di Barbara Di Chiara
Secondo una tecnica ideata in Germania negli anni ‘40, infiltrazioni antidolorifiche in alcune aree del corpo umano potrebbero aiutare nella cura di varie malattie
Potremo scherzosamente definirla come una “cugina” dell’agopuntura e della riflessologia. Ma la neuralterapia, al pari delle sue parenti, sicuramente più famose grazie al boom di cui hanno goduto negli ultimi anni, si basa su principi sufficientemente originali. Fu negli anni ‘40 che i fratelli Walter e Ferdinand Huneke, due medici tedeschi, dimostrarono mediante alcuni studi specifici che un’irritazione nervosa rappresenta un fattore che può andare a perturbare altre funzioni dell’organismo, a livello di qualsiasi distretto somatico, anche dopo una quantità imprevedibile di tempo. In poche parole, gli Huneke sostennero per primi che uno stato di sofferenza dei neuroni può generare e sostenere una grande varietà di altre malattie. Con ulteriori osservazioni i loro studi cercarono di dimostrare inoltre che non vi è una proporzione tra la gravità della lesione iniziale e quella della malattia conseguente e che la latenza temporale tra il primo e il secondo evento può essere estremamente variabile. La loro ipotesi di partenza era che nel sistema nervoso esisterebbero alcuni dispositivi capaci di riconoscere, amplificare e distribuire anche altrove gli effetti dei processi irritativi che si realizzano globalmente nel suo contesto. Se in medicina fino ad allora ci si era sempre basati sulla certezza che nella patogenesi delle malattie la causa e l’effetto fossero legati da un rapporto lineare, da quel momento si apriva la riflessione sulla complessità dell’organismo umano. Dalla teoria all’applicazione pratica di queste concezioni ci sono volute diverse generazioni di studiosi.
Oggi, l’ancor poco nota neural-terapia è una tecnica che, come dice il nome stesso, si propone di curare le malattie attraverso il sistema nervoso. Essa si avvale dell’uso degli anestetici locali quale strumento terapeutico sia contro le patologie caratterizzate da dolore (cefalee, emicranie, sciatalgia, nevriti, artriti, ecc.) che contro tante altre (respiratorie, circolatorie, digestive, ecc.) in cui il dolore non è un sintomo preminente o in cui non compare affatto.
Ancora adesso, il principio fondamentale della neural-terapia resta quello primitivo ipotizzato dagli Huneke: nel corpo umano esisterebbero dei “campi perturbanti” o “di disturbo” (la sorgente di irritazione nervosa), ossia zone del corpo che, presentando cellule danneggiate, causano problemi in altre parti, anche lontane, dell’organismo. Non si debellerà la malattia finchè non si scoprirà tale campo perturbante e ne si andrà a bloccarne l’attività mediante iniezioni locali di sostanze anestetizzanti, in punti ben precisi del corpo che variano a seconda del genere di disturbo e della zona in cui si presuppone sia presente l’irritazione nervosa.
Qualsiasi organo o parte del corpo può diventare un campo perturbante, anche se nella maggior parte dei casi si tratta delle tonsille, dei denti, o di cicatrici anche piccolissime.
Ma qual è il razionale di questa teoria? Secondo i seguaci degli Huneke, va considerato il collegamento esistente fra tutte le diramazioni del sistema nervoso, per cui se anche un piccolo gruppo di neuroni si ammala, qualunque sia la causa, le conseguenze possono anche propagarsi a distanza., La sofferenza dei neuroni, sia sensoriali che motori, esiterebbe sempre in una “depolarizzazione” in cui il potenziale elettrico della membrana cellulare andrebbe perduto. Gli anestetici locali agirebbero da neuromodulatori, opponendosi alla depolarizzazione nervosa e, in questo modo, manifesterebbero la loro efficacia terapeutica. Come agisce un natural-terapeuta? Prima pone la diagnosi e poi va alla ricerca del campo perturbato che può essere causa del processo morboso. Ne consegue una strategia terapeutica a base di infiltrazioni locali, la cui azione si manifesta in pochi istanti.
Spesso questa tecnica viene utilizzata come terapia complementare o di “appoggio” ad altre, per accelerare la guarigione e soprattutto diminuire il malessere del paziente. è comunque importante ricordare che, per ammissione degli stessi ideatori, esistono alcune malattie che non possono essere assolutamente curate per mezzo della neuralterapia: sono le malattie psichiche, quelle in cui la componente genetica è determinante (ad esempio le distrofie muscolari), le malformazioni e infine le malattie carenziali.
La neuralterapia, in tutti i paesi dell’Unione Europea, può essere effettuata solamente da medici o da dentisti laureati. Statisticamente, il paese in cui viene maggiormente utilizzata è la Germania, sua patria natale, seguita dall’Austria e dalla Svizzera. In Italia è relativamente poco conosciuta, probabilmente per la maggior diffusione rispetto ad essa dell’agopuntura e della mesoterapia. Per
Approfondimenti
Paolo Cataldi, medico esperto di medicine naturali, già autore di testi rinomati quali: “Dieta Mayr” e “Vincere il dolore”, ha recentemente pubblicato per le Edizioni Red un volume interamente dedicato a questa tecnica di cura, dal titolo “Neuralterapia – Le infiltrazioni antidolorifiche che curano dolori reumatici, mal di testa, nevralgie”. Il libro analizza approfonditamente la storia della disciplina, esaminando, tra l’altro, le metodiche che essa utilizza e i disturbi per i quali è maggiormente consigliabile. Di notevole interesse risultano: l’ultimo capitolo, “Nella Procaina un segreto di giovinezza”, totalmente incentrato sui risultati ottenibili nella lotta alle cosiddette “malattie della vecchiaia”, e la Bibliografia, in cui il lettore curioso troverà testi di approfondimento dei temi trattati e il medico un quadro riassuntivo della letteratura. Il testo esce all’interno della collana “L’altra medicina”, un’etichetta da sempre attenta a quelle terapie, tecniche e rimedi che si pongono come alternative alla medicina convenzionale.
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