di Silvia Annavini
Per sollecitare la lipolisi necessaria per eliminare i depositi adiposi bisogna agire su un polipeptide che impedisce la degradazione completa dei grassi.
Il corpo umano gioca un ruolo da protagonista nei potenti meccanismi d’attrazione e desiderio fra uomini e donne. A seconda delle epoche e delle mode, però, i modelli di bellezza contenuti nel nostro immaginario erotico, fondamentali nelle prime fasi della seduzione e spesso retaggio dell’evoluzione della nostra specie, fanno convergere l’attenzione delle donne sui cosidetti indicatori di forza dei maschi (spalle, muscoli, cosce, voce) e, viceversa, verso quelli di fertilità (fianchi, sedere, seno) tipici delle donne. Come se il nostro corpo fosse fornito di uno speciale linguaggio biologico della bellezza che stimola e attira un eventuale possibile partner. Secondo gli etologi la zona del corpo che all’interno del mondo dei primati rappresenta la principale arma di seduzione nei riguardi del maschio va dai fianchi fino al fondo schiena, e lo sguardo si sofferma principalmente sulla forma del sedere che, in base alla iconografia erotica attualmente dominante, deve essere tondo e sodo, con natiche semicircolari sporgenti. Abbiamo già detto che le caratteristiche che rendono attraente un sedere variano da Paese a Paese, da epoca a epoca. È indubbio, però, che in Occidente, a differenza di quello che avviene fra le donne nere che, in genere, rispetto alle femmine bianche hanno un sedere più grosso per una maggiore percentuale di massa muscolare e di grasso, l’ipertrofia delle natiche venga vista come una dismorfia e un inestetismo da eliminare a tutti i costi, specie se si accompagna ad adiposità localizzate sui fianchi, sulla pancia e sulle cosce. L’immagine che chili di troppo e adiposità trasmettono nell’odierna società salutista contrasta, infatti, con il culto della perfezione fisica e giunge quasi al rifiuto sociale della grassezza, esigendo procedure cosmetiche e chirurgiche che tentino di rimediare ai danni prodotti da alimentazione scorretta e sedentarietà. Si è giunti a coniare un nuovo concetto, quello della “lipofobia”, il terrore patologico del grasso, cui contrapporre un nuovo stile di vita, fondato sull’educazione a una regolare attività fisica, un’alimentazione equilibrata ed un approccio mentale positivo. Allo stesso tempo si sono moltiplicate le proposte di diete e i regimi alimentari che si ripromettono di stimolare la lipolisi, e di consequenza il desiderato calo ponderale. Il più delle volte, però, come ben sanno quelle persone che hanno più volte provato a dimagrire contando su una restrizione calorica, nell’arco di pochi mesi di normale alimentazione il grasso è tornato a riformarsi, dando luogo al famigerato effetto yo-yo. La drammatica realtà consiste infatti nella constatazione che stimolare la lipolisi, ovvero la scissione delle cellule adipose, è certamente uno step importante per diminuire e far scomparire i depositi di grasso, specialmente quelli localizzati, ma questo intervento può non bastare. È necessario infatti evitare che essi si vengano a ricreare attraverso processi di lipogenesi che spesso sono innescati da piccoli errori metabolici o anche normali reazioni fisiologiche. Quando introduciamo più calorie di quelle che consumiamo, ovvero il bilancio calorico e positivo, il nostro organismo inizia a immagazinare le sostanze non necessarie. Succede così che buona parte dei componenti degli alimenti in eccesso, finiscano sotto forma di molecole di grasso a formare gli adiposomi all’interno degli adipociti, i quali via via diventano ipertrofici, e al microscopio appaiono di forma tondeggiante e di colore giallo.
Una delle chiavi per comprendere il problema è la conoscenza del meccanismo attraverso cui si giunge alla sintesi degli acidi grassi (lipogenesi o liposintesi). Un processo metabolico che avviene nel citoplasma delle cellule del fegato e del tessuto adiposo e, a partire da molecole di acetil-CoA, genera prima molecole di malonil-CoA e poi di acido palmitico, un acido grasso saturo a 16 atomi di carbonio. Una volta formatisi, questi acidi grassi si associano al glicerolo 3-fosfato per formare i trigliceridi, che vanno a depositarsi nel tessuto adiposo. È evidente che i processi di lipolisi e lipogenesi sono regolati in modo tale che l’attivazione di una implichi la deattivazione dell’altra, e siccome la lipogenesi è più dispendiosa dal punto di vista energetico, ciò spiega come mai venga inibita dal digiuno, durante il quale è invece particolarmente attiva la lipolisi. Il primo passaggio della degradazione dei trigliceridi è svolto da una lipasi, l’ ATGL (Adipose Triglyceride Lipase), un enzima deputato alla trasformazione dei Trigliceridi (TG) in Digliceridi (DG), una reazione reversibile, ma che per questo non determina una riduzione significativa e permanente dei depositi di grasso. Per incrementare e velocizzare la lipolisi si deve agire sul secondo step, quello catalizzato dall’HSL (Lipasi Ormono Sensibile). L’HSL è l’enzima chiave per il catabolismo dei trigliceridi, a livello basale viene mantenuto al di fuori degli adiposomi presenti negli adipociti. Si trova quindi nell’impossibilità di agire, non avendo a disposizione il suo substrato fisiologico. A impedire l’ accesso dell’ HSL è la Perilipina, un polipeptide naturale che, interagendo con una sostanza prodotta dall’organismo stesso, denominata CGE-58, funge da barriera, impedendo così la degradazione e l’ eliminazione dei trigliceridi abbondantemente presenti nei depositi. La Lipolisi viene stimolata quando, attraverso l’attivazione di un particolare recettore (GPCR), si favorisce la produzione di AMP ciclico da parte dell’ Adenilciclasi. Il cAMP stimola a sua volta un enzima fosforilante, la Proteina Kinasi A che lega atomi di Fosforo sia alla Perilipina che alla Lipasi Ormono Sensibile. In questo modo la membrana che, in condizioni basali, protegge dall’ idrolisi i depositi di grasso diventa permeabile all’ HSL. L’ enzima ha così libero accesso al suo normale substrato e, stimolato ulteriormente dallo stesso processo di fosforilazione, incrementa la Lipolisi e i Digliceridi vengono finalmente degradati, in maniera completa, a Monogliceridi. L’attivazione di GPCR e dell’Adenilciclasi può avvenire per effetto di catecolamine (Adrenalina), agonisti adrenergici (Isoproterenolo), ma anche grazie a sostanze naturali di origine vegetale prive di effetti collaterali, come la Forskolina, un composto naturale estratto dalle radici di una diffusissima pianta ornamentale, il Coleus forskohlii o Plectranthus barbatus.