto si traduce nella comparsa delle sindromi di resistenza agli androgeni che possono essere di tipo totale (sindrome di femminilizzazione testicolare o Sindrome di Morris) o parziale (www.sindromedimorris.org). La forma completa, in cui il fenotipo è femminile con gonadi maschili criptorchidi, è di scarso rilievo in epoca neonatale in quanto l’esordio clinico avviene più tardivamente. Un’ultima variante, anch’essa di scarso interesse in epoca neonatale, è caratterizzata dalla persistenza delle strutture Mulleriane (Ernia uterii-inguinalis) legata al deficit del MIF. Si tratta di bambini fenotipicamente e geneticamente maschi in cui si scopre casualmente (in genere nel corso di un intervento di erniotomia) la presenza di utero e tube.
3) Disgenesie gonadiche
Sono sindromi caratterizzate da una anomalia quali/quantitativa dei cromosomi sessuali che si traduce in una alterata differenziazione delle gonadi. La morfologia dei genitali esterni è variabile e frequentemente si riscontra la persistenza delle strutture mulleriane. Le disgenesie Gonadiche comprendono:
• La Sindrome di Turner (cariotipo XO e varianti ): caratterizzata da gonadi disgenetiche e aspetto fenotipico femminile.
• La Sindrome di Klinefelter (cariotipo XXY): le gonadi, la cui morfologia è quella testicolare, presentano una disgenesia tubulare.
• La Disgenesia Gonadica Pura: raramente può essere diagnosticata in epoca neonatale e il patrimonio cromosomico può essere XY o XX.
• La Disgenesia Gonadica Mista: di maggiore interesse in epoca neonatale è da considerarsi tra le più comuni forme di ambiguità sessuale. I bambini affetti da tale anomalia presentano un testicolo normalmente differenziato da un lato e una gonade disgenetica dall’altro. Il cariotipo di questi pazienti è abitualmente caratterizzato da mosaicismo in cui è spesso presente una popolazione cellulare XO. La caratteristica più rilevante è rappresentata dall’elevata incidenza di neoplasie a carico delle gonade disgenetica (gonadoblastoma). L’assegnazione del sesso nei pazienti affetti da Disgenesia Gonadica Mista va decisa in relazione alle caratteristiche dei genitali esterni e alla presenza di strutture mulleriane (femminili). La tendenza è comunque quella verso il sesso femminile.
La diagnosi di ermafroditismo vero può essere posta quando coesistano, nello stesso individuo, tessuto ovarico (follicoli) e tessuto testicolare (cellule germinali maschili) nella stessa gonade o in entrambe le gonadi. L’ermafroditismo vero può essere classificato secondo la localizzazione del tessuto gonadico come: unilaterale, o bilaterale. La forma unilaterale è la più comune, presente in almeno la metà dei casi, e si riferisce a pazienti che hanno tessuto ovarico e testicolare da un lato e un ovaio o un testicolo dall’altro lato. La forma laterale si riferisce alla presenza di un ovaio da un lato e un testicolo dall’altro, ed è presente in un terzo dei casi. La forma bilaterale che è presente in un quinto dei casi si riferisce alla presenza di entrambi i tessuti ovarico e testicolare da entrambi i lati. L’ovotestis è presente più frequentemente a destra. L’eziologia dell’ermafroditismo è eterogenea: i casi 46 XX/46 XY sono dovuti a fenomeni di non-disgiunzione mitotica oppure sono il risultato di una chimera: la presenza, in un singolo individuo, di due o più linee cellulari ciascuna derivata da fertilizzazione dell’uovo e del suo corpo polare, oppure fertilizzazione di due uova contenenti all’interno un singolo follicolo binucleato, oppure fertilizzazione di uova derivate da differenti follicoli seguita da fusione.
Clinicamente possono presentarsi un largo spettro di disordini della differenziazione del tratto genitale e dello sviluppo sessuale secondario. Sebbene i genitali esterni siano francamente ambigui nella maggior parte dei pazienti non si riscontrano genitali chiaramente maschili. Frequente è la presenza di ipospadia che può variare dalla forma perineale a quella peniena accompagnata da un a incompleta fusione della rima labioscrotale. Molti pazienti hanno un’ernia inguinale che può contenere una gonade o l’utero.
Conclusioni
Il problema degli stati intersessuali deve essere visto in prospettiva: circa il 70% dei pazienti sono affetti da Sindrome Adrenogenitale Congenita. Difficoltà diagnostiche esistono nella diagnosi di stati intersessuali con mosaicismo cromosomico ed ermafroditismo vero. I pazienti XO/XY possono presentare da genitali tipicamente femminili sino a genitali grossolanamente ambigui, con un grosso fallo che può essere convertito in pene. Se il è fallo di dimensioni ridotte con grave ipospadia è probabile che siano presenti strutture mulleriane (utero e tube), una gonade disgenetica da un lato e un testicolo dall’altro. La correzione chirurgica in senso maschile di tali pazienti prevede una laparotomia con asportazione delle strutture mulleriane e della gonade disgenetica e in tempi successivi (8-10 mesi) la correzione dell’ipospadia e delle altre eventuali anomalie dei genitali esterni. La conversione in senso femminile prevede la riduzione del clitoride con genitoplastica (creazione della vagina e plastica dei genitali esterni). Contemporaneamente devono essere asportate entrambe le gonadi.
In presenza di un cromosoma Y la possibilità di neoplasie maligne è molto elevata (25-30%). In sintesi, nei pazienti con patrimonio cromosomico XO/XY, nei casi di resistenza parziale agli androgeni e nello pseudoermafroditismo maschile, la decisione finale relativa alla assegnazione del sesso deve tenere presente in primo luogo l’aspetto fenotipico e la risposta del pene alla stimolazione con testosterone.
è opportuno in tali casi intraprendere un trial terapeutico con testosterone ad azione protratta (25 mg intramuscolari al mese) con valutazioni mensili dell’accrescimento del fallo. Per ciò che concerne i testicoli, esistono tendenze contrastanti riguardo la loro asportazione precoce. Alcuni autori preferiscono conservare la gonade non disgenetica in modo tale che i pazienti assegnati al sesso maschile possano andare incontro a una virilizzazione spontanea in epoca puberale. La conversione chirurgica al sesso femminile è più agevole e deve essere preferita nei casi dubbi.