Una metanalisi pubblicata su JAMA mette in luce alcune interessanti considerazioni su quali diete determinano più il calo ponderale.
L’obesità è una condizione patologica in costante incremento: la sua diffusione ha ormai raggiunto un carattere epidemico in numerosi Paesi occidentali, ma non solo. Impossibile negarlo: le cause principali sono da ricercarsi nelle abitudini alimentari e nella sedentarietà. Certo ci sono anche cause organiche – ipotirodismo, ereditarietà e altre – che predispongono all’obesità. Complessivamente, però, è proprio “l’ambiente obesogenico”, inteso come fattori comportamentali e alimentari, che favorisce la maggiore incidenza del fenomeno e delle patologie croniche secondarie alle alterazioni fisio-metaboliche presenti nel sovrappeso: diabete, infarto, osteoartrite, sindrome da apnee del sonno e alcune forme di tumore. Nel 2013 il mercato dei prodotti per il sovrappeso e l’obesità è cresciuto a 3 miliardi di euro e spesso il paziente è indotto a spendere denaro in soluzioni miracolistiche prive di efficacia.
Una metanalisi recentissima pubblicata su JAMA (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/%2025182101) ha analizzato 48 studi randomizzati unici (7.286 individui) mirati al confronto tra intervento dietetico e nessuna dieta. Sorprendentemente la perdita di peso più grande è associata con le diete a basso contenuto di carboidrati (8,73 kg a 6 mesi e 7,25 a 12 mesi di follow-up) rispetto le diete a basso contenuto di grassi (7.99 kg a 6 mesi e 7.27 kg a 12 mesi). Un altro studio randomizzato presentato al recente congresso ESC di Barcellona (http: //annals.org/article.aspx?articleid=1900694) segna un ulteriore punto a favore delle diete low carb: dopo un anno si è riscontrata una perdita di 5,3 Kg, mentre quelli in dieta a basso contenuto di lipidi (‘low-fat’), a parità di calorie, avevano perso solo 1,8 Kg. ll dato forse più importante che emerge da questo studio è che lo score di rischio Framingham a 10 anni per le malattie coronariche risulta significativamente ridotto nel gruppo low carb (- 1,4%). Una spiegazione c’è: la dieta mediterranea, da sola, nei casi di insulino-resistenza e di adiposità localizzata perde a volte di efficacia in quanto l’assunzione di carboidrati stimola la produzione di insulina e gli effetti di deposizione lipidica degli estrogeni. Una dieta ricca di proteine e povera di carboidrati, per contro, si è dimostrata efficace nel preservare la massa magra e favorire la lipolisi, soprattutto in quelle zone in cui sono localizzate le adiposità, grazie al calo della produzione di insulina, che oltretutto rimodula la funzionalità degli estrogeni. Conclusione: una dieta povera di carboidrati e ricca in proteine potrebbe rivelarsi più efficace nel dimagrimento.