L’uomo che studiò la neurodiversità

della dr.ssa Gabriella La Rovere 

Alexander Douglas Blackader è stato un pioniere nella medicina, tra i principali medici del Nord America e il primo in Canada a dimostrare che le malattie infantili avrebbero dovuto costituire un campo separato di specializzazione medica. Nato a Montreal nel 1847, da Fraser Blackader e Margaret Pringle Drummond, nel 1870 ottenne il Bachelor of Arts al McGill College e si laureò in medicina e chirurgia l’anno seguente. Durante i suoi studi prestò servizio nella campagna contro i Feniani (il cui scopo era l’instaurazione di una repubblica irlandese indipendente) come assistente chirurgo nella Brigata di Artiglieria Garrison di Montreal con base a Huntingdon. Dal 1872 al 1874 Blackader fu arruolato come chirurgo di bordo nella Montreal Ocean Steamship Company e poi nella Royal Mail Company che lo portò in America Latina, Medio Oriente e Asia. Il suo viaggio terminò in Inghilterra. A Londra studiò al St. Thomas Hospital e nel 1875 ottenne la licenza dal Royal College of Physicians. Fece tirocini in svariati ospedali: il Royal Pimlico Dispensary, l’Hospital for Consumption and Diseases of the Chest, e il Royal London Ophthalmic Hospital. Per 4 anni lavorò all’ospedale per bambini dove probabilmente ricevette la formazione che l’avrebbe reso un famoso specialista nella salute dell’infanzia. Nel 1877 si stabilì a Montreal e iniziò la carriera da libero professionista. L’anno seguente la facoltà di medicina del Bishop College gli conferì un posto di docente in diagnostica medica. Nel 1880 fondò una clinica ambulatoriale per bambini vicino al Montreal Maternity Hospital e ne 1883 inaugurò la prima clinica pediatrica in Canada presso il General Hospital di Montreal. Nel 1888 insieme ai colleghi americani Frederick Forchheimer, Luther Emmett Holt, Abraham Jacobi e Thomas Morgan Rotch, fondò l’American Pediatric Society e ne fu il presidente per due anni. È noto per i suoi scritti e discorsi. Tra questi “The problem of the nervous child” pubblicato su The Public Health Journal nel 1924. “Qual è la mia definizione di bambino nervoso? Il dott. Guthrie nel suo interessante libroI disturbi funzionali nervosi dell’infanzia” divide i bambini nervosi in due tipi secondo il modo con cui reagiscono alla stimolazione emotiva. Il primo lo chiama il tipo sfrenato. I centri nervosi in questi bambini sono anormalmente eccitabili ed ipersensibili e reagiscono in un modo esagerato e sfrenato a stimolazioni di ogni tipo, sia fisica che mentale. Questi bambini sono prematuri; alcuni non sono generalmente brillanti, ma hanno poco autocontrollo; sono affettuosi, preoccupati da sciocchezze, impetuosi e senza alcuna idea di disciplina. Una madre mi ha spesso descritto un bambino del genere come un insieme di contraddizioni. Nei bambini del secondo tipo, le emozioni sono più contenute; questi bambini sono timidi, tendono ad essere introversi e a rimuginare su piccoli od immaginari rifiuti, e sono soggetti ad attacchi di rabbia cupa; apprezzano poco il divertimento e l’umorismo. Entrambi i tipi sono molto sensibili, stravaganti e capricciosi nei loro gusti e antipatie. La stimolazione sensoriale come colore, sapore, odore e la semplice apparizione delle cose, li colpisce molto di più di un bambino normale. Sono facilmente stancabili, irritabili, si spaventano con suoni improvvisi e piangono. Con lo sviluppo ulteriore e l’aumento dell’età essi possono mostrare mancanza di potere mentale”. La descrizione del bambino del secondo tipo rimanda alla neurodiversità e più avanti Blackader afferma l’esistenza di un’ereditarietà, oltre all’influenza ambientale e all’inadeguatezza dei genitori. Siamo lontani dagli studi di Kanner e Asperger ma alcune osservazioni sono importanti. “Il frastuono delle strade cittadine, la vibrazione delle auto, il bagliore e l’eccitazione del cinema, il jazz stridente del fonografo, tutti irritano e affaticano, e fanno del male inducendo una condizione di affaticamento eccessivo e esaurimento nervoso nei giovani centri cerebrali in via di sviluppo, a questa età facilmente feriti, a volte irreparabilmente”. L’incapacità di discriminare e controllare le stimolazioni sensoriali sono il trigger per lo scatenarsi di uno stress emotivo che si esprime variabilmente da soggetto a soggetto. Ci sono bambini che urlano al frastuono dello sciacquone del water, altri in grado di apprezzare il rumore di un trapano in lontananza, altri ancora che si spaventano all’apertura delle porte del supermercato. Il consiglio di Blackader di non sottoporre ogni bambino in fase di crescita a un surplus emotivo, rispettandone i tempi e organizzando la giornata con attività regolari, è un’innovazione per l’epoca, tanto più valido in caso di neurodiversità. “Nei bambini emotivi con centri nervosi instabili si deve sempre ricordare la possibile influenza di alcune carenze o eccessi nelle secrezioni di una o più ghiandole endocrine, in particolare della tiroide e dei paratiroidi. La ghiandola del timo è stata anche accusata di causare problemi”. È sicuramente frutto dell’epoca l’attribuzione di una qualche influenza del sistema endocrino sul bambino cosiddetto nervoso, convinzione che ha guidato le scelte diagnostiche e terapeutiche dei pediatri fino agli anni ‘60. “Con l’inizio dell’adolescenza e sotto l’influenza calmante e costante del lavoro, il bambino inizia a combattere le proprie battaglie e gradualmente potenzia la forza di volontà che indebolisce l’abitudine a lasciare spazio all’impulso improvviso. (…) I bambini con una tendenza ereditaria ad un’instabilità neuropatica e atti a svilupparsi con poca o nessuna restrizione in un ambiente nevrotico, entrano nella vita fortemente handicappati e sono suscettibili a manifestare per tutta la vita una mentalità emotiva e squilibrata”. Con il passare degli anni, il comportamento del bambino con neurodiversità migliora grazie alle esperienze e all’adattamento del sistema sensoriale ad alcune stimolazioni. L’influenza di un ambiente nevrotico può essere spiegata con l’atteggiamento paradossale che reitera e induce confusione. La chiarezza dei compiti e delle intenzioni è alla base del corretto approccio alla neurodiversità. In chiusura Blackader sottolinea il ruolo dell’educazione applicato non solo al bambino con neurodiversità ma anche ai genitori, intendendo con questo il giusto sostegno dato dal medico di famiglia, che dovrebbe conoscere il nucleo familiare. Il condizionale, ahimè, non è solo una scelta grammaticalmente corretta.