del dott. Adriano Santarelli, specialista in Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica – Napoli
Otre 200 pazienti trattati con un protocollo efficace e sicuro che offre una grande opportunità nella lotta alle macchie cutanee del volto.
Sono in molti ad affermare – e a ragione – che nella popolazione mondiale esiste solo una razza: quella umana. Questa affermazione, politicamente indiscutibile, non trova però applicazione in dermatologia dove ancor oggi s’insegna che a seconda del tipo di melanina e delle dimensioni dei melanosomi, possiamo distinguere tre tipi razziali: Negroide, i melanosomi sono molto grandi e particolarmente ricchi di eumelanina; Caucasico: i melanosomi sono più piccoli e contengono eumelanina; Celtico: i melanosomi sono ancora più piccoli e contentengono feomelanina (pelle molto chiara, popolazioni del Nord Europa). Da dove nasce questa apparente contraddizione? Sicuramente dall’importanza che si attribuisce nell’ambito della descrizione dei caratteri fenotipici umani alla melanina, complessa molecola prodotta dai melanociti, cellule dendritiche appartenenti allo strato basale dell’epidermide derivate dai melanoblasti localizzati a livello della cresta neurale ectodermica. Inizialmente non si sapeva che, indipendentemente dal colore della pelle, il numero dei melanociti presenti nell’uomo, indipendentemente dalla etnia, è circa lo stesso. Le differenze di colore sono dovute principalmente alla quantità di melanosomi prodotti nei melacinociti, alla loro forma e dimensione, alla distribuzione e loro degradazione.
Oggi si ritiene che nonostante la sintesi della melanina sia un processo particolarmente complesso, si è in grado di suddividere in tappe ben distinte il processo della melanogenesi: partendo dalla produzione dei melanosomi nel citoplasma dei melanociti; sintesi della melanina dentro i melanosomi; trasferimento dei melanosomi attraverso i dendriti dei melanociti ai cheratinociti; degradazione dei melanosomi. Lo studio della biochimica della melanina e dell’istologia cutanea ha apportato nuove importanti informazioni alla conoscenza della sintesi e della distribuzione della melanina nella pelle, sia in condizioni fisiologiche che nelle comuni discromie, specialmente quelle del volto, che come ben sappiamo possono avere molteplici cause: dall’errata esposizione ai raggi solari a problemi ormonali. Passiamo allora in rassegna e in rapida successione alcune delle acquisizioni più significative che potranno servirci quando esamineremo le metodiche, sia esse cosmetiche che elettromedicali, con cui intervenire per la rimozione delle macchie cutanee. Evidentemente, il punto di partenza di tutto è il colore dell’incarnato, che varia da individuo a individuo ed è dovuto, oltre che alla dimensione, alla distribuzione dei melanosomi e al loro contenuto in melanina, in misura minore all’emoglobina ematica ridotta e ossidata e ai carotinoidi che regalano alla pelle una colorazione più o meno rosata. Il rapporto fra le due molecole non è costante, così quando per esempio ci si espone al sole l’aumento relativo dei melanosomi in superficie caratterizza l’imbrunimento cutaneo tipico dell’abbronzatura anche in persone naturalmente chiare. Ma questa precisazione non sarebbe sufficiente a spiegare il colore dell’incarnato umano se non tenessimo in conto che esistono due tipi di melanina: l’eumelanina (pigmento più scuro e insolubile) e la feomelanina (pigmento rosso-giallastro ricco di zolfo). La loro prevalenza relativa spiega infatti i cinque colori base di incarnato e capelli checompaiono in natura (nero, bruno, rosso, giallo, bianco). Andiamo però per gradi e ricordiamo cosa accade dentro i melanociti e come si crea la melanina all’interno dei melanosomi. L’aspetto fondamentale della questione è quello della tirosina, un aminoacido che il nostro organismo è in grado di produrre a partire dalla fenilalanina. La tirosina è ossidata a 3,4 diidrossifenilalanina (DOPA) mediante l’enzima tirosinasi e successivamente a dopachinone.
