della dott.ssa Antonella Tuzzi Centro di Riabilitazione ASL 6 Livorno, dott.ssa Carla Baiano Azienda San. Prov. di Siracusa “Umberto I”
Una delle conseguenze più frequenti dell’ictus è una sindrome dolorosa regionale che presenta anche delle alterazioni cutanee.
L’ictus è un evento patologico che rientra nelle sindromi vascolari acute. Può essere di tipo emorragico (da rottura di un vaso del circolo cerebrale o di un aneurisma o di una Malformazione arterovenosa) oppure più frequentemente ischemico, conseguente nel 25% dei casi a trombosi vasale e nel 70 % dei casi embolico (a partenza da placche ulcerate presenti nei vasi efferenti carotidei e vertebrali del circolo del Willis oppure direttamente dalle cavità cardiache) quest’ultimo è spesso preceduto da un campanello d’allarme che è l’attacco ischemico Transitorio (Transient Ischemic Attack del circolo carotideo o vertebrale) ovvero una sintomatologia neurologica focale per lo più motoria o carico dei nervi cranici oppure interessante il linguaggio, la cui regressione completa avviene in non oltre 24 ore e qualora la durata si allunga già si può parlare di ictus. L’ictus è, quindi, una emergenza medica che deve essere prontamente diagnosticata e trattata per l’elevato rischio di disabilità e di morte che essa comporta. Le statistiche c’informano che ogni anno si verificano in Italia circa 200.000 ictus, di cui circa il 20% è costituito da recidive, rappresentando la terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie. Il 75% degli ictus colpisce soggetti di oltre 65 anni con un tasso di prevalenza nella popolazione tra i 65 e gli 84 anni, pari al 6,5%.
Ad 1 anno dall’evento acuto, un terzo circa dei soggetti sopravvissuti ad un ictus indipendentemente dal fatto che sia ischemico o emorragico presenta un grado di disabilità elevato. I pazienti colpiti da accidente cerebrovascolare acuto possono sviluppare, nell’immediato post ictus, a carico dell’arto superiore che ha perso totalmente la forza muscolare volontaria (plegia), una vivace reazione dolorosa regionale accompagnata da alterazioni cutanee altrettanto evidenti, che prende la denominazione di Sindrome Dolorosa Spalla – Mano. Essa si presenta come un’affezione dolorosa regionale che colpisce più frequentemente il braccio-avambraccio – mano plegica o paretica, con una frequente localizzazione non metamerica, caratterizzata da dolore associato ad alterazioni neurovegetative imponenti (alterazioni disautonomiche vasomotorie cutanee, sudorazione), ma anche a possibili alterazioni delle articolazioni coinvolte (rigidità e successiva osteoporosi), per giungere alla impotenza funzionale dell’articolazione colpita, edema e contemporanea tumefazione di tessuti molli, che possono evolvere verso alterazioni cutanee atrofiche e distrofiche. Le caratteristiche clinico-semeiologiche della sindrome spalla – mano sono comunque molto variabili, oscillando da forme caratterizzate da imponenti alterazioni locali cutanee e sottocutanee a forme in cui il dolore può essere preminente; come anche la localizzazione più frequente si può manifestare a livello dei segmenti distali (mano, piede), ma può interessare anche articolazioni più prossimali (ginocchio, spalla, anca) e più di rado si hanno invece forme parcellari. L’Associazione Internazionale per lo studio del Dolore (IASP), nel tentativo di uniformare i numerosi appellativi presenti in letteratura – circa trenta in quella Francese e ottanta in quella Anglosassone – ha ribattezzato con la terminologia più generica di “Complex Regional Pain Syndrome” (CRPS l) l’antica Sindrome Algodistrofica, definita nella letteratura medico scientifica d’oltre oceano anche Distrofia Simpatico Riflessa. Numerosi sono i fattori potenzialmente all’origine della CRPS tipo I, spesso difficilmente identificabili; di sicuro i traumi sono tra le cause più frequenti insieme soprattutto alle lesioni neurologiche centrali, ma fra i fattori predisponenti vanno sicuramente considerati anche l’immobilizzazione, le artoscopie, l’infarto del miocardio, le neoplasie e alcuni farmaci come gli antiepilettici e diversi antitubercolari. La spalla dolorosa come complicanza dell’emiplegia post-stroke ha una prevalenza che varia dal 20% al 60% e riconosce più cause, tra cui la sublussazione dell’articolazione scapolo-omerale, dovuta alla plegia, con distensione delle strutture capsulo-legamentose e una possibile lesione nervosa periferica (nervo circonflesso e nervo soprascapolare) data dall’impingement subacromiale. Non è ancora noto quali siano le effettive proporzioni di queste diverse eziologie e se esiste un’associazione fra di esse; come anche tale affezione, la cui patogenesi non è ancora del tutto chiarita, sembra si sviluppi e si mantenga come conseguenza di alterazioni patologiche che interessano globalmente il sistema nervoso, proprio come accade nell’ictus.
