Neurofisiologia del contatto: Neurofisiologia

La fisioterapia non può ignorare cosa stimola e come avviene il “con-tatto” con la pelle del paziente 

di Anna Valente, fisioterapista – dirigente AS

La maggior parte delle professioni sanitarie richiede una certa dose di contatto fisico con il paziente. Cio’ è ancor più vero per i professionisti della riabilitazione che ogni giorno curano i loro pazienti attraverso tecniche manuali. Sia che si tratti di tecniche di massaggio o di cinesiterapia, in ogni caso le mani dei fisioterapisti diventano il tramite per veicolare il loro “saper fare” e la loro competenza passa attraverso l’azione del “con-tattare” il paziente.

In questo articolo si vuole approfondire la riflessione su alcuni aspetti del “contatto corporeo”, in particolare sugli aspetti neurofisiologico e psicologico. Il termine stesso “con-tatto” ci riporta a un organo di senso quindi all’aspetto anatomico, organico del toccare la pelle. Come è noto, in questo organo sono presenti diversi tipi di recettori sensoriali, tra cui sono diffuse molte terminazioni nervose libere, piccoli filamenti che danno la sensazione del tatto grossolano, della pressione, del dolore, del caldo e del freddo. Nella cute sono presenti anche dei recettori specializzati per avvertire la pressione e il tatto, i corpuscoli di Meissner, e alla base di ogni pelo c’è un recettore che permette di avvertire anche la più leggera pressione sul pelo stesso. La fisiologia di base ci insegna che gli stimoli sulla pelle vengono avvertiti da queste particolari terminazioni nervose che generano impulsi che vengono trasmessi tramite i nervi al midollo spinale, qui le fibre nervose si ramificano, alcuni rami terminano nel midollo spinale, altri raggiungono il tronco dell’encefalo, il cervelletto, il talamo e la corteccia cerebrale. Quando i segnali sensitivi raggiungono il talamo cominciano a entrare nella sfera della coscienza, viene localizzata grossolanamente la loro origine nel corpo e si riconosce la sensazione cioè se è tatto, pressione, caldo, freddo, dolore. Per una localizzazione molto precisa degli stimoli e per apprezzare la loro qualita’, i segnali devono arrivare alla corteccia cerebrale.

Quando il fisioterapista tocca il proprio paziente che cosa succede? Nel paziente si attiva un circuito neurofisiologico che raccoglie le informazioni dal mondo esterno e le trasporta all’interno del suo sistema nervoso fino ad arrivare alla corteccia dove lo stimolo viene riconosciuto: in questo caso la mano del fisioterapista diventa lo stimolo esterno da cui partono i segnali che arrivano al sistema nervoso centrale del paziente attraverso le vie della sensibilita’ esterocettiva; anche nel fisioterapista, pero’, si attiva lo stesso circuito neurofisiologico, in questo caso le informazioni provengono dal tessuto cutaneo del paziente e arrivano al sistema nervoso centrale del fisioterapista, qui le informazioni vengono elaborate in base alle conoscenze e all’esperienza del professionista e diventano utili ai fini del trattamento terapeutico.

Il circuito neurofisiologico della sensibilita’ viene attivato in entrambi i protagonisti (paziente e professionista), questo permette una elaborazione delle informazioni che hanno una diversa valenza per i due soggetti: il fisioterapista le raccoglie per usarle ai fini del trattamento (zone dolenti, di ipersensibilità o di iposensibilita’, di edema, di flaccidita’, di tensione, di calore, di fibrosi, di lassita’, ecc.), il paziente, attraverso l’attivazione del circuito della sensibilita’, prende coscienza dell’azione del fisioterapista in termini di sensazioni di benessere, di rilassamento, di trazione, di pressione o anche di dolore. Al di la’ delle manovre manuali terapeutiche specifiche per ogni metodo e per le diverse patologie, voglio portare l’attenzione al punto e al momento di “con-tatto” tra il fisioterapista e il suo paziente. Quando due identita’ diverse si toccano si instaura un dialogo sensoriale e terapeutico ai confini del corpo, perché la pelle, nella sua totalita’, può essere immaginata come il confine del proprio corpo. Oltre a stimolare le vie della sensibilita’ che cosa succede nel contatto corporeo? Si incontra un’altra individualita’ diversa da sè, si entra nella sfera intima dell’altro, quindi il fisioterapista deve essere consapevole di questi aspetti e deve saper gestire questo “con-tatto” con professionalita’. Entriamo quindi nell’aspetto psicologico dell’intervento terapeutico. Il fisioterapista stabilisce una relazione con il proprio paziente e la condizione di base per poterlo fare è di avere la percezione di sè e quindi un’autoconsapevolezza. Dalla percezione di sè nel ”qui ed ora” il fisioterapista procede verso la consapevolezza dei confini e delle differenze tra “sè” e “l’altro da sè” che è il suo paziente. In questo modello di relazione l’Io incontra il Tu, la relazione viene vista e vissuta come “processo” e come tramite per veicolare la cura, la terapia. Il fisioterapista si pone in modo empatico rispetto al suo paziente e dialoga con lui sia con le parole che con l’azione delle sue mani.

Nella relazione “fisica” con il paziente entrano in gioco diversi aspetti: si può essere invadenti o, comunque, il paziente può sentirsi invaso, il contatto, come in alcune manovre di massaggio, può dare la sensazione di piacere, quindi di benessere, oppure può dare sensazioni non piacevoli come dolore o bruciore e quindi scatenare delle difese fisiche e psicologiche.Il contatto corporeo diventa una forma di interazione e come in tutte le comunicazioni c’è un emittente, un ricevente, un messaggio da trasmettere, un codice di trasmissione e un contesto in cui avviene la comunicazione. Questo tipo di comunicazione “corporea” può rientrare nella comunicazione non verbale o analogica. Va detto che ogni comunicazione ha un aspetto di “contenuto” e uno di “relazione”, in genere l’aspetto di contenuto viene trasmesso con un modulo numerico, cioè attraverso le parole, e l’aspetto di relazione viene trasmesso attraverso il modulo analogico, cioè attraverso il linguaggio del corpo.

Perché questa comunicazione non venga compromessa è necessario rispettare le diverse fasi del contatto o meglio, parlando in chiave gestaltica, del “ciclo del contatto”.
Cosi’ come nella comunicazione verbale, in questa comunicazione “analogica” attraverso il contatto corporeo è bene che ci sia

  • una fase di pre-contatto,
  • una fase di contatto pieno,
  • una fase di post-contatto.

 

Nella fase di pre-contatto, che richiede una-due sedute, il fisioterapista valuta con attenzione e con delicatezza la situazione del suo paziente senza oltrepassare il “confine” dell’altro che può essere manifestato da dolore, resistenza, difese eccessive sia dal punto di vista fisico che psicologico, cerca anche di “comprendere” lo stato fisico e psicologico del paziente che è dipendente da lui e quindi è in una posizione asimmetrica, preparando un progetto di intervento.

Nella fase di contatto pieno il fisioterapista, dopo aver stabilito con il suo paziente un’alleanza terapeutica, entra nel pieno della cura e mantiene un dialogo costante con lui sui suoi progressi e le sue difficoltà. Nella fase di post-contatto, infine, nelle ultime due-tre sedute, il fisioterapista e il suo paziente si preparano a concludere l’esperienza del percorso di cura, che vuol dire autonomia per il paziente, e quindi a “separarsi”. Dall’incontro e dal “con-tatto” alla separazione: il ciclo si chiude e l’esperienza va a depositarsi nella memoria del corpo sia del fisioterapista che del paziente.