Malattia Venosa Cronica: da conoscere in profondità

La malattia venosa cronica è una condizione clinica che riguarda circa l’80% della popolazione nei Paesi occidentali. Se ci si riferisce agli stadi più avanzati di malattia, la prevalenza si aggira intorno al 40%-50%, con delle variazioni a seconda del sesso e dell’età. Colpisce prevalentemente le donne e, trattandosi di una patologia a carattere degenerativo, tende a progredire nel tempo. Anche gli uomini, comunque, non ne sono esenti. Tuttavia, pur interessando una platea di individui così estesa, a oggi resta una patologia piuttosto trascurata. Non sempre, infatti, chi avverte i sintomi più comuni negli stadi iniziali, come stanchezza o gonfiore degli arti inferiori, prurito, crampi si rivolge al medico e non sempre, se lo fa, gli viene raccomandato di rivolgersi a un flebologo che è il professionista più indicato per prenderlo in carico. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Gabriella Lucchi, flebologo presso il centro studi malattie vascolari J. F. Merlen di Frosinone. La dottoressa Lucchi è stata membro del panel di esperti del Consensus Delphi “Raccomandazioni pratiche per il management dei pazienti CEAP C0s-3” che ha portato a definire 7 raccomandazioni di carattere pratico per il trattamento conservativo dei pazienti con MVC nelle classi CEAP 0s-3.
Dr.ssa Lucchi, da cosa è causata la Malattia Venosa cronica?
Sono diversi gli elementi di rischio che possono contribuire all’insorgenza della MVC: predisposizione genetica (ereditarietà), genere (è più diffusa tra le donne), sbalzi ormonali e quindi l’uso della pillola o gravidanze multiple, l’età, lo stile di vita, la sedentarietà, l’obesità, l’alterata statica, una deambulazione scorretta. Tutti questi fattori possono innescare delle anomalie nel flusso sanguigno: stasi o turbolenze che determinano danni sull’endotelio delle pareti e delle valvole delle vene. Quando viene attivato l’endotelio, che determina un reclutamento di leucociti attivati che a loro volta provocano un rilascio delle citochine e dei mediatori della flogosi, si determina un danno strutturale delle vene e un aumento dell’ipertensione venosa. Ciò provoca una nuova alterazione del flusso e dell’endotelio creando sempre più danni nella parete vascolare in quello che potremmo definire un circolo vizioso.
Come si manifesta la MVC?
Prima di tutto mi permetta di sottolineare che la MVC ha un andamento evolutivo, cosa che spesso tende a essere sottovalutata non solo dai pazienti. Si manifesta attraverso diversi stadi per indicare i quali viene presa come riferimento la classificazione CEAP che va dalla classe C0 alla C6. Nella C0 il paziente non presenta segni clinici visibili e nemmeno lamenta sintomi però magari ha una predisposizione alla malattia per storia familiare o perché svolge un lavoro che lo costringe a stare per molto tempo in piedi. In questi casi sarebbe opportuno già fare una visita di controllo in modo da scoprire se possa sviluppare gli altri stadi della malattia e, nel caso, avviare una terapia conservativa di tipo farmacologico o intervenire sullo stile di vita. Nella classe 1, il paziente presenta teleangectasie e reticolari; nella classe 2 ha varici; nella 3 ha edema; la 4 si caratterizza per la presenza di turbe trofiche e a sua volta si divide in due sottoclassi: la 4a, che vede pigmentazione della cute e/o eczema e la 4b in cui vi sono lipodermatosclerosi (ipodermite) e atrofia bianca; la classe 5 ha le stesse evidenza della precendente ma, in più, l’evidenza di ulcere cicatrizzate; infine la classe 6 ha le caratteristiche della 4 più la compresenza di ulcere in fase attiva.
Come mai chi soffre di MVC non si rivolge sempre al flebologo?
Innanzitutto, un motivo può essere l’assenza di sintomi che rimandino in maniera assoluta alla patologia in questione. Inoltre, nei primi tre stadi, viene spesso fraintesa con una problematica prettamente estetica, sottovalutando che progressivamente evolverà arrivando anche a complicanze serie (come ad esempio trombosi). Per esperienza, posso dirle che quando un uomo si rivolge dal flebologo per la prima visita, nella maggioranza dei casi, presenta già delle complicanze come trombosi o ulcere. Questo succede proprio perché un uomo tende maggiormente a sottovalutare l’aspetto estetico delle sue gambe e ritarda il momento del controllo medico. In altri casi, per assurdo, avviene il contrario.
In che senso?
Può capitare che telefoni un paziente e chieda di prenotargli un ecocolordoppler degli arti inferiori senza però aver mai svolto una visita. In questi casi, a parer mio, il professionista deve essere categorico: un esame del genere, senza una accurata anamnesi familiare e personale, oltre a un esame clinico obiettivo, perde di senso e rende difficile una diagnosi corretta.
Si può prevenire in qualche modo?
Sono molti i fattori che dovrebbero essere tenuti in dovuta considerazione e sui quali è importante intervenire per tempo e nel dovuto modo. A esempio è fondamentale una corretta idratazione perché la mancanza di acqua riduce l’elasticità delle vene e della fluidità del flusso sanguigno; correggere la stipsi; intervenire sulla statica (il corretto funzionamento della pompa venosa plantare è fondamentale); adottare un’alimentazione corretta; fare attività fisica; evitare di esporsi a fonti di calore intense per periodi prolungati. In poche parole: lavorare sullo stile di vita. Una terapia conservativa può rallentare la progressione della patologia fin dai primissimi stadi. Parlo di farmaci venoattivi ed elastocompressione che, bene specificarlo, devono essere sempre prescritti da un esperto e vanno adeguati allo stadio della malattia.