Melasma: una maschera sul viso

Per ogni donna la gravidanza rappresenta uno dei momenti più belli della vita. Mettere al mondo un bambino è un’emozione unica ma anche l’inizio di un lungo e affascinante percorso che procurerà tante gioie e altrettante responsabilità. Come diceva un antico adagio: “genitori non si nasce, si diventa”, e le prime settimane possono riservare alcune sorprese. Otre il 70% delle neomamme presenta una reazione che gli anglosassoni chiamano “baby blues” caratterizzata da una sensazione di malinconia, tristezza, irritabilità e inquietudine, che raggiunge il massimo 3-4 giorni dopo il parto, ma lentamente scompare in un paio di settimane. La spiegazione risiede nel drastico crollo degli estrogeni e del progesterone, e nella spossatezza fisica e mentale dovuta al travaglio e al parto. Più grave è invece la cosiddetta depressione post partum (DPP) o depressione puerperale che colpisce, con diversi livelli di gravità, circa il 10% delle neomamme e inizia nei primi due mesi dopo la nascita del figlio. Il disturbo è un problema da non trascurare in quanto può interferire con l’instaurarsi di un sano interscambio di affettività e di emozioni, fondamentale per lo sviluppo cognitivo, sociale ed emotivo del bambino. I sentimenti ricorrenti nella donna sono la tristezza, l’irritabilità, il senso di inadeguatezza nei confronti degli impegni presenti e futuri, e un certo senso di vergogna. Secondo gli psicologi, quest’ultimo aspetto è anche legato al fatto che una donna che partorisce può vivere male i cambiamenti subiti dal proprio fisico durante la gravidanza. Sono tante le trasformazioni che possono avvenire a livello fisico nella donna. Il parto può aver cambiato il suo corpo donandole una nuova femminilità ed estetica, senza dubbio più tondeggiante, che spesso però lei ha difficoltà ad accettare. Ci sono altri inestetismi significativi che possono minare l´autostima delle neo-mamme, rovinando il momento felice che si è venuto a creare da poco con l´arrivo del bambino. Uno di questi è il melasma, o cloasma gravidico. Come è noto, durante la gravidanza si verifica un aumento di estrogeni (in particolar modo del 17-βestradiolo) che stimolano i melanociti a produrre più melanina che si concentra sotto forma di chiazze iperpigmentate, dal rosso allo scuro, di forma irregolare e bordi non ben definiti, in alcune aree del viso, come a formare una maschera: fronte, zigomi, lati del viso, mento e sopra il labbro superiore. Questo inestetismo è più comune nelle donne che hanno un fototipo scuro, o che trascorrono molto tempo al sole, non è strano quindi che esso si riscontri maggiormente nei mesi estivi. La comparsa del cloasma può dar origine a una fastidiosa percezione che “l´essere madre”, abbia messo a rischio la sensazione naturale di “essere donna”. Nel migliore dei casi, la neomamma decisa a recuperare la sua bellezza, la sua femminilità e sensualità, inizia un percorso che passa attraverso diete, palestra, estetista, massaggi, e talvolta il chirurgo estetico. Lo scopo è contrastare, oltre all’aumento del peso, gli inestetismi insorti sulle zone del corpo più colpite dalla gravidanza e che necessitano di un’attenzione maggiore: il seno, l’addome e il viso. Il primo infatti può apparire svuotato e perdere tono, il secondo risente visibilmente dell´aumento di grasso e volume e oltre al rilassamento cutaneo dovuto alla diastasi dei muscoli retti dell´addome, e può mostrare smagliature. Per quanto riguarda le macchie sul viso è difficile che esse scompaiano da sole e completamente nei mesi successivi al parto, specie se la melanina si è depositata non solo a livello dell’epidermide, ma più in profondità, nel derma.

