Overload informativo e i danni alla salute

Il sovraccarico di informazioni favorito dalle nuove tecnologie può determinare problemi per il benessere, le relazioni e l’attività lavorativa

Ogni tipologia di lavoro porta già con sé un certo grado di stress lavorativo. Per gli adulti può essere fisico o psicologico, o un mix delle due componenti, dovuti a uno sbilanciamento tra la percezione delle richieste che il lavoratore riceve e la consapevolezza delle proprie capacità. Le nuove tecnologie portano con sé nuovi rischi per la salute. La nostra è una società dell’informazione intensiva e quotidianamente e sul posto di lavoro, arrivano tante informazioni di cui non si ha bisogno. Con la rete si attinge alle più distanti banche dati e la produzione di informazione che circola nel mondo ha raggiunto picchi mai visti. Si chiama ridondanza informativa e provoca insofferenza e crescente disinteresse, perché non sempre sappiamo che fare di così tante notizie. Possediamo un meccanismo di filtro basato sulla intenzionalità selettiva che lascia passare solo alcuni messaggi e ne scarta altri. Eppure giungono continuamente messaggi che non sono in alcun modo legati ai nostri interessi, e cresce il fastidio quanto più aumenta la ridondanza di comunicazioni e di temi ritenuti a noi estranei. Essendo un problema relativamente recente, ci sono limitati studi sull’impatto dell’informazione digitale sulla salute. Nel mondo della pubblicità si ritiene che superata una soglia critica il messaggio non viene quasi più percepito, trasformandosi in un fastidioso e noioso rumore di fondo. Lo chiamano tecnostress digitale e può manifestarsi sul posto di lavoro come stress occupazionale che provoca varie forme di disagio. è uno stress che non è provocato solo dall’incapacità di usare le nuove tecnologie, ma dall’obbligo che le imprese impongono di un aggiornamento continuo e più specializzato. L’abuso di sostanze che creano dipendenza, come la caffeina, può aumentare i sentimenti di preoccupazione e nervosismo, contribuendo allo sviluppo di ansia e avversione verso i programmi software e i sistemi digitali su cui girano. Ci sono sempre più lavoratori tecno-stressati e ciò non è dovuto solo al sovraccarico di nuove procedure informatiche. All’interno della marea di informazioni che quotidianamente inonda lo schermo del PC ci sono anche i messaggi di posta elettronica da leggere, cui bisogna rispondere per tenere il passo con il lavoro, la propria cerchia familiare, di amici e conoscenti. Uno studio all’interno di una grande azienda racconta che un impiegato visita in media 40 siti web al giorno e, di 6 e-mail lasciate chiuse per 24 ore, 5 vengono ignorate definitivamente. Un altro problema riguarda le continue interruzioni durante il lavoro per leggere i messaggi di posta elettronica, aziendali o privati, per inviare una risposta, o navigare in rete. In media s’impiegano circa 25 minuti per tornare all’attività lavorativa dopo un’interruzione provocata della posta elettronica e, il continuo stop and go influisce negativamente non solo sulla produttività ma anche sul benessere personale. A essere influenzati sono anche i processi decisionali. Se sul lavoro la risposta a un messaggio di posta elettronica non è tempestiva, il mittente si chiede legittimamente se il suo messaggio è stato volontariamente ignorato dal destinatario; deviato automaticamente nella posta indesiderata; lasciato in attesa per una risposta successiva o semplicemente sommerso e oscurato da altre e-mail. Il flusso di messaggi che arrivano sul telefono cellulare non cessa durante il lavoro quotidiano: messaggi di testo, WhatsApp o Telegram, Tweets, avvisi degli amici di Facebook e di Instagram, offerte commerciali, rassegne stampa, e offerte di lavoro da Linkedin. Edward Hallowell, psichiatra ed esperto di disturbi da deficit di attenzione, ritiene che il tecnostress nasce dalla consapevolezza di non essere in grado di elaborare le informazioni così velocemente come arrivano. Se a ciò si combinano un rimprovero per il rallentamento della pratica o per non aver risposto con celerità alla posta elettronica, si spiega l’aumento dell’esaurimento e della depressione. Non tutti si sentono stressati da un overload di informazioni, alcuni ne sono stimolati. Ma questo fa sorgere il sospetto che ci si possa trovare di fronte a una dipendenza dalle informazioni. Secondo un sondaggio americano su 4.000 utenti di posta elettronica, il 46% si considerava dipendente dai messaggi. Il 60% degli intervistati controllava la posta elettronica ininterrottamente, finanche nel proprio bagno, il 15% in chiesa e l’11% la nascondeva a un coniuge o a un altro membro della famiglia. In un altro sondaggio, un terzo dei messaggi ricevuti è giudicano non necessario, ma richiede circa due ore al giorno d’impegno per leggere e rispondere. Una notevole quantità di tempo chiaramente sprecata. Un ultimo aspetto preoccupante è che i digital mobile rendono le informazioni sempre disponibili e ciò annulla i confini tra lavoro e casa, influenzando, quasi sempre in maniera negativa, le relazioni e la vita familiare. Lo stress legato alla tecnologia provoca irritabilità, fastidio agli occhi, rughe, mal di testa e stanchezza. Condizioni che però possono evolvere in una attacco che gli anglosassoni chiamano computer rage, caratterizzato da un improvviso scatto di rabbia e una manifestazione acuta d’ansia nevrotica, con importanti e inevitabili conseguenze, specie in termini relazionali, di benessere, crescita e soddisfazione occupazionale.