L’uomo che inventò le vitamine

di Danilo Panicali

A cent’anni dalla scoperta del retinolo ripercorriamo la storia della scoperta delle vitamine e di come il loro utilizzo sia fondamentale anche nella cosmesi

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Il chimico polacco Casimir Funk

Indispensabili per la nostra salute, tanto che la loro presenza viene evidenziata in tutti i modi possibili su miriadi di prodotti che vanno dall’alimentare al farmaceutico, le vitamine sono sostanze essenziali per il nostro organismo. Micronutrienti naturali, assimilabili in massima parte attraverso la dieta (tranne qualche eccezione come la vitamina D) il loro compito è quello di svolgere una funzione di bio-regolazione. Ovvero agiscono insieme agli enzimi per catalizzare reazioni chimiche necessarie per il corretto svolgimento dei processi fisiologici fondamentali. Inoltre alcune di esse hanno il potere di fungere da antiossidanti o da protettori dell’organismo. Insomma molteplici funzioni, tanto che una loro carenza o un eccesso può causare notevoli problemi. Non a caso, nei paesi sottosviluppati, vi è tradizionalmente un’altissima concentrazione di malattie che derivano proprio da una loro mancata assimilazione. è il caso ad esempio della pellagra, del beriberi, del rachitismo. Mancanze dovute alla malnutrizione ma anche a dei tabù alimentari. Nei paesi occidentali invece, il problema è l’opposto. L’ipervitaminosi è un problema più diffuso di quel che si pensi dovuto a integrazioni eccessive, mentre casi di ipo/avitaminosi sono dovute a diete sbilanciate e carenti di particolari alimenti. Ma se la parola vitamina è ormai abusata, forse è meno conosciuto il significato stesso del termine. Esso deriva dal tedesco Vitamin, ovvero “ammina della vita”. Il perché di un nome così apparentemente “fuori luogo” è diretta conseguenza della scoperta di questi preziosi micronutrienti. Ma vediamo di ricostruire con ordine questa storia. Sono i primi anni del ‘900, quando il medico e patologo olandese Christiaan Eijkman sta conducendo degli studi su una malattia piuttosto diffusa tra le popolazioni dell’Estremo Oriente la cui alimentazione era basata in massima parte dal riso brillato. Questa patologia provocava danni al sistema nervoso con ripercussioni sul sistema cardiovascolare e gastrointestinale. Durante questo suo lavoro di ricerca, Eijkman, si imbattè in una scoperta bizzarra. La pula di riso era in grado non solo di prevenire ma persino di curare il beriberi. Una volta appurata questa tesi, il medico olandese capì che a ottenere questo effetto doveva essere una qualche sostanza contenuta in questo alimento. Si trattava della vitamina B o tiamina ma all’epoca il ricercatore pensò che dovesse trattarsi di una proteina, di un sale minerale o di una specie di antidoto. Questa scoperta, che per quanto imperfetta gli sarebbe valso il Nobel nel ‘29, fu ripresa qualche anno più tardi dal chimico polacco Casimir Funk. Costui approfondì le ricerche su questa sostanza, scoprendo che essa conteneva un gruppo amminico (azoto basico). Pensando che tutte le sostanze analoghe, presenti in quantità minime negli alimenti o già nello stesso organismo, fossero indispensabili per il mantenimento delle attività vitali e avessero la stessa composizione, le chiamò in generale “ammine della vita” o, più brevemente, vitamine. Anche questa teoria naturalmente fu smentita successivamente, tuttavia nessuno cambiò più il nome che era stato coniato e che conosciamo anche noi. Da allora, per indicare tutte le vitamine isolate, si scelse un sistema di classificazione basato sulle lettere dell’alfabeto. Così quando nel 1913 gli statunitensi McCollum e Davis scoprirono il retinolo, essa fu indicata come vitamina A. Oggi, come ben sappiamo, le vitamine si classificano in liposolubili e idrosolubili. Al primo gruppo appartengono le vitamine A, D, E, K, mentre del secondo fanno parte le vitamine B (B1, B2, B6, B12, acido folico, acido pantotenico, PP, H) e C. Come detto, il ruolo necessario delle vitamine per la salute umana è universalmente riconosciuto, ma in medicina dopo oltre un secolo ci si divide ancora tra chi è fautore di una politica di assunzione di vitamine contenuta, tramite un’alimentazione equilibrata, e chi invece sostiene che a quelle che normalmente si assimilano mangiando sia necessario aggiungerne delle altre.

IS068-012Il mercato dell’integrazizione, molto fiorente negli Stati Uniti, da noi ha ha avuto un  successo relativo e si tende a fare riferimento a dosi minime (RDA), necessarie a prevenire le malattie derivanti da deficienze vitaminiche. Tuttavia il consumo è in aumento anche da noi e se è vero che non esistono ancora sostanze fabbricate chimicamente che permettano di sostituire totalmente le vitamine naturali, un utilizzo abituale di tali formulazioni sicuramente ha effetti benefici sull’organismo contribuendo a mantenere valori di assunzione normali. Infatti va tenuto debitamente conto del fatto che rispetto a qualche anno fa, nella maggior parte dei paesi industrializzati si sta registrando una preoccupante diminuzione nel consumo giornaliero di frutta e verdura mentre aumenta quella di cibi ipercalorici e “trattati” che conservano ben poco dei nutrienti originali. L’integratore allora può contribuire in maniera sostanziale a colmare le carenze che stanno divenendo sempre più sistematiche nella nostra alimentazione. Lo stesso principio suggerisce il ricorso a vitamine per uso topico che possono contribuire in maniera diretta al mantenimento dello stato di salute della pelle.