Esiste infatti un certo grado di recupero fisiologico dovuto al fatto che dopo la nascita i livelli ormonali tornano alla normalità e questo può attenuare l’inestetismo. Questo eventuale miglioramento va però accompagnato con una efficace protezione solare che eviti l’azione dei raggi del sole che, in modo naturale stimolano l’attività dei melanociti. La permanenza, dopo il parto e l’allattamento, di chiazze più o meno scure ma particolarmente evidenti, necessita di interventi più mirati e efficaci. La scelta varia da procedure più leggere a tecniche più aggressive. Se non si vuole ricorrere allo specialista per un peeling chimico che rimuova gli strati superficiali della pelle, o per applicazioni laser che eliminino il pigmento melanico, bisogna adottare un protocollo cosmetico schiarente e depigmentante che affronti alla base il problema e, nel lasso di tempo necessario, contribuisca a ridurlo in maniera fisiologica e duratura. La ricerca dermocosmetica ha identificato una serie di principi attivi in grado di restituire all’epidermide la sua naturale uniformità di colore e luminosità, garantendo ottimi livelli di sicurezza. Per comprendere la loro azione, però, dobbiamo ripartire dal ben noto processo della melanogenesi. I melanociti sono cellule specializzate situate nello strato più profondo della pelle, nella giunzione dermo-epidermica, negli spazi intercellulari dello strato basale. Tramite una serie di reazioni ossidative che comprendono l’aminoacido tirosina e l’enzima tirosinasi, all’interno dei melanosomi, organelli presenti nel loro citoplasma, si forma la melanina. A livello istochimico tutto inizia con l’idrossilazione della tirosina sintetizzata dai melanociti, a cura di un enzima detto tirosinasi. Si forma 3,4- idrossifenilalanina (L-DOPA) che è poi ossidata, sempre dalla tirosinasi, a dopachinone. Questa molecola è molto reattiva e da essa hanno inizio i due diversi percorsi metabolici che conducono alla formazione di eumelanina e feomelanina. Nel primo caso per auto-ossidazione si forma dopacromo che per azione del TPR2 (tyrosinase-related protein) diventa acido di-idrossi-indolo-2-carbossilico (DHICA) e poi a seguito di una polimerizzazione ossidativa indotta dai due enzimi TRP-1 e TRP-2, si trasforma in eumelanina, polimero di colore marrone-nero. Per la feomelanina, molecola più piccola e di colore giallo-rosso, il dopachinone con l’aggiunta di sostanze contenenti zolfo, c’è un passaggio intermedio rappresentato dalla cistenil-DOPA o glutatione-DOPA. Dal punto di vista biologico, il processo viene distinto in quattro diverse fasi evolutive. Nella prima, i premelanosomi sono caratterizzati da una forma sferica e matrice amorfa. Nella seconda fase, assumono una forma ovale e sono ancora privi di melanina. Nel terzo momento, quando entra in azione la tirosinasi, inizia la produzione di melanina che terminerà nell’ultima fase, quando gli organelli, divenuti melanosomi maturi, con alte concentrazioni di melanine, verrano trasferiti, attraverso i microtubuli e le strutture dendritiche dei melanociti, fino ai 20/25 cheratinociti epidermici con cui ogni melanocita è strettamente in contatto all’interno della cosiddetta unità melano-epidermica. All’interno di ogni cellula la melanina, disponendosi intorno al nucleo può svolgere il suo fisiologico ruolo protettivo verso i raggi UV. Quasi superfluo ricordare che i soggetti con fototipo più scuro possiedono una maggior quantità di eumelanine e meno feomelanine, mentre per quelli con carnagioni chiare è esattamente l’opposto e per questo sono più sensibili ai raggi del sole. Ciò detto è comprensibile come l’azione delle formulazioni schiarenti e depigmentanti, punti a interferire e impedire le varie fasi della iperproduzione di melanina che si riscontra nel melasma gravidico. In particolare l’azione della tirosinasi e degli enzimi TRP. Per finire, va tenuto anche presente, che dopo la gravidanza, la produzione dei melanociti può essere accentuata dall’uso di alcuni farmaci antinfiammatori, antibiotici e antidepressivi, e dalla pillola anticoncezionale. Lo stesso effetto è riconosciuto alla prolattina che può restare elevata durante l’allattamento. Tenendo in conto, poi, che gli esperti riconoscono una possibile predisposizione genetica, una certa forma di prevenzione può essere iniziata fin dai primi momenti della gravidanza adottando misure semplici: una minore esposizione ai raggi UV, evitare lampade abbronzanti, e prima della protezione solare applicare creme, sieri, gel e maschere contenenti sostanze antiossidanti come la vit.C, che, neutralizzando i radicali liberi indotti dalla fotoesposizione aiutano la pelle a non pigmentarsi e riducono il rischio di insorgenza delle macchie gravidiche sul volto.