Fiori di Bach

Intervista esclusiva a Julian Barnard, riconosciuto esperto mondiali nei rimedi floreali e autore di importanti saggi su Edward Bach.

di Luisa Piola

Edward Bach è il medico inglese che negli anni Trenta si dedicò allo studio di certe piante capaci di agire non sulla malattia, ma sul paziente. A contatto con la natura, Bach creò e sperimentò una “nuova medicina”: i 38 rimedi ottenuti da fiori selvatici che agiscono sugli stati d’animo e permettono alla persona di recuperare le sue risorse per un processo di autoguarigione.

Richiesto di definire in tre parole i fiori scoperti dal dottor Edward Bach: “strumenti per cambiare” risponde Julian Barnard, uno tra i massimi esperti mondiali nei rimedi floreali, che aggiunge: “ Le erbe curative ci aiutano a cambiare il nostro modo di sentire, di pensare, il modo stesso di vivere”.
Nato nella valle del Tamigi nel 1947, scuole a Oxford e Londra, da vent’anni Barnard vive a Walterstone lungo il confine con il Galles. La passione per le piante è nel DNA della famiglia da sempre in rapporti con gli studiosi inglesi di botanica Henslow e Hooker. La lettura del libro “The Twelve Healers” di Edward Bach, la successiva collaborazione con Nickie Murray al Bach Centre, la formazione in floriterapia in Australia con Dorothy Hall portarono Barnard alla creazione del Bach Educational Programme nel 1986 il cui scopo era la diffusione della conoscenza dei rimedi floreali scoperti dal medico inglese Edward Bach negli anni Trenta. Sempre nella seconda metà degli anni 80, Barnard ha fondato la società “Healing Herbs” che produce essenze floreali distribuite in tutto il mondo. Barnard ha scritto otto libri (dei quali due tradotti in italiano: “Edward Bach, le opere complete” Macroedizioni, 2002, “Le erbe curative di Edward Bach”, FCE Natur, 1997), l’ultimo dei quali, “Bach Flower remedies, Form and function”, è uscito da poco in Inghilterra per i tipi di Flower Remedy Programme.
Julian Barnard durante una recente visita a Torino dove è stato ospite dell’associazione “Essere per fiorire” per un seminario al quale hanno partecipato anche numerosi membri dell’A.Gi.Far. (Associazione Giovani Farmacisti), è stato intervistato da “La pelle”.

Come agiscono i fiori di Bach? Con un principio simile all’omeopatia? È corretto parlare di effetto placebo?
No. L’omeopatia è tutt’altra cosa, soprattutto perché l’omeopatia si basa sul principio degli opposti, della polarità (positivo-negativo, buono-cattivo). Mi spiego: ciò che origina il problema e si manifesta attraverso certi sintomi può essere preparato omeopaticamente. Faccio un esempio: in omeopatia, si può prendere un veleno e trasformarlo in un rimedio omeopatico. L’approccio maturato dal dottor Edward Bach è sostanzialmente diverso: i fiori ci inondano con le loro alte vibrazioni recandoci le loro positività, la luce, l’amore e il modello di energia pura che ci aiuta a guarire. In questo modo, la persona che lavora con i fiori ha l’opportunità non solo di cambiare la sua vita, ma anche di crescere, anzi di avere il potenziale di diventare più se stesso, più quello che vorrebbe essere. Certamente più felice e forse anche più sano.

Perchè i rimedi floreali offrono la possibilità di far crescere la consapevolezza e la capacità di comprensione, cioè di capire chi siamo e perché esistiamo.

Dunque, non parlerei affatto di effetto placebo. I rimedi floreali agiscono perché portano l’impronta dello stato emozionale positivo del quale abbiamo bisogno. Uno si può domandare: qual è l’aspetto positivo della paura, dell’irritabilità, della perdita della fiducia? In ogni caso, il positivo è la luce, l’amore. Ciascuno di noi lo può definire come meglio crede; ma, in sostanza, è la stessa cosa: è il permettere a se stessi di amare la vita.

La terapia con i fiori di Bach si può abbinare ad altri metodi di cura; per esempio alla medicina allopatica o ai prodotti omeopatici?
Ritengo che i fiori di Bach si possono usare con qualsiasi altra terapia, a meno che il medico che ci ha prescritto l’altra terapia non obbietti. A volte, ci sono medici che dicono: non prendete i rimedi floreali di Bach mentre si sta seguendo una cura omeopatica perché i due trattamenti cercano di perseguire lo stesso obiettivo. Personalmente penso che le terapie con i fiori di Bach si possano associare a qualsiasi altra terapia senza timore, perché lavorano su livelli differenti.

