Fitoestrogeni: abc della fitoterapia

del dott. Vincenzo Varlaro, docente di Fitoterapia presso il Master dell’Univ. Tor Vergata e della Scuola Intern. Med. Estetica Fatebenefratelli

Utilizzabili sia negli stati carenziali degli estrogeni gonadici che per rallentare l’invecchiamento cutaneo e l’osteoporosi. Negli ultimi dieci anni, specie sulle riviste femminili, abbiamo letto che i fitoestrogeni rappresentano una sorta di linfa per quel meraviglioso fiore che è la giovinezza. I fitoestrogeni allontanerebbero la vecchiaia e, potrebbero avere un ruolo importante nell’allungare la vita. Affermazioni che, a lungo andare, molti medici hanno fatto proprie non sempre approfondendo, però, le motivazioni scientifiche che sottendono a queste potenzialità che, solo per inciso, io riconosco in pieno ai fitoestrogeni.

In questo breve articolo cercherò, quindi, di riassumere i concetti principali cui la ricerca è finora giunta, sperando di aiutare, chi lo vorrà, a iniziare un percorso di conoscenza personale all’interno della fitoterapia. Una prima serie di certezze: è stato dimostrato che i fitoestrogeni sono in grado di inibire la secrezione di FSH, LH, prolattina, di inibire le aromatasi a livello tissutale, di svolgere un leggero effetto antidopaminergico, di effettuare azioni antiossidanti, antiangiogenetiche, antiproliferative. Studi in vitro hanno inoltre dimostrato che l’effetto antiproliferativo è dovuto all’induzione dell’apoptosi della cellula tumorale per inibizione dose-dipendente del citocromo P450 con conseguente azione citostatica. Si sa oggi per certo che i fitoestrogeni hanno un’alta affinità per i recettori ERa ed ERb del 17 b-estradiolo ma si legano debolmente alle SHBG e per niente alle Corticosteroid Binding Protein: questo permette loro di rimanere liberi in quantità elevate e, quindi, di competere con gli estrogeni gonadici per il legame con i recettori ERa ed ERb.

La genisteina (un isoflavone) è in grado di attenuare la proliferazione delle cellule normali e delle cellule cancerose indotta salvia officinalis cupressus sempervirens da fattori di crescita e citochine, svolge una specifica inibizione dell’autofosforilazione della tirosina dell’EGF receptor e potrebbe agire sul ciclo cellulare, sulla topoisomerasi II, sul TGFb1. Non basta? I fitoestrogeni si sono dimostrati in grado di stimolare la proliferazione di linee cellulari MCF-7 (carcinoma mammario umano) e di modulare la sintesi proteica, la produzione dei fattori di crescita, la proliferazione cellulare, la neoangiogenesi. La minore incidenza del carcinoma mammario nelle donne asiatiche e giapponesi in età fertile, che fanno largo consumo di Soja, sembra essere legata proprio all’effetto estrogeno-antagonista dei fitoestrogeni. Anche la minore incidenza della cellulite nelle donne asiatiche che fanno largo consumo di Soja potrebbe essere legata all’azione estrogeno-antagonista dei fitoestrogeni: verrebbe limitato a livello trocanterico e peritrocanterico, da parte dei fitoestrogeni, l’effetto degli estrogeni che notoriamente stimolano la liposintesi.

 

In più, uno studio effettuato su donne ispaniche ha dimostrato che i fitoestrogeni sono in grado di ridurre i rischi associati all’obesità nelle donne in post-menopausa. In merito agli effetti dei fitoestrogeni sull’assetto lipidico studi hanno dimostrato che sono capaci di ridurre i livelli di LDL, VLDL, colesterolo totale e sono capaci di determinare un parallelo incremento del colesterolo HDL. è noto che le controindicazioni all’impiego dei fitoestrogeni sono rappresentate dal carcinoma mammario e dalla terapia con tamoxifene. In quest’ultimo caso, infatti, è stata dimostrata l’interferenza degli isoflavoni con il farmaco: legano l’estrogeno binding site II (ERa, ERb) con la stessa affinità del tamoxifene per cui riducono l’efficacia del farmaco. Per questo, nella Circolare n. 3 del 18.7.02 del Ministero della Salute, c’è scritto che l’apporto giornaliero di isoflavoni totali non deve essere superiore a 80 mg.

