Quando si ha paura di amare

della dott.ssa Gabriella La Rovere

La Rovere Gabriella

Si dice che ogni volta che un rapporto d’amore finisce, si formi una piccola cicatrice sul cuore. I primi a parlare di pene d’amore furono Saffo e Catullo, mentre in tempi più recenti il cuore spezzato sembra essere diventato il tema d’elezione di musica e cinema. Romanticismi a parte, uno studio pubblicato qualche tempo fa su Proceedings of the National Academy of Sciences, sembrerebbe dimostrare che vi è davvero una corrispondenza tra la delusione d’amore e malessere fisico. Secondo i ricercatori dell’Università del Michigan (Usa) che lo hanno condotto, infatti, quando soffriamo per amore nel cervello si attivano le stesse aree deputate all’elaborazione del dolore. Insomma chi viene lasciato subisce di fatto un trauma reale, paragonabile per intensità a quello di una bruciatura. Per questo è così difficile “rimettersi in carreggiata” dopo una delusione affettiva: il cervello tenta di dissuaderci dal rivivere ciò che ci ha già fatto male una volta.La paura di tornare ad amare dopo una delusione d’amore è molto forte, specie se la ferita è fresca. Ma se non superata può trasformarsi in una vera e propria fobia

Eppure lo sappiamo tutti: la bellezza e l’intensità dell’amore non hanno eguali e il rischio vale sempre la candela. Ma non sempre è facile tornare lasciarsi andare e in alcuni casi la paura di poter essere abbandonati di nuovo prevale su tutto, assumendo i contorni irrazionali di una psicosi. La Philofobia è esattamente questo: la paura d’amare. Essa può declinarsi in una scarsa voglia di relazionarsi con gli altri, nello scappare da situazioni sentimentali che potrebbero diventare più serie col tempo, sino a veri attacchi di panico, tachicardia e ansia. Chi ne soffre, vive in una situazione di perenne instabilità visto che da un lato prova attrazione verso il suo pretendente mentre dall’altro nutre il desiderio di scappare lontano da lui e dal rischio di rendere più stabile la propria relazione. Oppure, in altri casi, sceglie di imbarcarsi in relazione complicatissime, che difficilmente avranno un andamento lineare, sfruttando le prime incertezze per potersi defilare. A mancare, quindi, la volontà di cimentarsi nel difficile gioco dell’equilibrio e del compromesso tra le proprie esigenze e quelle del partner. Un rapporto di coppia, per funzionare, prevede sempre che entrambi i componenti mettano da parte qualche piccola peculiarità della propria personalità e che facciano qualche passo l’uno verso l’altra sino a creare una alchimia che soddisfi entrambi, senza però mettere da parte la propria identità. Un processo psicologico molto difficile che ha bisogno di un impegno costante, ma che se si porta a compimento si risolve in una maggiore tranquillità emotiva. Chi è affetto da Philofobia, invece, tende a rifiutare tale processo di avvicinamento e anzi a rifugiarsi in se stesso, accentuando in molti casi, le spigolature del proprio comportamento.

solitude__wallpapers-71Un meccanismo di difesa che è una reazione quasi fisiologica quando fa seguito a una “rottura” ma che può diventare la norma se prolungato nel tempo. A quel punto si dimentica letteralmente cosa vuol dire aprirsi agli altri e farlo diviene difficile se non impossibile. Cosa fare allora? Davvero è impossibile tornare ad amare? Come ogni fobia anche quella dell’amore per quanto forte può essere superata. Ciò che occorre fare è tornare a fidarsi: dell’altro e della propria forza emotiva. Ma per riuscirci è necessario dimenticare il ricordo che ci fa soffrire o, quanto meno, dargli il giusto peso e non lasciare che esso condizioni totalmente la nostra vita. Certo è un processo lungo e a volte anche traumatico, perché se il ricordo è sopito ma ci logora da dentro, occorre riportarlo alla luce per superarlo razionalmente ed emotivamente e questo può risolversi in una sorta di “passo indietro”. Si torna a soffrire come nel momento immediatamente successivo alla rottura ma è necessario per poter andare avanti. Solo quando si ritorna a vedere le cose nella giusta prospettiva allora si può iniziare a lavorare su se stessi, tentando a esempio di superare il pessimismo a cui lentamente ci si è abituati. Bisogna smettere di fingersi indovini e di prevedere l’inesorabile fine di ogni storia d’amore. Si deve invece abbracciare la filosofia del “giorno per giorno”.

Godere degli attimi di reciproco scambio di affetto senza pensare che possano finire da un momento all’altro. Altrimenti si perde quella spontaneità che in definitiva è uno dei capisaldi dell’amore stesso. E poi bisogna imparare a comunicare all’altro quali sono i propri dubbi, le paure, gli atteggiamenti che ci offendono. Infine, non si deve aver paura di rivolgersi a un professionista che sappia consigliarci per il meglio e ci aiuti a sconfiggere i nostri fantasmi trasformando le nostre debolezze nei punti di forza di una maturità affettiva consapevole. Perché solo affrontando i nostri problemi si può  venirne a capo e imparare a non fuggirne. Perché la fuga per quanto possa essere semplice equivale sempre a una sconfitta e in questo caso specifico a una perdita: quella di rinunciare a un sentimento che rende la vita più piena e degna di essere vissuta. Fino in fondo.