Per amore di Benedetta

di Ivano Marocchi

Gabriella La Rovere, medico e appassionata scrittrice, con il suo libro “L’Orologio di Benedetta” racconta ai lettori parte della sua vita, e in poco meno di 130 pagine rivela la sua personalissima prospettiva di una madre con una figlia affetta da sclerosi tuberosa. In quest’opera, si dividono la scena Gabriella e Benedetta, definendosi fin dalle prime pagine in un rapporto difficile ma nel contempo di reciproca sussistenza. La vita di un genitore di un figlio autistico non è una vita facile, l’autrice enfatizza molto il momento in cui la malattia di Benedetta è stata diagnosticata, come un punto di non ritorno. La vita di entrambe è stata talmente scossa da questa rivelazione, che le stesse basi della relazione che ha generato Benedetta hanno finito per cedere.La Rovere Nel descrivere la sua quotidianità, l’autrice non ci risparmia il lento susseguirsi delle frustrazioni che dalla colazione della mattina si protraggono fino alle poche ore di sonno che le separano dall’inizio di un nuovo giorno, ma ci insegna anche il valore di ogni successo, anche piccolo, identificandolo come uno spiraglio di luce necessario e indispensabile per poter continuare a vivere nell’ombra. La formazione medica della dottoressa La Rovere, le ha permesso di prendere di peso questa malattia, e la sua testardaggine nel confrontarsi con una figlia apparentemente ostile e indifferente, fornendole giorno dopo giorno nuovi stimoli, l’ha aiutata a sentirsi parte attiva durante il processo di crescita di Benedetta, e non semplice vittima degli eventi. I 37 capitoli di cui l’opera si compone non seguono un filo temporale, il passato, il presente e il futuro si rincorrono cercando di rendere un quadro generale fornendo aneddoti e spunti di riflessione di rapida fruizione, allo scopo di informare e far conoscere le gioie e i patimenti di una famiglia di fronte alla sclerosi tuberosa. L’isolamento descritto nel libro, in cui è inevitabile finire dedicando così tanto tempo a una figlia così tanto bisognosa, è stato alleviato per Benedetta e Gabriella dalle attività organizzate dall’Associazione Sclerosi Tuberosa, sebbene emerga chiaramente dal testo che ancora molto va fatto per informare e far conoscere una patologia che interessa solo chi ne è affetto, insieme alle persone coinvolte nella loro crescita. Per concludere, “L’Orologio di Benedetta” non va inteso come uno sfogo fine a se stesso, anzi, il rapporto di dipendenza che viene a crearsi fra madre e figlia non è a senso unico. L’autrice ha visto cambiare drasticamente la sua vita, ma non si è persa d’animo tesa nello sforzo di ottenere anche piccoli progressi, e cercando di convogliare gli interessi di Benedetta verso varie direzioni fino a trovare quella giusta: le percussioni, a cui Benedetta si appassiona riuscendo a ottenere risultati apprezzabili. Nonostante il distacco forzato dal lavoro e la discriminazione patita da quanti non accettano e non capiscono la disabilità, nel libro c’è un chiaro invito a non lasciarsi andare, a combattere e ad accogliere con gioia ogni piccola soddisfazione che la vita ci offre.