A questo punto nella la biosintesi di diversi tipi di melanina l’enzima tirosinasi riveste un importante ruolo regolatore. Da non sottovalutare inoltre l’azione svolto dalle melanotropine (MSH) e altri ormoni ovarici e pituitari che incrementano la formazione di tirosinasi e melanina. Ciò spiega perché molti prodotti cosmetici hanno come target principale della loro azione proprio la tirosinasi. All’interno dei melanociti i melanosomi sono separati l’uno dall’altro e il loro trasferimento ai cheratinociti è fondamentale poiché fino a quando la melanina rimane all’interno dei melanociti l’epidermide non acquista colore. Solamente quando i melanosomi vengono ceduti ai cheratinociti la cute diventa pigmentata. Inizialmente i melanosomi si muovono lungo i dendriti: all’interno dei melanociti esistono dei filamenti proteici con capacità contrattile, in grado di far migrare i melanosomi verso l’apice dendritico. A questo punto i cheratinociti riescono a fagocitare l’estremità dei dendriti, liberando i melanosomi. Una volta passati nei cheratinociti i melanosomi possono rimanere isolati o raggrupparsi in ammassi chiamati complessi melanosomiali. Nella ultima fase, avviene la degradazione dei melanosomi all’interno dei cheratinociti. In conclusione si può dire che il sistema pigmentario è complesso e interattivo e che molti delle ipermelanosi che noi medici vediamo in ambulatorio sono dovuti ad alterazioni della funzione, del numero e della struttura dei melanociti oppure a un aumento della melanina. Di particolare significato prognostico è la localizzazione delle ipermelanosi che può essere epidermica o dermica, così come l’origine primitiva, su base genetica, o secondaria, su base endocrina, metabolica, nutrizionale, o da agenti fisici e chimici, tossici, di origine tumorale e post-infiammatorie. Nella nostra pratica clinica le melanodermie più diffuse sono: il Melasma o cloasma, una macchia di colore grigio-marrone che può comparire, anche in giovane età, su fronte, zigomi e labbro superiore ma anche sulle areole dei seni. Si presenta prevalentemente nelle donne. Fra le cause scatenanti, la pillola anticoncezionale e una certa predisposizione genetica. Alcuni studi ne correlano la comparsa allo stress. Ma è il sole che può intensificare la pigmentazione e rendere la macchia più evidente: ecco perché il melasma è anche detto macchia solare e si fa più visibile alla fine dell’estate. Le cheratosi attiniche o solari, piccoli rilievi irregolari e ruvidi al tatto, sono meno frequenti del cloasma e delle lentigo solari, ma risultano provocate anch’esse da un’eccessiva esposizione al sole. Efelidi rosse, brune, ocra: piccole macchie dal bordo indefinito, dovute a una maggiore produzione di melanina da parte dei melanociti, da non confondere con le lentiggini. Compaiono di solito nella prima infanzia, nei soggetti con familiarità, specie se di fototipo 1 e 2 (rossi e biondi). Si localizzano nelle zone fotoesposte (viso e dorso delle braccia) e con il sole aumentano di numero e d’intensità ma senza mai diventare troppo scure. Lentigo solari o senili: sono chiazze di grandezza variabile e di colore bruno che si formano in genere dopo i 40 anni, affiorano principalmente sul viso, sul dorso delle mani e sul decolleté, ma anche su spalle e schiena e zone maggiormente foto esposte. Per queste forme di discromie ho valutato un sistema di cura basato sull’inibizione della tirosinasi attraverso una formula a base di acido cogico, acido azelaico, arbutina, acido fitico e ascorbico, Olio apricot kernel. II trattamento consta di due fasi: una ambulatoriale e una domiciliare. Una volta detersa e sgrassata la cute delle aree interessate viene effettuato un peeling superficiale all’acido salicilico. Si applica poi una maschera con un pennellino lasciandola in posa, in base al fototipo e alla presunta profondità delle macchie da 6 a 12 ore. La rimozione della maschera avviene con soluzione detergente o abbondante acqua. Dopo una prima fase di rossore, con le macchie che appariranno più scure, in circa due giorni inizierà la fase dell’esfoliazione che si potrà protrarre per altri 3 giorni dopo di che le macchie superficiali saranno rimosse e l’epidermide apparirà rinnovato, mentre i fibroblasti producono nuovo collagene. A casa si applica 2-3 volte al dì una crema idratante che contrasta il senso di secchezza prodotto dalla esfoliazione, e una crema schiarente specifica. Si evita così un effetto rebound delle macchie e dopo 21 giorni la cute trattata sarà totalmente rinnovata, più luminosa e molto più chiara.
Alcuni prima e dopo l’utilizzo di Melano Out System prodotto da Mesosystem.