L’avvincente vita di Anna dei Miracoli

La forza d’animo e la determinazione di una donna capace di andare oltre i propri limiti divenendo un esempio per milioni di persone

Della Dott.ssa Gabriella La Rovere

Noi tutti, vedenti e non vedenti, ci differenziamo gli uni dagli altri non per i nostri sensi, ma nell’uso che ne facciamo, nell’immaginazione e nel coraggio con cui cerchiamo la conoscenza al di là dei sensi. Questa frase appartiene a Helen Adams Keller, scrittrice, attivista e insegnante statunitense, famosa per aver ispirato la figura letteraria di Anna dei Miracoli. Ma andiamo con ordine. Nacque il 27 giugno 1880 a Tuscumbia, in Alabama. Suo padre, Arthur, aveva combattuto a fianco dei confederati durante la Guerra Civile con il grado di capitano e con tale appellativo continuò a essere chiamato anche dopo la fine del conflitto. Sua madre Kate era la seconda moglie, più giovane di vent’anni. La prima era morta lasciandogli due figli maschi, che erano già grandi quando nacque Helen, una bambina vivace e curiosa che aveva cominciato a parlare precocemente. A 19 mesi, ebbe una febbre che si protrasse per diversi giorni e che i dottori descrissero come “un’acuta congestione dello stomaco e del cervello”; molto probabilmente si trattava di scarlattina. La malattia non durò a lungo, ma la rese sorda e cieca. Ero troppo piccola per capire cosa fosse accaduto. Quando mi svegliai e trovai tutto buio, pensai che fosse notte e mi devo essere chiesta come mai la notte fosse così lunga. Gradualmente mi sono abituata al silenzio e all’oscurità che mi circondavano e ho dimenticato che fosse mai stato giorno. La disabilità che colpì Helen era molto rara. All’inizio del XX secolo, erano solo cinquanta i casi di uomini e donne privi sia della vista che dell’udito. L’impossibilità di comunicare era qualcosa che sconvolse Helen non appena fu in grado di avere coscienza dei suoi limiti. Si comportava come un animale in gabbia: graffiava, mordeva e colpiva chiunque. L’ultimo oculista che Kate contattò sperando in un miracolo che guarisse la sua bambina, le consigliò di andare a parlare con Alexander Graham Bell, un esperto del mondo dei sordi e dei sordo-ciechi. Aveva inventato il telefono, in parte concepito nella speranza che potesse aiutare a sentire meglio. Questa sua passione non era puramente scientifica. Sua madre Eliza, una pittrice di miniature, era sorda e poteva sentire solo con l’aiuto di una cornetta acustica. Anche la moglie Mabel era sorda: aveva perso l’udito all’età di cinque anni per la scarlattina. Bell suggerì ai Keller di prendere contatto con Michael Anagnos, il direttore del Perkins Institution, il quale coinvolse come insegnante Annie Sullivan, un ex-allieva dell’istituto a causa di un tracoma che l’aveva resa parzialmente cieca. Come arrivò a casa dei Keller, Annie capì immediatamente che, nonostante le migliori intenzioni, i genitori di Helen erano il maggior ostacolo alla sua educazione. Dopo pochi giorni, ottenne il permesso di andare ad abitare, insieme a Helen, nella dependance vicino alla casa. I primi giorni furono difficili, Helen rifiutava le regole imposte da Annie, gettandosi a terra in violenti scoppi d’ira. Tuttavia era incuriosita dagli strani segnali con le dita che quella donna le faceva sperimentare. Si trattava dell’alfabeto manuale, usato da chi era sordo. Era stato inventato nel Medioevo da un monaco spagnolo che voleva comunicare senza per questo interrompere il silenzio. A partire dal 1700, l’alfabeto manuale venne adottato in Francia per comunicare con i sordi. Nel 1830 Laura Bridgman, una bambina sordo-cieca di sette anni, fu la prima a usare l’alfabeto manuale che, a differenza di quello per i sordi, è segnato sul palmo della mano. Helen apprese questo gioco rapidamente, ma ancora non aveva capito che i segnali sulla mano, corrispondevano a parole e quindi a oggetti. La svolta arrivò una mattina di aprile quando ormai Annie si trovava da un mese a casa dei Keller. Come Helen riempì un boccale alla pompa dell’acqua in giardino, Annie le sillabò acqua sulla mano mentre l’altra ne apprezzava il gocciolare tra le dita. Per la bambina fu un evento importantissimo e nel giro di poche settimane aveva imparato a sillabare frasi intere. Il passo successivo fu di insegnarle a leggere e scrivere in Braille. Quando ebbe 10 anni, Helen espresse il desiderio di imparare a parlare, cosa non facile visto che non poteva sentire le parole che voleva pronunciare. Annie le insegnò come muovere le labbra e la lingua in modo da articolare le parole. Helen le toccava la gola per sentire le vibrazioni della voce e cercava di riprodurle. Nel 1894 Helen entrò alla Write-Humanson School per sordi, dove lavorò duramente per migliorare il parlato e, nell’autunno del 1900 al Radcliffe College. Annie era sempre accanto a lei, ricopiando i testi in Braille e sillabando le parole sulla mano di Helen. La letteratura è la mia Utopia. Qui non sono discriminata. Nessuna barriera dei sensi mi priva dei dolci e graziosi discorsi dei miei amici libri. Loro mi parlano senza imbarazzo, né difficoltà. . Nel 1904 Helen si laureò con lode in legge impegnandosi in molte cause per i diritti dei disabili. Fu anche una suffragetta, una pacifista e un’attivista nel controllo delle nascite. Entrò a far parte del Partito Socialista d’America, partecipando alle sue iniziative e scrivendo articoli a favore della classe operaia. Il più grande risultato dell’educazione è la tolleranza, il principio primo della comunità.. Nel momento in cui Helen si schierò politicamente, molti giornalisti cominciarono a sottolinearne le disabilità. Tra questi, sul Brooklyn Eagle si lesse “I suoi errori (politici) scaturiscono dalle sue manifeste limitazioni fisiche”. Nel 1915 fondò l’associazione no profit Helen Keller International per la prevenzione della cecità. Nel 1924 divenne consigliere nella Fondazione Americana per Non Vedenti. Scrisse un libro autobiografico “Storia della mia vita”, tradotto in 50 lingue, il primo di altri undici libri e numerosi articoli che la resero un’autrice famosa in tutto il mondo. Nel 1963 il Presidente Johnson le conferì la Medaglia presidenziale della Libertà. Morì il 1 giugno 1968. Il suo testamento morale: molte persone hanno un’idea sbagliata di cosa costituisca la vera felicità. Essa non viene ottenuta attraverso l’auto-gratificazione ma attraverso la fedeltà ad un proposito meritevole.