Il rapporto fisico fra madre e bambino, iniziato con la gravidanza, non si interrompe con il parto, ma continua attraverso una serie di relazioni pratiche e gestualità, fra cui la più importante nei primi mesi di vita è l’allattamento al seno.
del dr G. Di Giovanni
Agli inizi degli anni ‘60, un campanello d’allarme che veniva dalle organizzazioni sanitarie internazionali segnalava un netto declino della frequenza e della durata dell’allattamento al seno negli Stati Uniti ed in Europa. Mentre poco dopo l’inizio del secolo, in America, oltre il 50% dei bambini veniva nutrito con latte materno fin quasi al termine del primo anno di vita, nel 1966, alla dimissione dall’ospedale, la percentuale era scesa al 35% mentre solo il 5% veniva ancora allattato oltre i sei mesi. Le cause di quel declino erano varie ed andavano dai mutamenti socio-economici al cambiamento di tradizioni ed atteggiamenti culturali. La notevole diffusione che negli anni precedenti aveva avuto il parto in ospedale, l’allattamento ad orari rigidi, la separazione tra madre e bambino dopo il parto, sono stati fattori che hanno avuto un ruolo preponderante. Inoltre, la maggior occupazione nel lavoro della donna in tale periodo poteva aver giocato un ruolo determinante, mentre in molti altri casi nelle donne cresceva, alla luce di un nuovo fenomeno di consumismo, il timore di “sciupare” il proprio corpo.
Senza dubbio però era cambiato anche l’atteggiamento del personale sanitario, il quale era meno informato sulla semplicità con cui l’allattamento può risolvere molti problemi per il neonato. Tale fenomeno raggiunse livelli tali da indurre, negli anni ‘70, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ed il comitato per la Nutrizione della Società Americana di Pediatria, a pronunciarsi sulla necessità di ritornare al vecchio e tradizionale sistema di allattamento. In Italia il progetto di Medicina Preventiva Perinatale evidenziò che ad un mese circa il 60% di neonati di Trieste, Milano e Roma era ancora allattato al seno, mentre a Parma si superava l’80%, ma a tre mesi solo il 50% delle stesse donne che due mesi prima allattavano, continuava a farlo. Il primo segnale di un’inversione di tendenza si è verificato ed è stato ben documentato nel Nord Europa, Svezia, Danimarca e Norvegia. E fin dall’inizio degli anni ‘80, pur con differenze consistenti tra regione e regione italiana, vi è stata una progressiva e crescente ripresa dell’allattamento materno e le ragioni sono certamente diverse. C’è stata certamente una maggior presa di coscienza, da parte della donna, del problema della propria sessualità mentre è cresciuto, con i consultori ed i corsi di preparazione al parto, il supporto fornito dal personale sanitario. La maternità ha assunto così il ruolo di una scelta sempre più consapevole e desiderata, con la conseguenza che per i figli voluti e accettati si è anche sopportato qualche inconveniente in più nei confronti del proprio corpo. Altri fattori che hanno riportato in auge l’allattamento sono le nuove condizioni createsi nell’ ambiente familiare dove è cresciuto il supporto disponibile da parte del marito, la possibilità di accesso al regime di lavoro part-time, i permessi per maternità.
Inoltre, si è visto che se l’esperienza avuta con un primo figlio è stata positiva, è molto probabile che il secondo nato venga allattato allo stesso modo senza problemi. Da più parti è stato scritto che l’allattamento al seno giova alla salute del bambino, è naturale, più pratico, più soddisfacente da un punto di vista affettivo, oltre a proteggere come è noto il neonato dalle infezioni dell’apparato respiratorio e dalle turbe gastroenteriche; facilita inoltre l’accrescimento di una flora batterica intenstinale che agevola l’assorbimento di vitamina C e principi alimentari come i grassi polinsaturi.
Recenti studi hanno dimostrato che i bambini allattati al seno, per presenza di acido linoleico nel latte materno, hanno un quoziente intellettivo più elevato nel periodo scolare rispetto a quelli allattati artificialmente. Nei confronti della decisione d’allattare artificialmente, sembra ancora prevalere il problema della “privacy”, dell’imbarazzo ad esporsi di fronte ad altri, della mancanza di indipendenza che comporta un proprio impegno, ogni tre ore, per la poppata. Solo un quarto delle donne che scelgono l’allattamento artificiale lo fanno perché è proprio l’idea dell’allattamento al seno che non le convince.
