Per stare bene serve uno scopo nella vita, qualcosa che ci faccia sentire in pace con il mondo e soprattutto utili. I giapponesi lo chiamano ikigai: il motivo di esistere. Di cosa si tratta esattamente? L’ikigai è la ragione per la quale ci alziamo tutti i giorni dal letto. Tutti abbiamo un ikigai ma non sempre lo conosciamo. Può essere il lavoro che ci appassiona, i nostri figli, l’amore della nostra vita. Insomma, qualcosa che rappresenti un obiettivo da raggiungere e che ci dà soddisfazione. Ma perché ci fa vivere più a lungo? Molte ricerche documentano come le persone che hanno degli obiettivi nella vita hanno anche profili biologici, ormonali e fisici più sani. Insomma, ci sarebbe una correlazione tra aspetti esistenziali, migliori condizioni di salute e di conseguenza la longevità. La ricerca dell’ikigai è importante per tutti ma, soprattutto, per gli anziani o per chi è avanti con gli anni. Questa è la fase in cui, in molti paesi occidentali, le persone tendono a considerarsi inutili, sia dal punto di vista lavorativo che sociale. Invece, dovrebbero riscoprire il proprio ikigai e continuare ad avere un ruolo attivo nella società. L’esempio ci arriva proprio dal Giappone dove anche da anziani non si rinuncia al proprio ikigai e si continua a svolgere attività lavorative e a sentirsi utili per la comunità. Non a caso gli abitanti di Okinawa, sono tra i più longevi al mondo. Qui i centenari sono oltre il 20% della popolazione. Ad Okinawa, non esiste la parola pensione. Ognuno, anche se centenario, continua a lavorare, a divertirsi e a praticare arti marziali. Sono numerosi i fattori che influenzano il decorso dell’esistenza e la longevità di questo popolo, dove l’aspettativa di vita media è di 84,5 anni (contro gli 83 del Giappone e i 79 degli Usa). Gran parte del merito è sicuramente da attribuire allo ishokudoghen (in giapponese: il cibo è una medicina). Gli ultracentenari di Okinawa godono generalmente di perfetta salute, lavorando, pescando, ballando e praticando il Kobudo, un’antica arte marziale locale. I ricercatori che studiano il “fenomeno Okinawa” sostengono che, accanto a una componente biologica, il fattore che più incide sulla longevità degli abitanti delle isole sarebbe la loro dieta e il loro stile di vita: niente alcool e fumo, poco stress e lavoro costante a qualunque età. Cosa mangiano ad Okinawa? Frutta, verdura, soia, derivati della soia e pesce locale in abbondanza, inseriti in una dieta equilibrata. Si tratta quindi, in definitiva, di una dieta basata sulla teoria della restrizione calorica (fino a 1100 calorie giornaliere) e con una elevata componente in vitamine, amminoacidi e sali minerali. In definitiva, se vogliamo parlare di una “dieta Okinawa”, questa può dirsi molto simile all’alimentazione dei nostri progenitori, ossia alla dieta Mediterranea. Non a caso, in Ogliastra (Sardegna), possiamo vantare la percentuale più importante di centenari del nostro paese. Mia nonna Olga diceva che: “Bisogna mangiare molta verdura e mai riempire del tutto lo stomaco: alzati dal tavolo con un po’ di fame“. Il minore uso di sale, un buon apporto di vitamine e di fibre, la verdura fresca e il pesce fanno miracoli. Ma non solo cibo, anche il lavoro e l’indipendenza, sono fondamentali per sentirsi utili e vivere a lungo. Quando un anziano può continuare a lavorare, si sente parte integrante e attiva della società nella quale vive. Sono convinto che sapere di essere utili, non pensare costantemente alla pensione, essere impegnati con ciò che più ci piace, possa favorire realmente la voglia e la motivazione per superare i 120 anni di età. Ad Ogimi, Okinawa, c’è un messaggio di benvenuto scolpito nella pietra, le parole sono quelle di un antico detto: “A 70 anni sei un bambino, a 80 un giovane. A 90 cominci a capire le cose. Se a 100 qualcuno dal paradiso ti invita a raggiungerlo, rispondi: va via, torna quando avrò 120 anni”.