Infatti s’ipotizza che un’infiammazione neurogena localizzata scateni i segni d’alterazione cutanea: l’edema, la vasodilatazione e l’iperidrosi (da iperattività del simpatico) presenti nelle fasi iniziali della CRPS; i pazienti presentano elevati livelli sierici di CGRP, un peptide tipizzante l’infiammazione di natura neurogena, mentre vengono rilasciati anche alcuni mediatori neurochimici presenti nelle fibre nervose primarie afferenti, di origine vascolare ma prodotti anche dalle fibre nervose afferenti stesse, dalle fibre simpatiche e da differenti cellule del sistema immunitario. Tali mediatori possono, attraverso varie modalità, indurre modificazioni funzionali e fenotipiche alle fibre afferenti primarie con alterazione conseguente dei patterns di scarica nervosa periferica (sensibilità periferica), coinvolgendo i canali del sodio e del calcio della conduzione nervosa; ma è anche accertato che si verifica una aumentata eccitabilità neuronale midollare (centrale), in relazione alla ripetuta scarica delle fibre C. Le informazioni nocicettive e non nocicettive che raggiungono i neuroni delle corna posteriori del midollo spinale, sono dunque alterate: la stimolazione ripetuta delle fibre C produce potenziali post-sinaptici nei neuroni midollari e il fenomeno del “wind up” che consiste in un progressivo incremento della scarica neuronale fino a raggiungere un livello più elevato rispetto alla scarica iniziale, cosa che persiste per alcuni minuti, dopo che la conduzione dello stimolo lungo le fibre C è cessato.
Inoltre i recettori del N metil D aspartato hanno un ruolo fondamentale nel generare e mantenere questo stato di attivazione del midollo spinale, tutto ciò spiegherebbe la commistione fra segni clinici nervosi e cutanei e di ciò si è tenuto conto anche a livello di classificazione da parte della IASP nel disegnare le caratteristiche cliniche della Complex regional Pain Syndrome/Shoulder-ome. Di fatto la spalla del paziente emiplegico colpito da ictus fra il primo e il terzo mese dall’evento acuto, può essere sede di una forma algodistrofica che tipicamente colpisce l’estremo distale dell’arto superiore plegico, contemporaneamente a un quadro capsulitico che interessa l’estremo prossimale. La sindrome dolorosa spalla mano può manifestarsi sia nella fase della plegia flaccida che in quella spastica, con segni clinici variabili secondo il periodo di osservazione. Nella stadiazione secondo Steinbrocker nella forma Classica o completa di Sindrome Dolorosa Spalla Mano si possono delineare schematicamente tre fasi: la prima, di durata variabile dai tre ai sei mesi, con coinvolgimento dei due segmenti articolari e una sintomatologia caratterizzata da tumefazione, rigidità dolore, iperidrosi, aumento della temperatura cutanea ed eritema insieme alla plegia o paresi. Nella seconda fase, dopo la risoluzione della tumefazione, sono più evidenti le alterazioni distrofiche cutanee (atrofia, ipertricosi, disidrosi) e le contratture muscolari, con accentuazione del dolore, della cianosi, presenza di cute fredda e rigidità articolare. Nella terza fase, nello stadio finale le alterazioni cutanee sono predominanti, la pelle si presenta atrofica, fredda, la rigidità articolare si consolida, mentre il dolore si riduce e comunque è relativo alla fissità articolare determinatasi. è chiaro che tale stadiazione è puramente didattica perché nella realtà clinica si riscontrano forme cliniche incomplete caratterizzate da fluttuazioni fra il I e il III stadio, con forme fredde sin dall’esordio. L’ampio coinvolgimento del Sistema Nervoso Centrale spiega le alterazioni motorie che l’accompagnano, così come i tremori e i movimenti involontari delle estremità affette: distonie, crampi muscolari dolorosi accentuati dallo stress psicologico e, nell’84% dei casi una condizione simile al neglect, una sintomatologia neurologica complessa che si manifesta negli ictus che colpiscono l’emisfero destro, caratterizzata dalla perdita del riconoscimento della metà del corpo colpita contro lateralmente e dello spazio che la circonda. In sintesi, la diagnosi della Sindrome Spalla – Mano (SHS) è dunque essenzialmente clinica e alcuni esami solo possono aiutare la diagnosi differenziale con altre condizioni patologiche: una radiografia convenzionale dei segmenti colpiti può rivelare un quadro classico di osteoporosi, che può comparire precocemente o anche dopo 2 settimane dall’esordio della sintomatologia (più frequentemente fra le 4 – 8 settimane) e solo nel 40% dei pazienti con “Complex Regional Pain Sindrome (CRPS)”.