I vantaggi del latte materno
- Massimo potere nutritivo
- Proprietà antinfettive
- Minor incidenza di patologia anche non strettamente infettiva (ipocalcemia, rachitismo, anemia ferripriva, enterocolite necrotizzante, carie)
- Possibile presenza di costituenti importanti del latte umano non ancora noti, sia per formula chimica che per significato nutrizionale
- Miglior rapporto psico-affettivo madre-bambino
- Azione favorevole sull’involuzione uterina attraverso la secrezione di ossitocina
Prevenzione dei tumori della mammella
(da NEONATOLOGIA di G. Bucci, G. Marzetti, M. Mendicini – vol. I°)
Quando non si può o non si deve allattare
Nonostante gli innumerevoli vantaggi esposti e gli indiscussi benefici nella sfera psichica dell’allattamento materno, non in tutti i casi esso è possibile poichè in una piccola percentuale (il 5% circa) vi sono nette e precise controindicazioni. Tali evenienze si possono dividere in tre grandi raggruppamenti che sono:
1) Cause materne di ordine generale
L’evenienza di una nuova gravidanza consente alla donna di allattare sino al 3° – 4° mese al fine di non sottoporre la madre ad un duplice eccessivo affaticamento. Nessuna controindicazione è legata invece alla ricomparsa delle mestruazioni, sebbene il latte possa apparire meno gradito per la presenza in esso di ormoni femminili, di colina e sostanze istamino – simili che, in modo transitorio, potrebbero determinare disturbi dispeptici e lieve eruzione cutanea, motivi non sufficienti però per abbandonare l’allattamento.
La tubercolosi, che negli ultimi venti anni ha mostrato epidemiologicamente focolai di ripresa, è una controindicazione all’allattamento sia per la madre che potrebbe aggravere il proprio stato, sia per il lattante che correrebbe il pericolo di infettarsi. Fanno eccezione quelle madri che ammalatesi qualche anno prima abbiano superato bene la gravidanza e il parto senza presentare alcun segno di ricomparsa della malattia.
Tutte le malattie infettive acute (varicella, parotite, pertosse, febbre tifoide, brucellosi, epatite virale, infezione da HIV) o croniche (epatopatie, glomerulonefrite cronica, reumatismo articolare cronico), costituiscono una controindicazione all’allattamento. Le affezioni riguardanti il sistema endocrino (ipertiroidismo, iposurrenalismo e diabete mellito) sconsigliano l’allattamento in quanto debilitanti e intossicanti l’organismo materno. Per le cardiopatie sia congenite che acquisite il medico si deve regolare da caso a caso, in base alla gravità.
Costituiscono una controindicazione naturale all’allattamento le tossicomanie (madre dedita alla droga ed all’alcool).Le anemie gravi, le leucemie e le neoplasie in genere rendono impossibile l’allattamento naturale. Una menzione particolare meritano le affezioni a carico della sfera psichica e neurologica, in quanto rappresentano un pericolo per il lattante, potendo la madre compiere gesti insani. Nei casi di epilessia si deve sconsigliare l’allattamento quando gli attacchi comiziali sino abbastanza frequenti (intervalli di pochi mesi o di settimane), per il pericolo che uno di questi si verifichi mentre la donna ha il bambino attaccato al seno. Nel caso che la madre desideri allattare, durante la poppata dev’essere presente una persona di famiglia.
2) Cause materne di ordine locale
Una micromastia tanto marcata da non permettere una discreta secrezione lattea è assai rara, mentre la mancanza delle mammelle è eccezionale. Sia la completa mancanza di secrezione lattea (agalattia) che la riduzione di essa (ipogalattia), costituiscono un ovvio impedimento o limitazione
Lo spasmo riflesso dei dotti galattofori e l’angioneurosi dolorosa del seno (quest’ultima molto più rara che in passato) provacano dolori alla madre durante l’allattamento con scarsa fuoriuscita di latte; discreto beneficio in questo caso producono l’uso di antispastici e sedativi.
