dei dottori Antonio Carpentieri, Valeria Manfreda, Specialisti in Dermatologia e Venereologia
Può sembrare strano parlare di dermatiti causate da meduse in questi mesi in cui tutta la penisola italiana è stretta dalla morsa del gelo. Eppure proprio in questo periodo dell’anno, in concomitanza con le vacanze di Natale, si moltiplicano i viaggi verso mete esotiche e lontane, in cui è possibile fare dei lunghi bagni nell’oceano sotto un sole caldissimo e appunto imbattersi in alcune specie di pesci e meduse tra i più pericolosi al mondo. Come la Rhopilema nomadica, un Celenterato presente dal Mar Rosso all’Oceano indiano, molto diffuso ormai anche nel Mediterraneo lungo le coste di Israele, quelle del Nord Africa, del mar Egeo e del mar Ionio. Con il termine Celenterato si indicano animali con una semplice struttura simmetrica radiale: la bocca si apre su una singola cavità, il corpo è costituito da due strati di cellule, ectoderma ed endoderma, separati da una sostanza gelatinosa amorfa, mesoglea. In alcune cellule ectodermiche, dette nematociti, sono racchiuse le nematocisti, organi urticanti utili all’animale per difesa e per immobilizzare le prede. Si conosce un’ampia varietà di reazioni cutanee, conseguente al contatto con le nematocisti, dipendenti dalla superficie cutanea di contatto e dalla tossicità del veleno contenuto nella nematociste. La dermatite da Celenterati solitamente presenta una sintomatologia che varia da una lieve sensazione di pizzicore fino al prurito, dolore e bruciore intenso. Morfologicamente la patologia si caratterizza per lesioni prevalentemente eritemato-edematose di tipo orticariode con forme bizzarre, corrispondenti alla superficie cutanea che ha avuto contatto con l’animale. Sono anche possibili diffuse reazioni orticarioidi con anafilassi (edema laringeo, collasso). La tossicità del liquido urticante delle meduse, appartenenti al phylum dei Celenterati, può variare a seconda della specie, ma di solito è costituito da una miscela di tre proteine a effetto sinergico: ipnotossina (effetto anestetico, paralizzante), talassina (effetto allergenico causante flogosi), congestina (paralizza apparato circolatorio e respiratorio). Alcune meduse sono particolarmente pericolose per l’uomo, causando in taluni casi decesso per shock anafilattico. Le reazioni cutanee locali alle meduse possono essere: reazioni tossiche, reazioni locali esagerate, reazioni allergiche ricorrenti, reazioni ritardate persistenti. L’esito locale della dermatite da medusa può essere rappresentato da: cheloide, discromia post-infiammatoria, cicatrice, atrofia sottocutanea, cancrena e contrattura. Talvolta la dermatite da medusa si associa a sintomi sistemici di natura tossica o anafilattica: malessere, debolezza, atassia, vertigini, crampi e spasmi muscolari, parestesie, nausea e vomito, lieve iperpiressia. Il trattamento topico è prevalentemente rappresentato dai corticosteroidi, quello sistemico, quando necessario, da corticosteroidi e antistaminici. Celgon et al. hanno fornito un eccellente resoconto delle informazioni scientifiche disponibili sulle punture di medusa e la loro gestione clinica, evidenziando che la specificità del veleno richiederebbe l’adozione di protocolli di trattamento genere-specifico, invece di un’unica procedura generalizzata. Riportiamo una esperienza clinica di sicuro interesse per il dermatologo risalente al 3 agosto del 2015. In quella data un Paziente di sesso maschile (nato nel 1972, senza nessuna patologia di sorta in anamnesi patologica remota, che esegue regolarmente attività fisica aerobica, BMI 25) si è presentato in ambulatorio per una dermatite da medusa localizzata sulla superficie laterale sinistra del collo. Il paziente riferiva di essere stato punto il giorno precedente da una medusa nel tardo pomeriggio durante una nuotata nelle acque del mare di un lido a Marina di Lizzano, Taranto. Fortunatamente un altro bagnante era riuscito a catturare la medusa, rendendo possibile l’identificazione, da parte di un biologo marino, con la specie Rhopilema nomadica, medusa urticante che può misurare anche mezzo metro e pesare fino a 50kg. Morfologicamente la dermatite presentava lesioni eritematose di colorito rosso acceso, intensamente infiltrate, con margini netti, alcune isolate altre tendenti alla confluenza, con forme per gran parte circolari e in minor parte lineari. La sintomatologia lamentata era prurito e intenso bruciore. In merito era stata prescritta terapia topica a base di Mometasone furoato 0.1% crema, da applicare 1v/die. Dopo 7 giorni di terapia per scarsa efficacia (persistenza di infiltrazione a livello delle lesioni e prurito), era stata modificato il farmaco topico, prescrivendo una crema sempre a base di Mometasone furoato allo 0.1%, ma con ma con differente contenuto d’acqua rispetto al prodotto competitore precedente. La nuova terapia aveva sortito migliori risultati rispetto alla precedente, con graduale regressione delle lesioni e della sintomatologia fino a completa scomparsa dopo circa 15 giorni. Probabilmente, pur essendo i due topici qualitativamente e quantitativamente identici per principio attivo (corticosteroide di III classe), il secondo prescritto per differente composizione di eccipienti aveva consentito una maggiore efficacia del principio attivo. Il paziente non ha manifestato reazioni avverse durante la terapia.
Da sinistra: prima del trattamento, dopo una settimana di trattamento, fine trattamento
Ciò che si conclude è che visto che la dermatite da medusa è una patologia in frequente aumento nelle aree costiere mediterranee a causa dell’innalzamento delle temperature dei mari (Rhopilema nomadica, originaria dell’Indo-Pacifico, è una specie tropicale) e dell’eccessivo sfruttamento delle risorse ittiche (le meduse in breve tempo riempiono gli spazi biologici lasciati dai pesci), per tal motivo è fondamentale che il medico specialista dermatologo goda di un’ottima preparazione in merito, imparando a discernere l’efficacia di prodotti topici corticosteroidei con stesso principio attivo ma diversa composizione di eccipienti.
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