Passiamo ora a vedere come funzionano i fitoestrogeni, i quali, ricordiamo, sono costituenti del fitocomplesso delle droghe di diverse piante medicinali: Soja, Cimicifuga, Salvia, Cipresso, Luppolo, Liquirizia, Borragine, Finocchio e altre ancora. In termini chimici, i fitoestrogeni sono dei composti non steroidei di cui si distinguono principalmente quattro classi:

  • isoflavoni (genisteina, daidzeina, glyciteina, biocianina A, formononetina);
  • lignani;
  • cumestani;
  • lattoni.

 

Gli isoflavoni sono i fitoestrogeni (insieme ai lignani) più rappresentati nel mondo vegetale. Essi sono gli agliconi degli eterosidi flavonoidici, a loro volta costituenti del fitocomplesso delle droghe di diverse piante medicinali. Gli eterosidi sono costituiti da una molecola zuccherina (glicone) e da una molecola non zuccherina (aglicone) o genina tenute insieme da un legame glicosidico. Quando il costituente non zuccherino dell’eteroside è un flavonoide si parla di eterosidi flavonoidici. Gli isoflavoni hanno una struttura simil- estrogenica e la loro produzione dipende dalla flora batterica per cui la contemporanea somministrazione di antibiotici può limitare la liberazione e, quindi, l’assorbimento degli isoflavoni.

Anche la contemporanea assunzione di fibre vegetali può limitare la liberazione degli isoflavoni perché gli eterosidi flavonoidici vengono in parte sequestrati a livello intestinale dalle fibre vegetali per cui non sono disponibili per l’azione litica delle idrolasi della flora batterica intestinale. I fitoestrogeni sono estrogeni deboli con una azione estrogeno-agonista ed estrogeno- antagonista e sono mille volte meno potenti dell’estradiolo. Agiscono sui recettori del 17 b-estradiolo denominati ERa ed ERb. I fitoestrogeni hanno per tali recettori la stessa affinità degli ormoni gonadici per cui agiscono in maniera competitiva e reversibile. I fitoestrogeni esplicano un’azione estrogeno- agonista ed estrogeno-antagonista a seconda dei livelli ematici degli estrogeni gonadici prodotti dall’organismo.

Se questi livelli sono bassi (a esempio nella fase di menopausa) i fitoestrogeni si legano ai recettori ERa ed ERb del 17 b-estradiolo realizzando un effetto estrogeno-agonista (Fig. 5), limitando, così, le interazioni tra gli estrogeni gonadici e i suddetti recettori, non solo a livello genitale ma anche mammario, ipotalamico, ipofisario, osseo. I metaboliti attivi dei fitoestrogeni possono essere rinvenuti nelle urine, nelle feci, nel plasma, nello sperma, nella saliva. Se i livelli degli estrogeni gonadici sono elevati (p.e. nella sindrome premestruale) i fitoestrogeni, comunque, si legano ai recettori ERa ed ERb del 17 b-estradiolo.

In pratica, per i loro effetti possono essere utilizzati con vantaggio sia negli stati carenziali degli estrogeni gonadici (menopausa), sia negli stati di eccesso degli estrogeni gonadici (sindrome premestruale) Fig.5. Per finire due sono le azioni che vanno ricordate a livello di organo: nella cute i fitoestrogeni stimolano i fibroblasti a produrre collagene, elastina, glicosaminoglicani giocando un ruolo importante nel rallentamento dell’invecchiamento cutaneo. Nel tessuto osseo invece stimolano l’attività osteoblastica e, quindi, la mineralizzazione ossea giocando un ruolo importante nel rallentamento dell’involuzione ossea che affligge principalmente la donna in menopausa, nota come osteoporosi.