Per quanto riguarda le anomalie del capezzolo, difficilmente esso è troppo grande in modo tale da impedire la suzione; più spesso è piccolo, retrattile (piatto o ombelicato). In questi casi sia negli ultimi mesi di gravidanza che nei primi periodi dopo il parto si deve usare con prudenza il tiralatte nel tentativo di far sporgere progressivamente il capezzolo; per allattare si può ricorrere all’uso di tettarelle o paracapezzoli costituiti da una campana per lo più di vetro o di altro materiale che porta all’apice un capezzolo artificiale di gomma.
Maggior difficoltà per l’allattamento al seno è rappresentato dalle ragadi del capezzolo, che sono fissurazioni lineari della cute che possono essere radiate o circolari a profondità variabile; sono molto dolorose e provocano riduzione della secrezione lattea. Per la profilassi di tale evenienza è necessario procedere non solo ad una rigorosa pulizia dei capezzoli, che debbono essere tenuti il più possibile asciutti, ma è bene evitare che la poppata duri troppo tempo (non oltre 15 minuti). In presenza di ragadi l’allattamento non deve essere sospeso definitivamente (tranne in casi particolari) mentre è sufficiente interromperlo per qualche poppata o alternare un pasto al seno e l’altro al poppatoio fino a guarigione. In questi casi si deve ugualmente estrarre il latte con i tiralatte, che possono essere manuali oppure elettrici (utilizzabili solo in ambiente ospedaliero).
Per ottenere una guarigione più rapida si possono usare pomate a base di lanolina con vit A e D che non è necessario rimuovere prima della poppata. Nei casi a lenta risoluzione si può ricorrere all’uso di pomate a base di estrogeni coniugati che è bene asportare prima della poppata. Infine, i processi infiammatori della mammella rappresentati da mastiti, ascessi superficiali o galattoforiti, possono costituire un impedimento temporaneo o definitivo all’allattamento al seno.
Per la terapia si ricorre ad impacchi caldo-umidi uniti a terapia antibiotica, preferibilmente parenterale. Il seno colpito non deve essere offerto al lattante, ma il latte deve essere sempre asportato con il tiralatte.
3) Cause dipendenti dal bambino
Emerge tra le cause principali l’ostruzione delle vie respiratorie, come avviene nella riniti acute e croniche e nelle atresie delle coane. Nel primo caso un trattamento adeguato porta facilmente alla guarigione, ma nel secondo caso, facilmente diagnosticabile, la risoluzione è costituito dall’intervento chirurgico da effettuarsi prima possibile anche perché i neonati respirano con enorme difficoltà attraverso la bocca o possono arrivare facilmente all’asfissia e talvolta alla morte
L’abbraccio sinistro
L’abbraccio materno è qualcosa d’istintivo, che difficilmente s’impara. E molte madri sanno tenere in braccio il figlio meglio di altre. Il modo migliore per stringere il bambino è quello che offre al piccolo il più possibile contatto epidermico e che, evitando movimenti bruschi o nervosi, si accompagna a un dondolio ritmico ed a gradevoli cantilene. L’azione di cullare il neonato, inconsciamente simula una velocità che è vicina a quella del ritmo cardiaco.
Infatti, in esperimenti condotti in alcuni nidi si è visto che l’effetto calmante del dondolamento è tanto più efficace quanto più si attesta sui 60-70 movimenti al minuto.
Anche il pianto calava in maniera analoga. Grande importanza assume poi il battito cardiaco, infatti questo suono, anche se registrato e usato come una ninna nanna diminuisce di oltre la metà i vagiti e mantiene la sua capacità di indurre il sonno anche in età più avanzate. Non è un caso quindi che molte musiche riprendano questo stesso ritmo nella loro melodia.
A riprova dell’importanza della vibrazione del battito, c’è una vecchia indagine condotta negli anni ‘60 che dimostra che l’80% delle madri culla istintivamente il figlio con il braccio sinistro, cioè vicino al cuore. E per le madri mancine la percentuale scendeva solo di due punti percentuali. La stessa percentuale dell’80% emergeva anche da un’originale analisi condotta su un ampio numero di quadri rappresentanti “Madonne con Bambino” dipinte in diverse epoche e paesi. Su 466 tele prese in esame, 373 volte Maria sorregge Gesù con il braccio sinistro.