In linea di massima, quanto può durare una terapia con i fiori di Bach?
Se si è ricettivi e disposti al cambiamento, allora si è pronti a compiere il passo successivo. In questo caso i rimedi possono aiutare davvero e la risposta può essere istantanea; anche una questione di secondi o minuti. Se si tratta di uno stato cronico, che dura da molti anni, allora il trattamento può forse durare più tempo. Invecchiamo e talvolta certi problemi non possono essere risolti completamente con i rimedi floreali. Se uno mi dice: “sto prendendo un rimedio da tre-quattro mesi”, allora per me è chiaro che il rimedio non è quello corretto. L’impatto nell’assunzione dei fiori è sentito principalmente a livello emozionale, mentale, nel cuore dove ci si sente diversi, e ci si può sentire diversi, anche in breve tempo.
I fiori di Bach sono oggi di moda. Il medico inglese ha insistito molto sulla “semplicità” del suo metodo. In realtà però non è così semplice.

Quale ruolo dovrebbe avere il farmacista e chi è un buon terapeuta?
Certamente è un metodo di lavorare assolutamente unico. I rimedi floreali “cominciano” dalla persona stessa. Se si vuole essere un buon terapeuta bisogna partire da se stessi, imparare a conoscersi, analizzando le proprie emozioni e usare i rimedi su di sè. Quando si sa cosa vuol dire essere arrabbiati, ma anche come superare e risolvere ciò che scatena la rabbia, la paura, la mancanza di sicurezza o altri stati d’animo, allora si è in grado di comprendere cosa provano le persone ed è possibile aiutarle. Per me, le qualità che un buon terapeuta deve avere si possono riassumere così: la capacità di comprendere l’essere umano e le sue emozioni. Lo stesso vale per il farmacista. Capisco che in una farmacia affollata non c’è sempre tempo per avere un lungo colloquio con il paziente. Ciò che è importante è avere ben presente che la persona che abbiamo davanti è lei stessa l’esperto della sua vita. Lei sola sa cosa prova veramente. Allora domanderei: come si sente, cosa prova e cosa vorrebbe fare per ottenere un cambiamento?

L’empatia, cioè la capacità naturale di sintonizzarsi sugli stati d’animo profondi dell’altro, è una dote innata, che non si insegna. Ciò detto e sempre che lei concordi, le chiedo: chi è un buon terapeuta e com’è possibile riconoscerlo?
D’accordo, l’empatia non si insegna, ma non ritengo sia necessariamente un dono della natura. L’empatia cresce grazie all’esperienza. Se uno ha avuto dei problemi e ha sperimentato il dolore, allora ha più chances di sintonizzarsi con gli stati d’animo degli altri, proprio grazie all’esperienza personale.

Come si riconosce un buon terapeuta?

Bè, non c’è una risposta unica e semplice. Se uno ha bisogno d’aiuto, non va in giro e chiede a un terapeuta: quanto ne sa del dolore? D’altro canto, sarebbe bizzarro se un terapeuta apponesse sulla targa fuori del proprio studio: esperto in sofferenza, venite da me e la vostra sofferenza sarà curata. Più concretamente, quel che si dovrebbe fare è osservare il terapeuta e chiedersi se si ha fiducia e si crede in lui. Se la risposta è positiva, allora si è già sulla buona strada. Il che vale anche per il terapeuta che sente la fiducia del paziente. Ma se pensate: questo terapeuta non mi piace, eppure ha fior di titoli accademici e specializzazioni e, dunque, deve essere un grande esperto. Ebbene, il mio consiglio è: seguite il vostro istinto.

Lei produce i rimedi floreali con il marchio “Healing Herbs”. Perchè uno dovrebbe scegliere i suoi prodotti?
Quel che posso garantire è che le mie essenze floreali sono fatte come originalmente venivano preparate dal dottor Bach.

Impatiens (Impatiens giandulifera)

Per chi vive la solitudine: per le persone rapide nel pensiero e nell’azione, che desiderano che si faccia ogni cosa senza esitazioni nè perdita di tempo.
Quando sono malate sono ansiose di guarire il più in fretta possibile. Difficilmente hanno pazienza con chi ha tempi di lavoro più lenti, perché sono convinte che ciò sia sbagliato e dia adito a spreco di tempo; quindi cercano di vivacizzare in ogni senso le persone più lente di loro.  Spesso preferiscono pensare e lavorare in solitudine, in modo da farlo secondo i propri ritmi.

Cerato (Ceratostigma willmottianum)

Per chi vive nell’incertezza: per quelli che non hanno abbastanza fiducia in se stessi per prendere delle decisioni. Spesso chiedono suggerimenti agli altri, ma altrettanto spesso vengono consigliati male.

Gorse (Ulex europaeus)

Per chi vive nell’incertezza: per quelli che hanno perso ogni speranza e pensano che nessuno possa fare più niente per loro. Per obbedire a un’imposizione o per far piacere a qualcuno queste persone possono anche sottoporsi a varie cure, ma ripetono sempre a chi sta loro vicino di avere ben poche speranze di guarigione.

Vervain (Verbena officialis)

Per chi si preoccupa troppo del benessere altrui: per quelli che sono estremamente sicuri delle proprie convinzioni , che di rado cambiano idea e vogliono convertire tutti alla propria filosofia di vita. Hanno molta forza di volontà e coraggio se si tratta di insegnare agli altri le cose che ritengono giuste. Se sono malati lottano più a lungo di latri prima di arrendersi e tralasciare i propri doveri quotidiani.