La risonanza magnetica nucleare evidenzia bene l’edema della spongiosa dell’osso dovuta alla stasi vascolare intramidollare ed è il reperto più frequente dovuto a un aumento del contenuto d’acqua, per l’anomalia che colpisce i tessuti molli sottostanti, l’edema del sottocutaneo e l’atrofia muscolare. La densitometria ossea mostra una riduzione della densità ossea e del contenuto minerale e in particolare quest’ultimo sembra essere direttamente correlato alla gravità della SHS e dell’ictus, per cui quest’indagine ha di sicuro un ruolo importante per seguire l’evoluzione della CRPS. La valutazione neurofisiologica EMG – ENG consente di evidenziare la presenza di lesioni nervose periferiche eventuali e sembra avere un valore predittivo in pazienti emiparetici, ove nel 65% c’è una significativa correlazione fra la presenza di attività spontanea e sviluppo di SHS. Quest’ultima condizione può essere prevenuta nell’emiplegico con l’adozione di una cauta e precoce mobilizzazione dell’articolazione, favorendo la ricentralizzazione della spalla da associare all’elettrostimolazione della fascia superiore del muscolo deltoide e del sopraspinato in caso di sublussazione gleno-omerale. Si entra così nel merito delle strategie terapeutiche della SHS, facendo una breve premessa e ricordando l’importanza di alcuni fattori di rischio per pazienti affetti da ictus nello sviluppare la Sindrome Spalla – Mano: ritardo dei tempi d’inizio del trattamento riabilitativo, una riduzione del tono dell’umore del paziente, le alterazioni dello stato cognitivo, la presenza già di una osteoporosi e un basso livello socio economico. Le numerose strategie terapeutiche che servono alla gestione della CRPS/SHS vanno dalla terapia fisica occupazionale ai trattamenti farmacologici, dalla psicoterapia a tecniche di anestesia regionale (blocco simpatico e blocco somatico), dalla neuromodulazione (stimolazione del Midollo Sinale e analgesia intratecale) alle tecniche Neurochirurgiche (simpaticectomia chimica, chirurgica, ottenuta con radiofrequenza). Gli obiettivi dei trattamenti, integrati e multidisciplinari, sono prima di tutto quelli che mirano a ridurre l’edema e i sintomi dolorosi, a recuperare e/o mantenere l’articolarità, incrementando la forza muscolare, fino, più tardivamente, a renderla il più possibile funzionale.
La tossina botulinica si sperimenta contro il dolore
Per l’efficacia mostrata in alcuni studi preliminari merita una segnalazione l’uso sperimentale della tossina botulinica che agirebbe con meccanismo non ancora del tutto chiarito nel dolore neuropatico in particolare nella CRPS tipo I, determinando una inibizione del rilascio dei neuro peptici attivati nell’infiammazione neurogena che prende avvio dalle terminazioni nervose nocicettive e dall’inibizione del rilascio di noradrenalina e ATP nelle terminazioni simpatiche post gangliari.