La politica chiede aiuto all’estetica perché un volto più giovanile e disteso tranquillizza gli elettori e mostra un candidato meno preoccupato
di Michael Gould
Agli inizi di ottobre scorso la notizia è comparsa sui giornali di tutto il mondo. Il presidente del Brasile Lula, per presentarsi in forma smagliante e ottenere la rielezione, si sarebbe sottoposto a delle applicazioni di botox. A sostenerlo è stato un articolo pubblicato su Veja, il principale settimanale di Rio de Janeiro, che ha raccontato che una rinomata dermatologa di San Paolo avrebbe effettuato più interventi sulla fronte e intorno agli occhi. A spingere Lula verso questa scelta estetica sarebbe stata la seconda moglie, Marisa, che a sua volta si era sottoposta a liposuzione all’indomani della prima elezione del marito nel 2002. Risultati raggiunti: un’immagine più giovanile e uno schiacciante successo elettorale. I giornali scrivono che lo stesso è successo in Francia dove la candidata socialista all’Eliseo, Sègolène Royal, nel rush finale delle sue travolgenti primarie si sarebbe affidata a un noto chirurgo per una benefica infiltrazione di botox. Vittorie dovute al botulino? Nessuno nega che anche da noi recentemente la Politica abbia chiesto aiuto alla chirurgia plastica (chi dimentica il trapianto di capelli di Berlusconi?) ma difficile credere che l’estetica, pur tanto importante in Brasile e in Europa, abbia determinato in maniera decisiva il risultato delle urne, ma tutti gli osservatori hanno riconosciuto che le immagini dei candidati, più distese e giovanili, hanno certamente influito sulla percezione degli elettori. Non è un mistero, infatti, che il viso dell’ex operaio Lula, a causa di numerose rughe, appariva triste e depresso e questo poteva essere ricollegato a malevoli interpretazioni in merito agli scandali venuti alla luce nel corso della precedente legislatura. A supporto dell’ipotesi che l’eleminazione delle rughe renda il volto meno cupo, e di conseguenza, aiuti a ridurre anche alcuni segni di depressione clinica è stato recentemente pubblicato sulla rivista americana Dermatology Surgery uno studio pilota realizzato dal dott. Eric Finzi, dermatologo del Maryland per il quale le espressioni facciali, come il corrugare di continuo la fronte – movimento tipico dei depressi – invierebbe segnali precisi al cervello, che a sua volta risponderebbe emettendo sostanze responsabili di produrre sensazioni d’infelicita’ o di allegria a seconda di ciò che appare sul viso. In altre parole, non si corrugherebbe la fronte perché si è depressi ma, al contrario, sarebbero le espressioni corrucciate a indurre una serie di reazioni a catena responsabili dell’insorgere della depressione. Per dimostrare questa ipotesi, il dermatologo ha selezionato un gruppo di volontari affetti da una forma depressiva diagnosticata come non grave, e li ha sottoposti a un protocollo di trattamento con iniezioni di Tossina Botulinica. Dopo appena otto settimane tutti i pazienti, a eccezione di una signora affetta da malattia bipolare invece che da una vera depressione, avrebbero mostrato oltre che un viso più giovanile anche un miglioramento dell’umore e dello stato d’animo generale. Un risultato alquanto sorprendente ma cui fa da contorno un altro studio realizzato nel Regno Unito dove sarebbe stata identificata una vera dipendenza psicologica da botulino. Lo psicologo Carter Singh, e Martin Kelly, chirurgo plastico della clinica London Plastic Surgery Associates, in collaborazione con 81 centri di chirurgia plastica sparsi nel Paese, hanno messo in luce l’alto rischio per cui quattro pazienti su dieci non riescirebbero più a vedere allo specchio il loro viso segnato dall’età, e quindi ricorrerebbero allo specialista ancora prima che l’effetto della precedente infiltrazione di botox svanisca. Una richiesta che sarebbe causata direttamente da un bisogno psicologico e non da una dipendenza di tipo farmacologico. Questo nuovo stato d’animo si concretizzerebbe nella mancanza di controllo nei confronti del processo naturale d’invecchiamento, in manifestazioni di rabbia verso le critiche per il loro ricorso al botulino, e nella convinzione di sentirsi realmente più giovani. Ma di fronte a questi segni si può parlare di veri comportamenti maniaco-compulsivi? La maggior parte degli esperti propende decisamente per il no e tende a inquadrare il fenomeno nella crescente domanda di procedure estetiche semplici, poco rischiose e che non costringono a lunghi periodi di convalescenza. Queste ragioni basterebbero a spiegare la richiesta sempre più frequente di tossina botulinica, con indicazioni che vanno dalla eliminazione delle rughe d’espressione fino al “lifting chimico” del sopracciglio. Inoltre non sembra che, dal 15 aprile 2002 – data d’approvazione della tossina botulinica di tipo A (Botox©) per il miglioramento dell’aspetto estetico di solchi e rughe – la rigida Food and Drug Administration americana abbia mai emesso un warning (allarme) riguardo questo rischio, dopo un approfondito studio clinico che ha coinvolto oltre 530 pazienti, e dopo che nel corso degli ultimi quattro anni milioni di persone in tutto il mondo si siano sottoposte a trattamento. Inoltre non va dimenticato che il Botox© aveva già ricevuto l’approvazione nel 1989 per il trattamento di due disturbi muscolari degli occhi, il blefarospasmo e lo strabismo, e nel 2000 per la cura della distonia cervicale, una malattia neurologica accompagnata da dolorose contrazioni muscolari del collo e delle spalle. Ma la storia e il monitoraggio della tossina botulinica va ancor più in la’ con gli anni. Il suo impiego sperimentale per il trattamento dello strabismo risale al 1977 e in quella occasione s’inizio’ a notare che i pazienti trattati presentavano un aspetto del volto più rilassato. Cosa che apri’ le porte all’impiego con finalità estetiche, all’inizio degli anni ’90.