La penetrazione dei principi attivi attraverso la pelle è alla base dell’efficacia dei trattamenti topici in corso di una psoriasi a placche
A lla maggior parte dei pazienti con psoriasi a placche (o volgare) viene di norma prescritta una terapia topica. Formulazioni in gel, creme e pomate, generalmente a base di cortisone e di analoghi della vitamina D, oltre ad emollienti per ridurre prurito, bruciore e lesioni dolorose che sono alcuni dei sintomi vissuti quotidianamente. Ma la malattia va ben oltre i sintomi fisici. L’estensione delle tipiche macchie rosse, caratterizzate da squame spesse e argentee, spesso è tale da impattare in modo molto serio anche la psiche e la generale qualità di vita del paziente. Gli specialisti sanno quanto sia di fondamentale importanza cercare un trattamento che offra, oltre a un’alta efficacia di azione, anche una risposta veloce e una buona tollerabilità, senza tralasciare la facilità di utilizzo, caratteristica di base per avere una buona aderenza alla terapia da parte del paziente. Per questi motivi, nel contesto dei trattamenti topici, oltre che sui principi farmacologicamente attivi molta attenzione si è concentrata sulle caratteristiche chimico-fisiche della formulazione e del veicolo attraverso cui il trattamento viene somministrato, perché un’efficace penetrazione del farmaco attraverso la pelle è alla base di qualsiasi terapia. è un dato di fatto che la pelle possa assorbire in maniera differente le sostanze applicate, in base alla composizione delle loro formule. Talvolta però questa elementare nozione viene purtroppo sottovalutata e di conseguenza si fa fatica a spiegare alcuni dei fallimenti terapeutici che provocano l’abbandono precoce delle cure da parte di pazienti ormai delusi e scoraggiati. Superfluo ricordare che la cute non è una spugna e non è permeabile, perché se così fosse, assorbirebbe anche tossine, smog e altre sostanze pericolose presenti nell’aria. Lo stesso vale anche per le sostanze farmacologicamente attive, che peraltro non sempre vengono assorbite nello stesso momento in cui sono applicate sulla pelle. L’assorbimento, infatti, non è una caratteristica della cute che invece, tramite il suo sistema di barriera, è predisposta piuttosto a proteggere e ostacolare l’ingresso di sostanze esterne, microorganismi e altri agenti patogeni. In altre parole, la pelle è strutturata per rendere difficoltoso il passaggio di qualsiasi sostanza estranea alla propria fisiologia, e a questa regola non sfuggono neanche i farmaci topici. Fortunatamente, però, la funzione barriera non è assoluta e la pelle riesce assorbire parzialmente alcune sostanze, per cui è compito dei tecnici formulatori di tener conto delle difficoltà di diffusione, studiare la chimica delle molecole, analizzando in particolare alcuni loro parametri: affinità (sostanze solubili in acqua o in olio); dimensione (sostanze di piccole o grandi dimensioni molecolari); struttura fisica; fluidità; evaporazione. Le sostanze liposolubili e di piccole dimensioni sono quelle che riescono meglio a oltrepassare la pelle sfruttando i lipidi cutanei, fino a raggiungere gli strati più profondi. A questa categoria, appartengono molecole come le vitamine liposolubili (es. Vit. A, Vit. E, Vit. D ecc.). Al contrario, le sostanze idrosolubili e di grosse dimensioni faticano a penetrare la barriera cutanea; pertanto possono essere assorbite in maniera incostante o parziale, rimanendo spesso ancorate alle cheratine, le proteine che costituiscono principalmente lo strato corneo dell’epidermide. I dermatologi sanno bene che, per un buon assorbimento cutaneo delle formulazioni topiche, il peso molecolare delle sostanze idrofile deve essere inferiore a 500 Dalton. Inoltre a parità di peso molecolare, è più difficile che una molecola rigida e ingombrante passi la barriera cutanea rispetto a un’altra che, pur avendo lo stesso peso molecolare, si presenta in forma fluida a temperatura corporea. Un altro fattore favorevole è un punto di ebollizione basso. In più, la diffusione e l’assorbimento percutaneo delle sostanze sono regolati dalle cosiddette leggi di Fick che, in assenza di diffusione termica, determinano le variazioni di concentrazioni all’interno di un materiale in cui sono presenti fenomeni di diffusione molecolare. Ciò spiega che, affinché la cute assorba molti dei principi attivi, essi debbano presentarsi in concentrazioni inferiori all’1%. Poiché solo una quantità minima di loro viene assorbita è facile comprendere il motivo per cui il loro effetto terapeutico non sia così immediato ed evidente, come sperato. Tornando alla terapia della psoriasi a placche, forma che rappresenta quasi l’80% di tutte le diagnosi, una delle combinazioni di principi attivi più efficaci vede l’utilizzo combinato di calcipotriolo e betametasone, ritenuto il trattamento di prima scelta per il trattamento topico della psoriasi. Comprendere come veicolare al meglio questa combinazione di principi attivi, coniugando praticità ed efficacia, è stato a lungo oggetto di ricerche mirate che hanno portato alla commercializzazione di diverse formulazioni. Per aumentare la penetrazione e la biodisponibilità dei due principi attivi è stata infine sviluppata una originale formulazione in schiuma con dose fissa di combinazione di calcipotriolo (Cal; 50 μg/g) più betametasone dipropionato (BD; 0,5 mg/g), priva di alcool e tensioattivi che, in molti studi clinici, ha dimostrato la sua efficacia e una maggiore rapidità rispetto a pomate e formulazioni in gel. Grazie all’utilizzo di propellenti volatili, che svaniscono rapidamente al momento dell’erogazione, la schiuma forma un sottile strato, super saturo e stabile sulla pelle. La stabilità, è infatti un’altra caratteristica fondamentale che favorisce la penetrazione del farmaco nell’epidermide. Non si verifica invece, come avviene dopo l’applicazione di un unguento, la formazione di cristalli che inficiano l’efficacia del trattamento impedendo la penetrazione delle sostanze terapeutiche. La loro assenza, soprattutto in un periodo di tempo così esteso, rappresenta un vantaggio importante della terapia. E ciò senza influire negativamente sulla sicurezza, sull’omeostasi del calcio o sull’asse ipotalamo-ipofisi-surrene.