Laser e trapianti contro l’artrosi

del Prof. Marco Maiotti Direttore del Centro di Medicina e Traumatologia dello Sport Ospedale San Giovanni Addolorata.

Lo stato dell’arte nella cura dell’artrosi oggi prevede l’impiego di nuove tecniche mini invasive che consistono nell’utilizzo di laser chirurgici o di trapianti.

Il tessuto cartilagineo riveste la superficie ossea delle articolazioni e agendo come un ammortizzatore attutisce i microtraumi ripetuti ai quali sono sottoposte le articolazioni, inoltre questo strato sottile impedisce lo sfregamento dei capi articolari garantendo una migliore fluidità articolare. La cartilagine articolare può però danneggiarsi in seguito a lesioni traumatiche o a causa della progressiva degenerazione dovuta alla naturale usura. Quando la cartilagine è danneggiata non guarisce e il danno tende ad aggravarsi manifestandosi con dolore e riduzione della mobilità articolare, si sviluppa cosi il processo artrosico. Il dolore può essere tenuto sotto controllo con farmaci analgesici o antinfiammatori o trattamenti fisioterapici. Si tratta però di terapie mediche non risolutive perché tolgono parte del fastidio ma non ne eliminano la causa, anzi rimuovendo il “campanello di allarme” quale il dolore, non fanno altro che aggravare il problema. In prima istanza è quindi fondamentale eseguire una diagnosi precoce attraverso un’accurata anamnesi, un esame clinico, radiografico e una risonanza magnetica.

Quando la lesione è superficiale, e quindi si ha solo uno sfaldamento del tessuto cartilagineo che non si approfonda fino a raggiungere il tessuto osseo, in artroscopia si può con un laser chirurgico “rimodellare la superficie cartilaginea“ restituendole cosi la sua funzione naturale. Quando la lesione si approfonda sino ad esporre il tessuto osseo sottostante, oggi è possibile eseguire un trapianto che prevede il prelievo di un piccolo frammento di cartilagine sana da una zona non sottoposta a carico dell’articolazione dello stesso paziente e il suo invio presso dei laboratori specializzati che provvedono a replicare il tessuto cartilagineo in vitro. A coltura ultimata il neotessuto cartilagineo viene reimpiantato nella zona “malata” che si integrerà completamente a livello della lesione con formazione di cartilagine ialina funzionale. Quando l’età del paziente supera i 50 anni e ci troviamo di fronte a uno stesso tipo di lesione le probabilità di attecchimento del trapianto sono minori. In questo caso è possibile impiantare cartilagine artificiale “materiale in idrogel” che ha le stesse caratteristiche di resistenza e viscosità del tessuto cartilagineo.

Tutto ciò, con le nuove tecnologie, può essere eseguito in artroscopica senza aprire l’articolazione, in anestesia locale e quindi con minor rischi anestesiologici. Quindi episodi che noi tutti ricordiamo come quelli di Falcao e Van Basten, che furono costretti a interrompere anzi tempo l’attività sportiva, oggi non dovrebbero più ripetersi, e anche per gli atleti c’è una possibilità di cura in più.